Condividi

Covid-19 obbliga ad adattare anche i Principi contabili

Un gruppo di studiosi dell’Università di Padova ha inviato alla Presidenza del Consiglio una proposta per considerare come investimenti i “costi insopprimibili e non ricorrenti” dovuti alla crisi del Coronavirus

Covid-19 obbliga ad adattare anche i Principi contabili

È oramai acquisita la consapevolezza che nei provvedimenti anticrisi del Governo la formula “liquidità subito” andava bene a inizio aprile come risposta alla fase di emergenza iniziale, ma che sono necessari ben altri provvedimenti, diversi dei quali peraltro già in corso.

Quella formula si è dimostrata di non facile applicazione e non ha suscitato la reazione positiva attesa presso gli enti di conferimento (a causa della “burocrazia bancaria”, Dario Di Vico, 20 aprile) e presso i destinatari dei fondi (“poche richieste” dice la CGIA di Mestre il 2 maggio).

Inoltre Banca d’Italia stima un 10% di non restituzioni prevedendo un “impatto significativo” sulle finanze pubbliche, mentre altri implorano “soldi veri (e non debiti)” o “contributi a fondo perduto” come hanno fatto altri Paesi.

Il problema è chiaro: sostituire il mancato cash da crollo dei ricavi con debito a breve, seppure garantito dallo Stato (che comunque lo vorrà indietro), rimuove la centralità della dimensione economica della gestione aziendale, vero baricentro di salvaguardia del sistema delle imprese.

Il gruppo Accounting/Economia Aziendale del Dipartimento di Scienze Economiche e Aziendali “Marco Fanno” dell’Università di Padova aveva il 31 marzo sollevato questa priorità avanzando la proposta alla Presidenza del Consiglio di modificare le norme contabili per consentire alle imprese di considerare come investimenti i “costi insopprimibili e non ricorrenti” dovuti alla crisi del Covid 19 e sostenuti per assicurare continuità all’attività economica. In sostanza, la proposta chiede di trattare questa tipologia di costi straordinari come “immobilizzazioni immateriali” da ammortizzare in più anni con beneficio dell’equilibrio economico e del livello del capitale proprio delle imprese.

Una proposta tecnica dentro un discorso progettuale consapevole, portato anche al livello della European Accounting Association il 6 aprile con la nota “How the European Accounting Research Community can contribute to overcome the crisis” inoltrata da Amedeo Pugliese.

Sulla base poi di alcune simulazioni condotte su ipotesi alternative relative ai bilanci 2020 delle società di capitali – dalle quali emerge un forte impatto negativo sul reddito netto e sul capitale proprio delle imprese, lasciando intravvedere i conseguenti fallimenti o l’entrata di investitori speculativi o criminali – il gruppo ha inoltre proposto di sospendere temporaneamente i principi contabili relativi alla determinazione del valore delle immobilizzazioni materiali, immateriali (impairment test) e finanziarie (fair value e mark-to-market) in modo da avere per il 2020 bilanci più coerenti con la situazione di fatto, sperabilmente temporanea, del negativo contesto economico.

Su una linea simile si muove anche la proposta di Nicola Bedin (Il Sole 24 Ore, 3 aprile, MF 30 aprile) il quale propone di consentire alle imprese di non effettuare nel 2020 gli ammortamenti al fine di diminuire il numero delle imprese in perdita e con capitale proprio negativo.

Sarebbe anche in questo caso una soluzione a costo zero per lo Stato.
Il DL 23 dell’8 aprile, in verità, si è fatto carico di una prima attenzione ai temi della crisi d’impresa e della continuità aziendale adottando un “approccio freddo” col differimento dell’entrata in vigore del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza al 1° settembre 2021 e neutralizzando ex ante per via giuridica gli effetti della normativa vigente sulla mancata continuità aziendale lasciando peraltro inalterata la norma.

Una soluzione quest’ultima che non offre un tempo certo, o almeno meno incerto, alle imprese, pone problemi già in sede di chiusura dei bilanci 2020 e non solleva da gravi rischi amministratori e sindaci.

Coerentemente con tale approccio, l’attenzione interpretativa avviata il 28 aprile dall’Organismo Italiano di Contabilità (OIC) sul DL n. 23 si sta sviluppando in questi giorni necessariamente più sul versante applicativo che non valutativo.

La Fondazione Nazionale dei Commercialisti (FNC) assieme alla Società Italiana dei Docenti di Ragioneria ed Economia Aziendale (SIDREA) il 21 aprile nel documento “L’impatto dell’emergenza sanitaria sulla continuità aziendale e sull’applicazione dei principi contabili nazionali, prime indicazioni” mostra una linea prudente e conservativa. Dice infatti che “Non appare, tuttavia, necessario “modificare” i principi o proporre soluzioni contabili ad hoc; piuttosto, è sufficiente attuare un percorso interpretativo per applicare i principi alla luce di un fenomeno peculiare.”

Lo stesso Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti (CNDC), il 25 aprile, negli emendamenti proposti in audizione alla Commissione Finanze e Attività produttive alla Camera sul DL n. 23, non tocca il tema dei principi contabili ma chiede, fra le altre, una norma per evitare la dichiarazione di fallimento fino al 1° settembre 2021 se lo stato di insolvenza è legato alla crisi sanitaria ed un’altra che esenti da responsabilità gli amministratori e sindaci in relazione ai danni provocati dalla pandemia.

Un quadro complesso quindi, di consapevolezze e di prudenza, certamente in divenire, che stride però con i tempi molto stretti imposti dalla crisi.

Gli scenari descritti nel Def di caduta del PIL in condizioni normali (-9%) o negative (-10,6%), di indebitamento del Paese, di caduta del reddito dei lavoratori dipendenti (-5,7%), del calo dei consumi (-7,2%) e degli investimenti fissi lordi (-12,3%), nonché delle esportazioni e delle importazioni sono preoccupanti e mostrano la necessità di provvedimenti decisamente originali e innovativi, all’altezza della gravità della situazione storica.

Diverse fonti si muovono su questa linea: la proposta Scandizzo e Tria su un “intervento a fondo perduto di compensazione dello Stato alle imprese” commisurato alla flessione del valore aggiunto aziendale causata dal Covic-19, la proposta Assonime di un “nuovo fondo (di 20-25 mdi) per la ricapitalizzazione delle imprese italiane” (non finanziarie con fatturato fra 25 mil e 5 mdi o più di 50 dipendenti), il progetto del Centro di Ricerca Interunivesitario sull’Economia Pubblica (CRIEP) di un fondo straordinario di ricapitalizzazione e ristrutturazione delle PMI e altre ancora. Ebbene, si integrino le simulazioni che sottendono queste proposte con valutazioni dell’impatto di modifiche dei principi contabili sui bilanci delle imprese così che si offrono ai giuristi di impresa e ai contabili i riferimenti corretti per modifiche efficaci.

Fra l’altro, precedenti di modifiche statali dei principi contabili in condizioni eccezionali o per obiettivi specifici in Italia e in Europa non mancano (si pensi ad esempio, MF 1° maggio, al caso della evoluzione della valutazione dei prodotti finanziari derivati o della svalutazione contabile dei giocatori nell’attivo del bilancio delle squadre di calcio dopo la legge Bosman; oppure ai cambiamenti imposti nel 2014 e 2017 dalla Commissaria Nouy alla classificazione e al valore dei crediti netti nei bilanci delle banche al fine della stabilità del sistema bancario).

Va quindi cercata una soluzione ai complessi problemi generati dall’emergenza sanitaria che passi anche attraverso “principi contabili adatti al momento storico” e che necessita di un fecondo dialogo fra la contabilità aziendale, la giurisprudenza d’impresa, l’economia industriale e la scienza delle finanze. Potrebbe essere quest’ultimo una ulteriore opportunità offerta dalla crisi del Covid-19.

°°° Il gruppo dell’Università di Padova che ha elaborato la proposta per la Presidenza del Consiglio è formato inoltre da Giacomo Boesso, Fabrizio Cerbioni, Michele Fabrizi, Andrea Menini, Antonio Parbonetti, Emilio Passetti, Silvia Pilonato, Amedeo Pugliese.

Commenta