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Covid-19: morti e vite salvate, quante saranno? Ecco le stime

Statistici ed econometrici sono impegnati in questa previsione anche per capire quando sarà raggiunto il picco dell’epidemia. I numeri sono impressionanti ma testimoniano quanto essenziale sia per la salvezza la clausura forzata

Covid-19: morti e vite salvate, quante saranno? Ecco le stime

Ma ne vale la pena? Star chiusi in casa? Rimanere  disoccupati? Perdere reddito, spesso al punto da precipitare nella già fitta schiera dei poveri? Perdere notti insonni nell’angoscia che fallisca l’impresa, creatura di una vita o di più vite?

La clausura forzata, poi, ha anche alti costi umani e psicologici, oltre a quelli economici ancora incalcolabili. Persone che non si sopportano e la cui convivenza era un esercizio di equilibrismo tra esistenze parallele. O, al contrario, persone che sono costrette a rimanere separate (genitori e figli lontani, per esempio). Persone sofferenti di ipocondria per cui l’epidemia è una continua tortura. Persone che cadono in depressione. Progetti di vita che rimangono sospesi nel limbo: ci sposeremo, ma quando? Per non parlare delle persone che non hanno avuto modo di dare l’ultimo saluto ai cari, anche quando non se ne sono andate a causa del coronavirus.

Allora, ne vale la pena? La risposta è semplice e netta: «Sì». Un fortissimo e risonante «Sì». Stiamo salvando centinaia di migliaia di vite umane, per non dire milioni. Solo in Italia. Non qualche decina. Ammesso e non concesso che ci sia chi usi cinicamente il pallottoliere di questa macabra conta per stabilire una soglia accettabile di perdite (qualcuno, in effetti, l’ha fatto: vero Mr. Boris Johnson?). Centinaia di migliaia, più probabilmente milioni.

Il conto esatto non lo si saprà mai, ma l’ordine di grandezza è questo. Un ordine di grandezza che si fonda su due variabili: il numero di persone che morirà per questa epidemia e quello delle persone che sarebbero morte se avessimo lasciato briglie sciolte al virus. Stimiamo, con inevitabile grande approssimazione, le due variabili.

Quanti sono i morti che effettivamente avremo? Statistici ed econometrici sono impegnati a fare questa previsione, anche per capire quando verrà raggiunto il picco dell’epidemia, essendo il numero di morti da SARS-Cov2 la variabile meno distorta dai vari fattori che invece rendono difficile capire il vero livello degli infetti. Il quale, per esempio, dipende dalla quantità di tamponi effettuati e su quali persone si decide di farli, perché anche la capacità di effettuare test è limitata e non è immediato innalzarla a comando.

Citiamo due stime dei morti che alla fine conteremo. La prima segue la strada indicata da Mauro Maltagliati, dell’Università di Firenze, e pubblicata su Neodemos e conduce, secondo i calcoli aggiornati da Michele Tettamanzi di REF Ricerche, a 15mila morti totali. Purtroppo questa strada è poco affidabile, perché varia molto con i dati stessi: un numero di morti in aumento innalza anche la stima finale, la quale, quindi, più che a una previsione assomiglia a una constatazione. Per capirci: fino all’orrido dato di venerdì 27 marzo il modello indicava 12.500 morti.

La seconda stima è basata su un modello diverso, applicato da Carlo Favero, dell’Università Bocconi, alla sola Lombardia. Per la quale Favero stima 25mila decessi (il 27 marzo erano 3732). Se estrapoliamo, con notevole arbitrio, la stima lombarda all’intera nazione, arriveremmo a 42mila morti. Un’ecatombe.

Tuttavia, anche il reale numero di deceduti per coronavirus è incerto. Per una semplice ragione: i tamponi vengono fatti ai vivi. E moltissimi muoiono senza soccorsi. Sia perché il sistema sanitario è già all’estremo dello sforzo e delle forze sia perché la malattia degenera molto rapidamente.

Questo fatto è stato osservato a Nembro, uno dei comuni bergamaschi più colpiti. Paragonando i morti  nelle prime undici settimane del 2020 rispetto alla media nello stesso periodo degli ultimi cinque anni, Claudio Cancelli e Luca Foresti hanno calcolato che i decessi per SARS-Cov2 sono 4 volte superiori a quelli ufficiali. A Pesaro e Cernusco sul Naviglio 6 volte e a Bergamo addirittura 10 volte. Se il multiplo di Nembro fosse valido per tutta l’Italia, i reali morti da coronavirus sarebbero già almeno 36mila, anziché gli oltre 9mila al 27 marzo. E il numero finale sarebbe di almeno 60mila con la stima Maltagliati-Tettamanzi e di 130mila con quella Favero.

Un bilancio atroce. Ma ancora nulla rispetto a quanto sarebbe accaduto se non ci fossero stati i provvedimenti. Secondo Cancelli e Foresti saremmo arrivati a 600mila, considerando Nembro, dove è scomparso l’1% della popolazione, come una monade rappresentativa dell’Italia. Addirittura 2,4 milioni, seguendo il ragionamento di Tomàs Pueyo.

In altre parole, con la chiusura e la clausura stiamo salvando almeno 470mila vite in Italia, ma più probabilmente 2,2 milioni.

Nessuno di noi è Wonderwoman né Superman, ma abbiamo oggi un grande potere, di vita e di morte. Nostra e degli altri. E da una grande potere deriva una grande responsabilità.

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