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Cookie: Google rimanda lo stop, ecco perché

Passo indietro per Google che aveva annunciato lo stop ai cookie di terze parti per il suo browser web Chrome e tutte le applicazioni collegate. La dismissione dei cookie in favore di un sistema di riconoscimento meno invasivo per la privacy è rimandato quantomeno alla fine del 2023

Cookie: Google rimanda lo stop, ecco perché

In principio era un banale sistema per sapere se un utente tornava a visitare un sito oppure no. La pagina su cui si atterrava, utilizzando il browser di Internet, lasciava un segno dell’avvenuta consultazione: un “cookie” – un biscottino – per l’appunto.

Negli anni, questo semplice segno si è arricchito di informazioni, tanto che oggi – attraverso i cookie – si ha la possibilità di conoscere molto più che un dato di frequentazione di un determinato sito. All’interno dei cookie ci possono essere, ad esempio:

  • le credenziali di accesso di un utente ad un sito web
  • l’ora e la data di accesso
  • il dominio di provenienza
  • il numero di pagine visitate all’interno dello stesso sito
  • il tempo di permanenza in una determinata pagina
  • la provenienza geografica
  • l’età e il genere dell’utente
  • le impostazioni di personalizzazione della navigazione (lingua, numero di risultati per pagina – nel caso del sito di un motore di ricerca -, filtri sulle fonti scelte, livello di zoom, etc…)
  • l’elenco degli articoli all’interno di un carello digitale (nel caso di un sito di e-commerce)
  • il percorso dell’utente all’interno del sito (ordine di consultazione delle pagine)
  • i messaggi pubblicitari che hanno catturato l’attenzione (tramite click) dell’utente, quando sono stati selezionati e in che posizione si trovava il banner specifico all’interno della pagina.
  • la classificazione dell’utente in un profilo standard ipotizzato, i suoi interessi (tramite parole di ricerca utilizzate) e il comportamento durante la navigazione (tramite le azioni compiute con il mouse)
  • le preferenze di argomenti specifici tra quelli proposti nell’ambito delle proprie reti sociali

Queste informazioni vengono trasmesse al server del sito consultato – o anche a siti corrispondenti ad una inserzione pubblicitaria – ogni volta che l’utente visualizza una risorsa appartenente a tale sito. Da un lato, ricordare taluni input e/o scelte dell’utente, semplifica la navigazione online e la rende più rapida e fruibile, ma dall’altro genera uno scenario digitale in cui sono in molti a sentirsi a disagio.

Per questo motivo, una normativa relativamente recente obbliga ogni sito Internet ad avvertire l’utente, con una sintesi di quanto qui esposto, dell’eventuale flusso di dati da e verso il server di chi eroga ciascun cookie. La comunicazione deve avvenire a partire dal primo accesso ad una qualunque risorsa di un determinato dominio (anche di terze parti) che fa uso dei cookie. L’utente ha l’obbligo di scegliere se accettare i cookie e proseguire con la navigazione classica oppure non consentire questo monitoraggio e fare a meno di determinate comodità, ma preservare la diffusione dei dati sopra elencati. A volte, molti dei servizi disponibili su un sito non possono essere erogati senza l’ausilio dei cookie. Per questo, la maggior parte dei navigatori online percepisce questa “scelta” come un fastidio e un rallentamento inutili.

Ebbene, Google una soluzione che faccia contenti tutti – utenti, inserzionisti, regolatori nazionali della privacy e tecnici – non l’ha ancora trovata. Men che meno l’hanno trovata tutti gli altri attori del web, compresi i suoi competitor (salvo chiamare “soluzione” il blocco di una funzionalità). E’ bene dirlo, però: nessuno sta cercando un’alternativa alla tecnologia dei cookie, non si tratta di abolire i cookie, ma di risolvere solo la parte più controversa della faccenda ossia quella che riguarda la privacy degli utenti quando si abbia a che fare con i cookie di terze parti. Insomma, che si salvino tutti i dati, ma che non vengano condivisi con ulteriori parti che non siano proprietarie del dominio che si sta visitando.

Google pensava che, in qualche modo, avrebbe risolto il problema entro la fine del 2021, anche perché, a gennaio 2020, aveva già proposto un nuovo modo con il quale gli inserzionisti e le aziende di tecnologia pubblicitaria potevano indirizzare un annuncio al pubblico, senza che il browser rivelasse le abitudini di navigazione o gli interessi di nessuno verso determinate categorie merceologiche.

Questo sistema, nell’ambito di un più ampio coinvolgimento di partecipanti all’ecosistema della tecnologia pubblicitaria, è stato però messo in discussione sotto diversi profili. Il problema è che, dei miglioramenti proposti, alcuni possono essere adattati attraverso semplici modifiche tecniche, altri richiedono una raccolta più approfondita di requisiti e un attento lavoro di progettazione e altri ancora richiedono un’infrastruttura completamente nuova lato server e la collaborazione di più parti.

Risultato? E’ meglio prendere tempo. Anche perché occorre ricordare che Google è in una posizione unica nel settore, che non gli permette di sviluppare con la stessa libertà di altri operatori. La nuova data è quella della fine del 2023, cioè un margine di ben 2 anni e mezzo, per completare un progetto che ha un nome già da prima del 2020: Turtledove.

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