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Contratti di rete: una spinta alle imprese italiane verso nuovi mercati

Uno studio della Fondazione Bruno Visentini, intitolata “Contratti di rete: un analisi comparativa”, analizza questa disciplina di recente introduzione tramite un’esame di 214 contratti stipulati tra il 2010 e il 2011 – Uno strumento per accedere a nuovi mercati, fuori dall’Italia – Le reti sono costituite soprattutto da piccole e medie imprese.

Il contratto di rete come strumento per le imprese per accedere a nuovi mercati, possibilmente oltre i confini nazionali, ma anche per fornire servizi specializzati o per organizzare al meglio la filiera, nelle reti verticali. È quanto risulta dalla ricerca “Contratti di rete: un analisi comparativa”, redatta dalla Fondazione Bruno Visentini, e promossa da Unioncamere e RetImpresa-Confindustria.

Un obiettivo complesso, quello che la fondazione si è posto, delineare il quadro composito di una disciplina nuova (il contratto di rete è stato introdotto solo nel 2009) attraverso l’analisi delle pratiche dei primi 214 contratti iscritti al registro tra il 2010 e il 2011.

Molti dati interessanti emergono dalla ricerca, come la diffusione delle reti su tutto il territorio italiano, con prevalenza al nord, e la sostanziale irrilevanza, da un punto di vista statistico delle reti transeuropee. Nello studio, poi, si guarda anche alla composizione delle reti, costituite prevalentemente da piccole e medie imprese, per lo più in forma di società di capitali, soprattutto s.r.l. .

Variabile è il numero di società che compongono una rete, anche se il 70% di esse includono tra le 3 e le 9 imprese. Numerosi anche i casi in cui attraverso il contratto si vanno a costituire reti tra reti. Da un punto di vista della struttura le reti, che spesso attraverso il contratto formalizzano rapporti preesistenti, possono essere di due tipi: verticali o orizzontali, mentre la durata dell’accordo è mediamente superiore ai cinque anni. Solitamente il potere decisionale viene condiviso, anche se esiste una minoranza, piuttosto esigua, di casi in cui esso viene attribuito ad una sola impresa.

Il quadro che lo studio delinea, dunque, è quello di uno strumento utile a favorire la cooperazione imprenditoriale, e già ampiamente utilizzato, e che aiuta le aziende a perseguire obiettivi altrimenti irraggiungibili per le singole imprese, in particolar modo se si guarda ai mercati esteri. Uno strumento ricco di potenzialità, destinato, dopo questa prima fase, ad assumere un’importanza sempre maggiore per le aziende italiane.

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