Condividi

Conti pubblici, Draghi lascia a Meloni un doppio tesoretto: 10 miliardi per le bollette e 10 per la manovra

Dalla Nota di aggiornamento al Def emergono due revisioni al ribasso di mezzo punto sui deficit 2022 e 2023 – Ma la stima sul Pil dell’anno prossimo crolla allo 0,6%

Conti pubblici, Draghi lascia a Meloni un doppio tesoretto: 10 miliardi per le bollette e 10 per la manovra

Il governo Draghi lascia in eredità a Giorgia Meloni due tesoretti per un totale di 20 miliardi: 10 da usare entro dicembre per un nuovo decreto bollette e 10 per la manovra 2023. Lo spazio di bilancio si è aperto grazie a un deficit inferiore alle attese sia nel 2022 che nel 2023: nel Documento di economia e finanza di aprile i due dati erano previsti rispettivamente al 5,6 e al 3,9%, mentre nella Nota di aggiornamento al Def approvata ieri dal Cdm e validata il 23 settembre dall’Ufficio parlamentare di bilancio sono scesi al 5,1 e al 3,4%. Due revisioni al ribasso di mezzo punto che valgono ciascuna 10 miliardi. E nel primo caso il nuovo governo non dovrà neanche chiedere l’autorizzazione al Parlamento: i 10 miliardi possono essere spesi alzando il disavanzo 2022 dal 5,1 al 5,6%, ma lo scostamento è indolore perché le Camere – a luglio e a settembre, per i decreti Aiuti bis e ter – hanno già autorizzato un deficit al 5,6% e Bruxelles ha dato il suo benestare.

Nadef: le revisioni sul Pil 2022 e 2023

Questi numeri hanno sorpreso molti analisti, che si aspettavano per l’anno prossimo un deficit più alto a causa del pesante taglio alle previsioni di crescita: se il Def stimava per il Pil 2023 un aumento del 2,4%, la Nadef ha abbattuto questo dato allo 0,6%. La revisione sul 2022 è invece positiva: dal 3,1 al 3,3%.

Rapporto debito-Pil in discesa

Allo stesso tempo, si alleggeriscono anche le previsioni sul rapporto debito-Pil, che quest’anno dovrebbe scendere al 145,4% dal 150,3% del 2021, con un’ulteriore discesa nei prossimi anni, fino ad arrivare al 139,3% nel 2025.

Possibile nuovo deficit anche nel 2023

Questo scenario apre diverse prospettive per il governo Meloni. Ai 10 miliardi per la manovra 2023 potrebbero aggiungersene altri se il nuovo esecutivo decidesse di alzare il deficit 2023: si tratta di una strada praticabile, visto che il Patto di stabilità rimarrà sospeso anche per tutto l’anno prossimo, purché si si eviti di superare il disavanzo del 2022 per non dare segnali negativi all’Europa e ai mercati. Il margine è comunque ampio (dal 3,4 al 5,1%), soprattutto se si pensa che alzare l’asticella di un solo punto (al 4,4%) porterebbe in cassa altri 20 miliardi, aumentando così a 30 miliardi la dotazione disponibile per la manovra.

Forte incertezza sul futuro

Eppure, serve prudenza. Nella Nadef si spiega infatti che l’incertezza sul futuro è forte: se la Russia chiudesse completamente il rubinetto del gas, il Pil italiano del 2023 crollerebbe allo 0,1%, mentre si dimezzerebbe rispetto alle previsioni attuali (scendendo quindi allo 0,3%) nel caso in cui l’Europa entrasse in recessione e lo spread salisse. La situazione peggiorerebbe ulteriormente se il cambio euro-dollaro si rafforzasse ancora.  

Inflazione e tassi

Quanto all’inflazione, si legge ancora nella Nadef, dal 6,6% del 2022 dovrebbe scendere al 4,5% nel 2023, al 2,3% nel 2024 e all’1,9% nel 2025. Una buona notizia per famiglie e imprese, meno per i conti pubblici, che devono buona parte del loro andamento positivo di quest’anno all’extragettito tributario spinto proprio dalla corsa dei prezzi. Un effetto che è riuscito a contenere anche l’impatto della rivalutazione delle pensioni all’inflazione e l’aumento degli interessi sui titoli di Stato. Almeno per ora: la Nadef avverte infatti che l’incremento di “tassi e rendimenti” avrà un “impatto negativo sul Pil che è marginale per quest’anno ma molto significativo sul 2023 e rilevante sugli anni successivi”.

Commenta