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Consob, più donne nei cda ma solo il 2% ai vertici. In calo gli investitori esteri nelle quotate

I dati Consob sulla governance: Stato e famiglie in controllo, investitori stranieri nelle quotate ai minimi dal 2013, aumento della partecipazione degli azionisti alle assemblee

Consob, più donne nei cda ma solo il 2% ai vertici. In calo gli investitori esteri nelle quotate

Più donne nei consigli di amministrazione delle società italiane, ma ancora pochissime riescono a salire alle cariche più alte (ad o presidente). Concentrazione proprietaria più forte, con gli investitori stranieri in fuga e in lieve aumento quelli italiani. In linea con gli anni precedenti, le famiglie continuano a essere i principali azionisti di riferimento. Questi sono i principali numeri del Rapporto Consob sulla corporate governance delle società quotate italiane, giunto alla sua undicesima edizione.

I numeri del Rapporto: cresce la diversità di genere

A fine 2022 “emerge la crescente diversità di genere, che vede attestarsi al 43% la quota degli incarichi di amministratore delle società quotate esercitata da una donna, per effetto dell’applicazione della quota di genere dei due quinti dell’organo prevista dalla legge”, si legge nel report. Nel 2011 le componenti di genere femminile erano appena il 7% dei consiglieri di amministrazione. Ma sono ancora pochissime quelle ai vertici: nel 2% dei casi ad e nel 4% presidente. 

I dati confermano anche che le donne sono titolari di più di un incarico di amministrazione con maggior frequenza rispetto agli uomini: questa situazione riguarda il 28,6% delle donne, rispetto al 21% dell’intera popolazione degli amministratori.

In generale gli amministratori hanno un’età media di 57 anni e sono raramente stranieri (in media il 5,6% del board, che sale all’11% per le imprese del Ftse Mib e al 26% per le società controllate da istituzioni finanziarie), quasi sempre laureati e con profilo manageriale nei due terzi dei casi. Gli amministratori family (azionisti di controllo o a essi collegati da legami familiari) rappresentano in media il 15,5% degli incarichi, che raggiunge quota 26% nelle società a controllo familiare.

Stato e famiglie in controllo

Per quanto riguarda la struttura azionaria, aumenta la concentrazione proprietaria nelle quotate in Borsa, insieme alla presenza dello Stato, mentre diminuisce quella degli investitori istituzionali, in particolare esteri. Nel dettaglio, la quota del primo azionista delle quotate risulta in lieve aumento, raggiungendo in media il 49% dal 47,6% nel 2020, circa tre punti percentuali in più rispetto al 2011. La quota detenuta dal mercato è pari al 39% del capitale (40% nel 2020). Da notare che la partecipazione di controllo in media torna a superare la soglia del 50%, dal 49,3% al 51,4%.

In linea con gli anni precedenti, le famiglie continuano a essere i principali azionisti di riferimento, controllando il 63,4% delle imprese quotate (64% nel 2020), in prevalenza di minori dimensioni (incluse nell’indice Star o non incluse in alcun indice) e operanti nel settore industriale. Lo Stato e gli altri enti locali rappresentano l’azionista di riferimento nell’11,6% delle società, in prevalenza di maggiori dimensioni e appartenenti al settore dei servizi; la quota cresce dall’11,1% del 2020 e dal 10,5% del 2019, ed è superiore di quasi tre punti all’8,8% del 2011.

Assemblee e politiche di remunerazione

La stagione assembleare 2022 delle 100 società quotate a più elevata capitalizzazione ha registrato un aumento della partecipazione degli azionisti, intervenuto in media il 75,4% del capitale sociale, in aumento di circa un punto percentuale rispetto al 2021 e di 5 punti percentuali rispetto al 2012.

Gli investitori istituzionali italiani rappresentano il 2,6% del capitale sociale (1,1% del 2012) e hanno preso parte a 94 adunanze (40 nel 2012). In media, nello scorso anno è aumentato il consenso assembleare sia sulle politiche di remunerazione (approvate dal 67,9% del capitale sociale) sia sul voto consultivo sui compensi corrisposti per l’esercizio precedente (voti a favore per il 68,8% del capitale sociale).

Politiche di engagement delle società del FTSE MIB

Uno degli approfondimenti del report di quest’anno riguarda l’analisi delle politiche di engagement, che mostra come le società del FTSE MIB abbiano dato seguito alla Raccomandazione del Codice di Corporate Governance in merito all’adozione di una politica per la gestione del dialogo con la generalità degli azionisti, pur scegliendo modalità di attuazione eterogenee. In particolare, le politiche si differenziano rispetto alle possibili modalità di svolgimento del dialogo (che può essere anche di tipo proattivo in 17 casi, svolgersi sia in forma bilaterale sia collettiva in 19 casi e in modalità one-way in 15 casi) e rispetto ai possibili soggetti partecipanti (che possono includere anche altri soggetti interni alla società diversi dall’amministratore responsabile, nonché esterni, ulteriori rispetto alla generalità degli azionisti).

Interventi sugli Esg in assemblea in oltre 80 società

Un secondo approfondimento esamina l’interesse degli azionisti nei confronti delle tematiche di sostenibilità analizzando gli interventi dei soci in materia Esg nelle assemblee annuali di approvazione dei bilanci tenutesi negli anni 2018 e 2019 sulla base dei relativi verbali. Negli anni considerati, almeno un socio è intervenuto su tali temi in oltre 80 società (rispettivamente 85 nel 2018 e 87 nel 2019) rappresentative del 41% del campione. In media, nel 2018, 1,5 soci per assemblea hanno effettuato interventi su almeno un profilo di sostenibilità (1,4 soci nel 2019), per un totale di voci Esg pari a 411 (384 nel 2019), tenuto conto della circostanza che alcuni azionisti hanno svolto interventi su più di un tema.

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