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Conservazione preventiva nei musei: si può fare

Ai Musei Vaticani ieri c’erano i direttori dei più grandi musei del mondo a parlare di conservazione preventiva, di cultura come patrimonio inestimabile da concedere in eredità di generazione in generazione e della bellezza

All’interno del Braccio Nuovo dei Musei Vaticani, riaperto al pubblico dopo anni di restauro nel 2016, si sono riuniti ieri i direttori dei più importanti musei del mondo, Musée du Louvre, National Gallery, J. Paul Getty Museum Los Angeles, Hermitage Museum, Museo Nacional del Prado, Musée National des Chateaux de Versailles et de Trianon e Musei Vaticani stessi. Tutti insieme per discutere il tema della “Conservazione preventiva nei grandi musei” e mettere a confronto le loro esperienze e le strategie applicate nel museo che si trovano a dirigere.

Conservazione preventiva vuol dire anche dialogare e confrontarsi su uno degli aspetti fondamentali della gestione dei fragili e fortemente esposti patrimoni dell’umanità di cui i più grandi musei del mondo sono custodi. “La conservazione preventiva è un tema sempre più importante per la buona salute del patrimonio culturale. I grandi musei sono in tal senso un laboratorio estremamente sensibile, in quanto rappresentano il naturale ponte tra il patrimonio diffuso e i musei più piccoli. Se saremo capaci di ricordarci che non siamo i padroni del nostro patrimonio culturale, ma i suoi custodi in nome e per conto delle generazioni future, la conservazione preventiva prenderà il giusto rilievo, come un complesso di pratiche e di tecnologie volte non a ibernare il passato, ma a fecondare l’avvenire”, ha affermato Salvatore Settis, illustre studioso e docente responsabile di autorevoli incarichi internazionali.

Come si legge nella nota ufficiale, i Musei Vaticani si pongono l’obiettivo di far conoscere, preservare e condividere lo straordinario lascito di cultura, di storia, di bellezza che i Pontefici di Roma che si sono susseguiti nei secoli hanno custodito.

Il direttore dei Musei Vaticani Barbara Jatta ha detto durante la conferenza: “I Musei Vaticani sono lieti di dare ospitalità ai direttori dei grandi musei universali, frequentati da milioni di visitatori ogni anno. La loro sfida quotidiana: trovare nuove vie per la gestione e la conservazione materiale di un patrimonio così importante e fortemente esposto”.

La strategia di conservazione pensata per i Musei Vaticani affonda le sue radici nella cura del patrimonio che addirittura anticipa il concetto stesso di museo. La conservazione delle opere richiede sinergia e regolarità di applicazione, protocolli scientificamente testati, impegno di professionalità correttamente formati, verifica dei risultati e certezza dei finanziamenti.

Se il restauro è l’ultima via da percorrere, il modello operativo applicato ai Musei del Papa si compone di più corsie dove interagiscono la cura degli ambienti di esposizione, la programmazione e la regolare esecuzione di piani di manutenzione ordinaria delle collezioni, degli allestimenti e degli impianti.

I musei non vanno protetti dai turisti, occorre individuare la strategia migliore per consentire alle enormi folle di visitatori di vivere un’esperienza museale che possano ricordare. Il turismo di massa è un fatto, le persone si spostano, viaggiano e visitano i musei ed è un bene. Mikhail Piotrovskiy, direttore del The State Hermitage Museum di San Pietroburgo, riconoscendo come reali le problematiche le grandi masse di turisti che visitano musei non predisposti ad accogliere numeri così elevati di persone, afferma la necessità di creare un ambiente speciale intorno alle opere ed è qui che si inseriscono gli strumenti della conservazione preventiva: illuminazione, protezione fisica degli oggetti esposti, restauro scientifico, cura delle facciate storiche, controllo climatico.

Il J. Paul Getty Museum di Los Angeles ha molte sfide davanti. Il diretto Timothy Potts ha spiegato i diversi approcci metodologici rivolti alla conservazione sostenibile delle collezioni e alla protezione delle opere durante il trasporto, anche in questo caso un capitolo è stato dedicato al sistema di controllo del clima, l’applicazione di una serie di basamenti studiati per ridurre il rischio sismico.

Il direttore del Muséè du Lovre Jean-Luc Martinez ha spiegato i tre momenti in cui si articola la conservazione preventiva a Parigi: i cantieri delle collezioni, la manutenzione delle collezioni e i piani d’urgenza; la National Gallery affronta al tempo stesso la sfida di mantenere gratuiti per tradizione gli accessi al museo e la conservazione di alcune delle opera più note e antiche al mondo; il Prado tra le politiche di conservazione e il restauro del palazzo della Sala dei Regni attende il suo bicentenario; la enorme varietà delle opere accolte e degli spazi del Musée di Versailles invita al confronto quotidiano la conservazione preventiva, come spiega il suo direttore Laurent Salomé.

“Le sperimentazioni di conservazione programmata servono soprattutto a consolidare e a diffondere una cultura della conservazione sempre più sensibile alle interrelazioni che legano l’opera d’arte al suo contesto ambientale. Servono a conoscere e a valutare i materiali artistici nella loro diversità e complessità, studiandone i caratteri distintivi, la durata e la resilienza”, ha commentato Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani dal 2007 al 2016.

Sviluppare e implementare linee guida e politiche comuni ai vari musei è una necessità. A ogni istituzione è stata lanciata una sfida diversa e ognuna di esse sembra averla accolta con il massimo dell’entusiasmo nonostante le differenze strutturali, ambientali e logistiche che le caratterizzano. Costruire il futuro è più semplice se si parte da fondamenta del passato più solide.

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