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Confindustria Moda: l’export vola ma il 2018 è un’incognita

Confindustria Moda, la federazione degli industriali del settore tessile, moda e accessorio, ha inaugurato la nuova sede a Milano in zona Sempione – Marenzi: “Siamo un’industria da 94 miliardi che contribuisce alla metà del surplus commerciale italiano” – I nodi dell’occupazione, che non cresce, e del 2018 tra nuovo governo e dazi.

Confindustria Moda: l’export vola ma il 2018 è un’incognita

Adesso c’è anche la sede, a Milano in zona Sempione, proprio di fronte alla storica sede della Rai: Confindustria Moda, la federazione degli industriali del settore tessile, moda e accessorio, progettata e fondata in meno di tre anni, è già operativa. “Ci siamo costituiti nel gennaio 2017 – ha detto in conferenza stampa il presidente Claudio Marenzi, già boss della società di abbigliamento Herno e presidente di Sistema Italia Moda – e da quest’anno siamo a regime, in particolare su tre servizi: area legale, per la lotta alla contraffazione, area sindacale, per i rinnovi dei vari contratti collettivi di lavoro, e centro studi”.

Confindustria Moda, che agirà da ente indipendente ma anche da piattaforma che riunisce tutte le sigle di categoria, da Smi a Aip (Associazione Italiana Pellicceria), da Anfao (l’occhialeria), ad Assocalzaturifici e Federorafi, rappresenta quasi 67 mila imprese del Made in Italy, che generano un fatturato cresciuto nel 2017 del 3,2% a superare i 94 miliardi di euro. “Nel 2018 – ha però ammesso Marenzi – le nostre previsioni sono caute. Il cambio di governo potrebbe rappresentare un problema, qualora non agisse in continuità sul precedente, che ha fatto molto per un settore che è al secondo o al terzo posto nella manifattura italiana”.

“Si trattava – ha spiegato il presidente – di non considerare più l’universo della moda soltanto come un fiore all’occhiello del made in Italy, in qualche modo effimero, ma un vero e proprio settore industriale. Per questo abbiamo beneficiato di molti interventi, a incominciare dall’Industria 4.0”. Non abbastanza però da far crescere il numero delle aziende, che anzi è diminuito dello 0,9%, e a dare una spinta significativa sull’occupazione, ferma al +0,1% con meno di 600mila addetti, quando nel 2005 toccavano il milione.

A volare invece è stato l’export: +5,2%, per un valore nel 2017 di quasi 60 miliardi di euro, di cui la metà grazie alle esportazioni di prodotti tessili e di abbigliamento. Solo verso il Giappone le vendite hanno subito una frenata, mentre i Paesi dove in percentuale sono cresciute di più sono la Cina, la Russia (nonostante le sanzioni) e la Svizzera. “Tra le varie preoccupazioni che ci può dare il 2018 – ha argomentato Marenzi – oltre al nuovo governo e alle tensioni geopolitiche, c’è ovviamente la questione dei dazi”.

Intanto però l’export della moda è stato trainante per tutta l’economia del Paese: l’import è cresciuto solo del 3,1%, con un saldo commerciale attivo salito del 7,9% a quasi 28 miliardi di surplus, cioè più della metà dell’intero surplus commerciale italiano. “Questo è un dato significativo: siamo il primo settore che ha creduto nella globalizzazione, vent’anni fa: questo ci è costato dei posti di lavoro ma anche risultati importantissimi. Basti pensare – ha aggiunto il presidente Marenzi – che il presidente francese Macron vuole spingere la moda francese prendendo a modello i distretti italiani“.

Cosa si propone dunque di essere Confindustria Moda? “Un tavolo permanente, che non necessiti più dei tavoli, molto positivi, organizzati in questi anni ad esempio dal ministro Calenda. La nostra federazione è un po’ figlia di quella spinta e ora può andare avanti automaticamente”. Oltre che di lotta alla contraffazione e di difesa della proprietà intellettuale, l’ufficio legale si occuperà di lobbying, rapporti commerciali, e attività di informazione e aggiornamento per le aziende.

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