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Commercialisti Milano, Solidoro: “La revisione contabile è parte dell’attività del commercialista”

Il presidente dell’Ordine dei dottori commercialisti ed esperti contabili di Milano, Alessandro Solidoro, affronta le problematiche della categoria in vista delle prossime elezioni del Consiglio nazionale di luglio: equipollenza, crisi del settore, sfide future, mercato globalizzato e introduzione dei POS.

Commercialisti Milano, Solidoro: “La revisione contabile è parte dell’attività del commercialista”

Il viaggio tra gli Ordini territoriali dei commercialisti inizia da Milano con il Presidente Alessandro Solidoro che ci illustra la sua posizione in merito alle questioni cruciali dell’Ordine, dal tema dell’equipollenza alla crisi che ha investito la professione, dalle future opportunità per i commercialisti alla questione dei POS negli studi professionali. E Solidoro ci comunica che finalmente è stata fissata la data dell’elezioni per il Consiglio nazionale dei commercialisti, finora commissariato con decreto ministeriale: le votazioni si terranno il 16 luglio 2014.

1. Cosa pensa dell’equipollenza tra revisori contabili e commercialisti?

Credo che solo in un periodo di confusione decisionale e normativa come questo la questione dell’equipollenza abbia potuto raggiungere un tale livello di esasperazione. Se vogliamo uscire da approcci ideologici e corporativi occorre partire dai fatti. La revisione è una funzione quotidiana dell’attività di dottore commercialista. I due terzi degli iscritti al registro dei revisori sono commercialisti, e corrispondono alla quasi totalità dei revisori attivi. Non solo, i commercialisti sono soggetti abilitati alla revisione dei conti negli enti locali, e ancora, l’equipollenza degli esami è riconosciuta dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca.

Seconda questione: le competenze della revisione sono diventate, come per tutti i settori della professione, più ampie e quindi necessitano di approfondimenti formativi. Se questa è la fotografia, seria e oggettiva, della situazione attuale, ci si chiede a chi giova la non equipollenza, a chi giova una nuova professione e infine a chi giova una nuova barriera all’entrata per i giovani. A nessuna persona in buona fede e di buon senso.
Se si vuole, come appare opportuno, spingere sulla qualità delle prestazioni, integriamo le prove d’esame per quel che serve, non obblighiamo i giovani a duplicare processi formativi ed esami, con il solo risultato di rendere ancora più debole la loro posizione già così precaria. Se si vuole vedere la sostanza dei problemi, la risposta la si trova facilmente; se invece le finalità sono altre, chi ne è portatore si assuma la responsabilità di chiarirle pubblicamente.

2. Stiamo assistendo ad una diminuzione degli studi professionali a causa della crisi e del timore della crisi, dunque rispettivamente chiusura degli studi professionali e difficoltà o paura di aprirne nuovi. Cosa sta succedendo?

La crisi scatenatasi nel 2008 non poteva non investire le professioni. Chi sostiene che le professioni risentono meno della crisi ha sottovalutato gli effetti della sua durata: nessuno ha paura di un crepaccio profondo chilometri ma largo 10 centimetri, tutti hanno paura di un fossato profondo 10 metri e largo 1 chilometro. I commercialisti si sentono schiacciati tra clienti che chiudono o non pagano e adempimenti sempre più onerosi e frequenti, oltre che da un sistema di responsabilità sempre crescente. Chi non è in grado di fronteggiare questa nuova situazione tende a chiudere o a non mettersi nemmeno sul mercato. Anche gli studi come le aziende sono chiamati a ristrutturarsi, a cercare nuovi contesti, a migliorare la propria efficienza. Non ci sono molte alternative, oltre il 72% degli iscritti ha tra i 30 e i 50 anni, troppo giovani per pensare alla pensione.

3. Il mercato è sempre più globalizzato. Quali sono le nuove opportunità per i commercialisti nei mercati esteri? E in Italia?

La globalizzazione porta inevitabilmente all’ampliamento della concorrenza. Si tratta di una grande opportunità così come di un grande rischio.
Noi dobbiamo mantenere il legame forte e fiduciario con l’imprenditore nostro cliente, ed essere al suo fianco con professionalità nelle sue relazioni internazionali, sia che si tratti di accordi contrattuali che di apertura all’estero, o ancora di processi di acquisizione dei quali sia oggetto e non soggetto. Sono più dubbioso sul fatto che l’imprenditore straniero che viene in Italia si appoggi a un professionista italiano estraneo ai grandi network internazionali. E’ un po’ la sfida di Expo 2015: far conoscere il sistema delle professioni italiane, come partner serio, competente e affidabile, in un sistema Paese serio, competente e affidabile.

4. Ci sono aggiornamenti sulla questione delle elezioni dell’Ordine nazionale?

Sono state finalmente fissate le elezioni per il 16 luglio 2014, e questa è una notizia estremamente positiva. Sono fermamente convinto che arrivare a questa scadenza con la massima unitarietà sia un buon modo per ripartire. Sono altrettanto convinto che ciò sarà possibile solo dando voce agli Ordini sul territorio, fino a ieri condizionati dall’esistenza di liste che ormai sono state ritirate, e oggi ansiosi di riprendere il timone delle proprie decisioni. Decisioni che saranno guidate dalla voglia di far ripartire la categoria, di agire sui temi che ormai costituiscono un’emergenza per la professione, di capire cosa è andato storto dal dicembre 2012 ad oggi; nonché di ottenere da tutti gli attori comportamenti di responsabilità, consapevolezza e azione coesa che superino precedenti plurimi personalismi che nessuno più tollererebbe e che facciano rinascere un progetto capace di infondere nuovo entusiasmo. Ricordiamoci che le elezioni non sono il risultato ma sono, finalmente, un punto di partenza. Partiamo bene! Lo dobbiamo ai 110.000 colleghi che tutti i giorni lavorano un po’ peggio perché non c’è una rappresentanza nazionale che aiuti chi ci governa ad ottenere i risultati necessari, senza inutili aggravi di costi e di burocrazia a carico dei professionisti.

5. E’ favorevole all’introduzione del POS negli studi professionali?

Sono contrario all’introduzione obbligatoria dei POS. Chi vuole pagare in contanti e chi, sbagliando, sbagliando gravemente, vorrà accettare un tale pagamento, non troverà nel POS nessuna dissuasione. Mi chiedo come questa evidenza non sia bastata al legislatore per soprassedere. La cosa paradossale è che neppure le banche, che la vulgata popolare indica come beneficiarie effettive della norma, hanno manifestato entusiasmo per la sua entrata in vigore; ne è prova lo scarso slancio che esse manifestano nel firmare convenzioni con gli Ordini. Se posso chiudere con una battuta, per quanto riguarda i nostri studi il POS serve solo a chi lo produce.

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