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Cinema, “Codice criminale”: di padre in figlio tra violenza e amore

E’ uscito il film di Adam Smith che affronta, con Michael Fassbender protagonista nel ruolo del figlio Chad, il tema ancestrale del conflitto padre-figlio. Violenza e “codice criminale” ma il riscatto arriva, inaspettato, dall’amore

Cinema, “Codice criminale”: di padre in figlio tra violenza e amore

Già dalle prime immagini di questo film, appena comparso nelle sale, è difficile non tornare con la memoria al “Padre padrone” dei fratelli Taviani del 1977. La vicenda, per molti aspetti, è analoga e si incentra su una forte figura paterna che ritiene il proprio codice di natura e cultura unico e insostituibile. Su questo filone, il cinema italiano ci ha dato tante opere importanti sul rapporto, spesso conflittuale, tra genitori e figli. Ne ricordiamo solo alcune: “Nella stanza del figlio” di Nanni Moretti, il poco noto “Come Dio comanda” di Gabriele Salvatores, “In viaggio con papà” con Alberto Sordi.  

La trama di “Codice criminale” è tanto semplice quanto arcaica e complessa, a volte drammatica. Un padre vuole imporre al figlio la sua visione del mondo (frase topica: “mio padre mi ha sempre detto che la terra è piatta ed io ci credo”) con le buone maniere, poche, ma più spesso con violenza e brutalità. Anche la scuola, l’educazione, viene vista dall’anziano  genitore come un pericoloso strumento di emancipazione e, in quanto tale, da evitare con forza mentre il solo fondamento pedagogico è il codice criminale che da generazioni vige nella famiglia. 

Da questo punto di vista la pellicola dell’esordiente regista Adam Smith non ci racconta molto di nuovo per quanto già sappiamo e abbiamo visto al cinema. Tutto regge sulle spalle dei due grandi protagonisti: il capofamiglia Colby (Brendan Gleeson)  e suo figlio Chad (Michael Fassbender), due solidi attori irlandesi di notevoli capacità espressive, e del resto della famiglia, in questo caso un clan nomade accampato in una magnifica campagna inglese. Il gruppo vive di espedienti criminali ed è in continua guerra con le autorità di polizia locali fintanto che viene superato un limite che fa precipitare gli eventi. Nota a margine: il film ci rappresenta la storia di una realtà poco nota delle famiglie nomadi inglesi, apparentemente lontane dalle quelle a noi note di matrice europea.
 
 Il conflitto padre figlio riporta a un tema ancestrale dove la letteratura, per non dire la psicologia, hanno scritto pagine fondamentali. “Codice criminale” propone una visione positiva, una possibile soluzione fondata sul rispetto e sull’amore piuttosto che sulla violenza e prevaricazione. In verità questo avviene attraverso una rottura generazionale: il padre cattivo rimane tale ma il figlio buono vuole interrompere la catena e proporre al proprio figlio un modello completamente diverso da quello ricevuto. E questo è possibile anche attraverso la scuola, l’educazione, la possibilità di far parte di un mondo diverso rispetto a quello dove si è cresciuti. 

Il film scorre veloce, la sceneggiatura è piana e avvincente, il regista guida con attenzione tutte le figure e le sequenze, comprese quelle più dinamiche o surreali. Le immagini sono pulite e suggestive e non manca qualche scena surreale come quella finale che, da sola, merita la visione del film. Peccato che la pellicola venga proposta nel pieno della stagione estiva, dove il botteghino solitamente è avaro. Avrebbe meritato miglior fortuna.

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