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Cina: perché il gigante rallenta ancora?

A fronte dei dati Bloomberg, gli analisti di Intesa Sanpaolo mantengono invariate le previsioni di crescita a +6,3% quest’anno e +6,1% nel 2017: il problema dei crediti incagliati e dell’eccessivo indebitamento delle imprese non è stato ancora risolto. Ma da settembre è scattato l’allarme export con riflessi sulla svalutazione dello yuan.

Cina: perché il gigante rallenta ancora?
Come segnala un recente report del Centro Studi Intesa Sanpaolo, nei primi tre mesi dell’anno il PIL cinese è salito del 6,7%, in moderato rallentamento rispetto al trimestre precedente (+6,8%): il calo ha riguardato tutti i settori, ad eccezione delle costruzioni e del settore immobiliare. E i dati successivi messi a disposizione puntano a una stabilizzazione della crescita da aprile a giugno poco al di sotto del primo trimestre. La decelerazione degli investimenti nel settore privato, in particolare nel manifatturiero, lascia comunque intatte le prospettive di rallentamento della crescita economica nella seconda parte dell’anno e nel corso del 2017.

La produzione industriale cinese è salita del 6,0% in maggio, stabile rispetto ad aprile, grazie all’accelerazione della produzione del settore privato. Una dinamica simile ha caratterizzato le vendite al dettaglio, stabili in termini reali a 9,7% rispetto a marzo nonostante una lieve decelerazione in termini nominali, sostenute anche dal recupero delle vendite di automobili. Allo stesso tempo, il mercato del lavoro appare in un sentiero di moderato e lento rallentamento, difficilmente conciliabile con un’accelerazione dei consumi privati. A loro volta, gli investimenti fissi hanno decelerato a 9,6%, da una crescita poco sopra il 10% mantenuta nei primi quattro mesi dell’anno.

Alla stabilizzazione degli investimenti in edilizia residenziale e nel settore immobiliare si è contrapposto un rallentamento degli investimenti nelle costruzioni. Dal punto di vista settoriale, mentre gli investimenti del governo centrale si sono ripresi e la dinamica di quelli delle imprese statali è rimasta elevata, in particolare nelle infrastrutture di trasporto, gli investimenti dei governi locali e soprattutto quelli del settore privato hanno rallentato. In particolare, prosegue il calo nel settore minerario e nel manifatturiero, principalmente nella chimica, prodotti in metallo e manufatti; note positive arrivano, invece, da farmaceutica e macchinari.

Il commercio estero ha registrato una stabilizzazione dell’export e un miglioramento delle importazioni negli ultimi mesi analizzati.  ma da agosto l’export ha invertito la tendenza con un calo del 2,2% che è diventato addirittura del 10% in settembre facendo scattare l’allarme degli analisi sulle possibili ripercussioni ribassiste sullo yuan. E pensare che le esportazioni erano salite dell’1% in maggio dopo 12 mesi di cali tendenziali grazie alla migliore performance dei beni ordinari rispetto ai beni assemblati. Le esportazioni avevano beneficiato in parte di un forte effetto base favorevole ma i dati destagionalizzati rivelano comunque una stabilizzazione dell’export tra marzo e maggio.

Le esportazioni in volume erano salite del 6,9% in aprile in linea con la dinamica degli ordini esteri che resta in marginale miglioramento rispetto al primo trimestre. Ma da agosto e soprattutto da settembre per l’export cinese la musica è cambiata. Le importazioni hanno registrato ancora un calo tendenziale del 6,4% in maggio, tuttavia in netto miglioramento dal minimo del 13,5% in marzo, e il volume delle materie prime energetiche sia alimentari mantiene una dinamica positiva.

Nello stesso periodo l’inflazione è scesa al 2%, dopo essere stata stabile a 2,3% nei tre mesi precedenti, a causa del calo dei prezzi degli alimentari, essenzialmente di frutta e verdura, e delle utenze domestiche. I prezzi nel comparto della carne continuano a crescere a tassi elevati (20,8%) e la dinamica potrebbe continuare a rimanere ancora tale almeno fino all’autunno. L’inflazione dei prezzi alla produzione è ancora negativa (-2,6%) ma è in netto aumento rispetto ai minimi di dicembre (-5,9%), guidata dal rimbalzo dei prezzi delle materie prime. L’aumento dei prezzi di alcuni servizi (si vedano a questo proposito medicine, istruzione e affitti) e l’effetto base sfavorevole nel comparto dei carburanti supporta la previsione degli analisti di moderato aumento dell’inflazione nei prossimi mesi.

Lo stock di credito bancario, dopo la marginale accelerazione della seconda metà del 2015 e il rimbalzo dei primi mesi di quest’anno, si è stabilizzato sui tassi di crescita di dicembre (14,4% in maggio). Le Autorità cinesi sembrano orientate a ricalibrare la crescita del credito come è emerso da un’intervista nel “People’s Daily” all’inizio di maggio e da Bloomberg News, in cui si esprime la necessità che il Paese affronti il problema dei crediti incagliati e dell’eccessivo livello dell’indebitamento delle imprese. La riaccelerazione del credito non ha finora sostenuto la dinamica degli investimenti delle imprese private e sembra per lo più essere stata concentrata nel credito a medio lungo termine alle famiglie, si veda a questo proposito la voce mutui. La ripresa degli investimenti nel settore immobiliare appare però transitoria, dati i livelli di invenduto.

Gli analisti continuano a ritenere che nel prossimo biennio l’aumento dei crediti deteriorati limiterà la dinamica del credito nonostante il supporto dalla politica monetaria, il cui spazio di manovra appare comunque contenuto. Il rallentamento degli investimenti proseguirà per tutto il 2016, finendo per avere un impatto sul mercato del lavoro e da ultimo sui consumi. Gli investimenti in infrastrutture, inoltre, difficilmente potranno sostenere i ritmi del 2015 se non comportando un crollo più brusco nel medio termine. Si mantengono pertanto invariate le previsioni di crescita a 6,3% nel 2016 con una marginale decelerazione a 6,1% nel 2017, mentre i rischi sullo scenario di breve termine sono al rialzo ma rimangono al ribasso nel medio termine.

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