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Cina, nel 2022 la popolazione cala per la prima volta in 60 anni. Pil ai minimi da 40 anni

Dopo l’abolizione della politica del figlio unico nel 2016 l’atteso baby boom non c’è stato. Crescita 2022 ai minimi da 40 anni per la politica zero Covid e l’invecchiamento della popolazione

Cina, nel 2022 la popolazione cala per la prima volta in 60 anni. Pil ai minimi da 40 anni

La Cina scopre la crisi demografica dopo 60 anni. Decenni di pianificazione familiare hanno contribuito a un grave squilibrio di genere in favore dei maschi (che tuttora persiste) e messo a rischio il ricambio demografico. Ma da quando la politica del figlio unico è stata abolita, nel 2016, non c’è stato il baby boom che Pechino si aspettava e la crisi demografica è sancita dai numeri. Nel 2022 la popolazione in Cina è pari a 1,41 miliardi di persone (-850 mila neonati rispetto al 2021), con 9,56 milioni di nascite contro 10,41 milioni di morti. Così rischia di essere superata dall’India nel primato di nazione più popolosa al mondo (se non è già successo).

I dati diffusi dall’Ufficio nazionale di statistica di Pechino non stupiscono, del resto, da anni si parla di un calo della popolazione in Cina: nel 2022 9,56 milioni di nascite contro i 12 milioni di neonati del 2020 e i 14,6 del 2019. Questa tendenza dovrebbe protrarsi per diversi decenni, con conseguenze significative per l’economia, il mercato del lavoro e il sistema pensionistico. Tutti problemi che conosciamo molto bene anche noi.

E di questo passo, entro la fine del secolo, la popolazione cinese si ridurrà a meno di un miliardo (757 milioni nell’anno 2100 secondo le previsioni più restrittive), mentre quella mondiale salirà dagli attuali 8 miliardi a 11, con l’India in testa con 1,5 miliardi di persone.

Cina, nel 2022 popolazione sempre più anziana

I dati riguardano solo la popolazione di cittadinanza cinese della zona “Continentale”. Dunque, sono escluse le due regioni speciali di Hong Kong e Macao e anche Taiwan. Ma perché la popolazione continua a diminuire in Cina? Alla base di questo fenomeno ci sono da considerare il tasso di miglioramento della vita e l’aumento di età media di invecchiamento della popolazione. Alla fine del 2022 le persone con più di 60 anni erano il 19,8% della popolazione, l’anno precedente erano il 18,9%. Entro il 2035 si calcola che la fascia dei cinesi over 65 supererà il 30% della popolazione, a quota 400 milioni.

Ma perché cala la popolazione in Cina?

La crisi demografica cinese ha un’origine diversa da quella del resto del mondo. Nel 1979, Pechino impose la politica del figlio unico, sempre più preoccupato del “boom demografico” che avrebbe minacciato la crescita del Prodotto interno pro capite. Quella politica è stata mantenuta per quasi quarant’anni, con imposizioni brutali: “Allevate più maiali, fate meno bambini”. E alla fine ha portato ha un grave squilibrio di genere in favore dei maschi.

Consapevole da tempo della contrazione della fecondità e dell’invecchiamento della popolazione, il governo cinese ha dapprima abolito la politica del figlio unico, e poi ha varato quella dei due figli o figlie e nel 2021 ha predisposto provvedimenti di stimolo delle nascite terzogenite. Malgrado gli incentivi, il trend dell’invecchiamento della popolazione non è stato invertito, creando non poche difficoltà a un Paese che ha sempre fatto affidamento sul suo enorme bacino di forza lavoro per guidare la crescita dell’economia.

Nel tempo gli uomini hanno superato le donne (722,06 milioni contro 689,69 milioni). Ma dietro al calo demografico ci sono anche motivi economici, con le difficoltà di crescere i figli (troppo costoso), soprattutto nelle città. Anche tre anni di politica di zero Covid hanno inciso, anche se non è chiaro quanto ancora potrà influire in futuro, dopo l’abbandono delle politiche più restrittive per contenere i contagi.

Pechino: +3% Pil nel 2022, mai così basso da oltre 40 anni

L’invecchiamento della popolazione e il calo delle nascite, insieme al crollo del settore immobiliare, al calo della domanda estera e alle politiche restrittive anti-Covid, hanno contribuito al rallentamento economico del Paese: il Pil cinese è cresciuto del 3% nel 2022, fallendo per la prima volta l’obiettivo fissato dal governo (pari al 5,5%). Vuol dire che il Prodotto interno cinese è arrivato a quota 121 mila miliardi di yuan, pari a 17.930 miliardi di dollari. Escludendo il 2020 – quando la crescita si arrestò al 2,2% nel primo anno della pandemia di Covid-19 – si tratta del risultato peggiore del gigante asiatico dal 1976, quando il Paese pagava ancora tutte le conseguenze della Rivoluzione culturale.

Si tratta di un dato di gran lunga inferiore al +8,4% registrato nel 2021, ma in ogni caso superiore alle attese. Il quarto trimestre dell’anno ha registrato, invece, un’espansione nulla dell’economia su base congiunturale (-0,8% atteso, +3,9% il trimestre precedente), mentre l’aumento tendenziale è stato del 2,9%, ma al di sopra del consenso di mercato dell’1,8% (+3,9% il trimestre precedente).

Ma quali sono le previsioni per il 2023? Secondo gli esperti il Pil cinese potrebbe registrare un aumento maggiore, pari al 4,8%. L’Ufficio Nazionale di Statistica ha affermato che le basi della ripresa “non sono ancora solide”, evidenziando un contesto internazionale che rimane “complesso e severo”.

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