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Cile in subbuglio: il presidente Boric è in minoranza nella Costituente. Ecco cosa succede adesso

L’elezione dell’Assemblea Costituente, che sottoporrà ai cittadini una nuova Carta nel referendum del prossimo dicembre, ha visto la netta vittoria dell’estrema destra. Ora il governo dovrà scendere a patti con la destra moderata: in ballo ci sono l’aborto, i diritti degli indigeni e una nuova previdenza sociale

Cile in subbuglio: il presidente Boric è in minoranza nella Costituente. Ecco cosa succede adesso

È durata poco la luna di miele dei cileni col giovane presidente socialista Gabriel Boric. Eletto un anno fa con il maggior consenso nella storia del Paese sudamericano (4,6 milioni di voti), l’ex leader delle rivolte studentesche del 2011 è ora un’anatra sempre più zoppa. Forte del 56% di consensi alle presidenziali dell’anno scorso, quando sbaragliò il candidato pinochetista José Antonio Kast, Boric aveva lanciato l’Assemblea costituente per dare finalmente al Cile una nuova Carta, ma il progetto è stato respinto dagli elettori. E ora nella nuova Costituente da poco votata, il partito del leader, Unidad para Chile, si trova in minoranza: 23 dei 51 seggi sono infatti assegnati al Partito Repubblicano, partito di ultradestra, altri 11 alla formazione di centrodestra, e solo 16 alla sinistra governista (più 1 ai rappresentanti indigeni).

Nuova Costituente per il Cile: netta vittoria della destra, disfatta per Boric

La destra nel suo insieme ha dunque ottenuto il 62% delle preferenze, in una tornata elettorale che era obbligatoria e alla quale ha partecipato l’85% degli aventi diritto (anche se il 17% ha votato scheda bianca). È evidente che adesso Boric dovrà scendere a patti quanto meno con la destra moderata e che dunque il suo progetto di nuova Costituzione, che era abbastanza radicale, può dirsi definitivamente tramontato. Lo scorso settembre infatti il 37 enne presidente aveva sottoposto ai suoi concittadini un testo ambizioso, per lasciarsi definitivamente alle spalle l’esperienza della dittatura, della quale l’attuale Carta è ancora figlia: erano contemplati il diritto all’aborto, oltre che un nuovo sistema di previdenza sociale pubblico, basato sui contributi di lavoratori e imprese (e non più, come adesso, lasciato all’iniziativa privata), e un nuovo modello di Stato plurinazionale, che riconoscesse cioè le minoranze indigene, come hanno fatto Bolivia e Ecuador.

Consenso ai minimi per il presidente di sinistra

In virtù di questo, era anche previsto che ci fosse una quota di rappresentanti indigeni in Parlamento, così come una distribuzione equa in base al genere. Il progetto è stato però travolto dalle fake news divulgate sui social, e sonoramente bocciato. E oggi il tasso di consenso di Boric, secondo gli ultimi rilevamenti, è appena del 28%, mentre a inizio mandato era sul 50% e i sondaggi davano per approvata la nuova Costituzione. Il presidente socialista paga anche il crollo della sensazione di sicurezza da parte dei cittadini: sebbene la criminalità nel Paese non sia aumentata, “l’indice di paura” è ai massimi dal 2000 e una recente ricerca di Ipsos, che prendeva in considerazione 25 Paesi in tutte le aree del mondo, ha decretato quella cilena come la popolazione più preoccupata dalla violenza (60%).

Che cosa succede adesso?

In uno scenario sempre più polarizzato (il centro è praticamente sparito anche in Cile, e le destre stanno riprendendo fiato in Sudamerica, come dimostra la recente vittoria in Paraguay), a Boric non resta altro che accettare una mediazione con la parte più moderata della destra, proponendo un nuovo testo più asciutto ma che abbia più chance di passare il referendum popolare. Un esempio del possibile compromesso sono proprio i diritti civili e l’aborto. Boric è riuscito a far passare, come semplice legge al di fuori dalla Costituzione, il matrimonio tra persone dello stesso sesso, e anche sull’aborto (ad oggi solo l’Uruguay, in tutta l’America Latina, lo riconosce pienamente) ci sarebbero spiragli, visto che secondo i sondaggi oltre metà della popolazione sarebbe favorevole. La priorità, tuttavia, resta quella di creare un fronte moderato in grado di neutralizzare le velleità dell’estrema destra, che riporterebbe volentieri la nuova Costituzione a quella in vigore sotto Pinochet. Cioè indietro di 50 anni. Come andrà a finire, lo sapremo a dicembre.

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