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Cessione Rai Way e polo delle torri sotto pressione: tutti i problemi di un progetto in salita

Cedere la quota di controllo di Ray Way mette in fibrillazione la Vigilanza Rai. Dalle dimissioni al vertice alle incursioni della politica, cronistoria di un progetto difficile

Cessione Rai Way e polo delle torri sotto pressione: tutti i problemi di un progetto in salita

La cessione della quota di controllo di Rai Way diventa un rebus sempre più intricato. Oltre alle perplessità sul Dpcm che autorizza la cessione della quota di controllo oggi in mano alla Rai in modo da arrivare al polo nazionale delle torri di cui si parla ormai da anni, importanti novità rischiano di complicare ulteriormente l’operazione proprio mentre avanza il consolidamento nel settore. Consolidamento che invece Tim sembra avere agganciato: la società ha da poco venduto le torri Inwit per 1,3 miliardi a un consorzio guidato da Ardian.

La cessione Rai Way: dimissioni e stop dalla Vigilanza

È la rilevanza politica del Dpcm ad aver rimesso in moto le polemiche, ma vediamo in ordine cosa è successo: anzitutto il 17 marzo l’audizione in Vigilanza del Ministro Giancarlo Giorgetti che ha espresso chiaramente il suo pensiero : “… è invero necessario che tali risorse siano integralmente destinate alle attività proprie del servizio pubblico radiotelevisivo. In questa prospettiva, saranno di fondamentale importanza i contenuti del prossimo contratto di servizio…”.

Poi ci sono state le dimissioni del presidente di Rai Way, Giuseppe Pasciucco, e del consigliere in quota Rai Stefano Ciccotti, ex Ad della stessa società, ora CTO Rai e considerata figura di grande rilievo per esperienza e conoscenza del settore. In particolare, sulle sue dimissioni, da più parti interne ed esterne alla Rai abbiamo raccolto forti dubbi e perplessità in ordine ad un suo presunto dissenso sull’operazione. Mentre, per quanto riguarda Pasciucco, abbiamo saputo da nostre fonti che si dovrebbe ora occupare con particolare attenzione della stesura del nuovo Piano Industriale atteso per i prossimo giugno. Poi la Commissione parlamentare di Vigilanza Rai ha diffuso un Atto di indirizzo su questo tema e, infine, lo scorso mercoledì è stato ascoltato nella stessa Vigilanza l’Ad di Rai Way, Aldo Mancino

Sulle dimissioni dei due componenti del board di Rai Way si può dire solo che formalmente sono avvenute per “motivi personali” e proprio alla vigilia della prossima assemblea degli azionisti prevista per il 27 aprile. Difficile però non cogliere che sono state presentate proprio pochi giorni dopo la pubblicazione del Dpcm sul quale, per quanto a noi risulta, a Viale Mazzini non tutti hanno manifestato particolare entusiasmo. Al contrario, non sono pochi coloro che vedono questa iniziativa come un ulteriore spinta verso la “svendita” di un gioiello di famiglia (vedi pure lo sciopero sindacale dei giorni scorsi).

La cessione Rai Way:  i paletti della politica

Veniamo ora alla parte più significativa di questa fase: le indicazioni “politiche” della Commissione di Vigilanza Rai espresse con un Atto di indirizzo, cioè senza vincolo operativo. È opportuno leggere attentamente il documento dove la Commissione “…impegna il Consiglio di Amministrazione della RAI:

  • ad inquadrare l’operazione di riduzione della partecipazione in RAI Way S.p.a., o della creazione di un nuovo soggetto giuridico proprietario dell’infrastruttura, all’interno di una strategia complessiva e organica di crescita dell’Azienda, che deve trovare riscontro nel piano industriale, del quale, peraltro, la Commissione rinnova l’esigenza di essere portata sollecitamente a conoscenza, almeno per quanto riguarda le linee fondamentali già tracciate;
  • a tener conto, anche in relazione al prossimo Contratto di servizio, sul quale la Commissione è chiamata ex lege ad esprimere parere obbligatorio, che i proventi dell’eventuale cessione non possano essere destinati a ripianare pregresse situazioni debitorie o a consentire il pareggio di bilancio …
  • a garantire che il nuovo assetto risultante dall’operazione di riduzione della partecipazione non pregiudichi lo svolgimento dei compiti fondamentali del servizio pubblico radiotelevisivo … ma sia massimamente orientato verso soluzioni di rafforzamento ed efficienza dell’infrastruttura.

Cessione Rai Way: il Parlamento punta i piedi

Si tratta di un orientamento chiaro e forte e colpisce il nervo scoperto di tutta l’architettura del DPCM: la mancanza totale di qualsivoglia visione o progetto di politica industriale segnatamente riferita alla società e, più in generale, sia al famigerato “polo delle torri” sia alla collegata la “società unica per la rete”.

In questo contesto si evidenziano i commenti di quanti ritengono che si tratta solo di alchimia finanziaria finalizzata solo a “fare cassa” in vista di un quadro economico non certo confortante per le casse di Viale Mazzini (di questi giorni la notizia dell’approvazione alla Camera del  Decreto Energia con quale si preannuncia il ritorno all’esazione del canone Rai attraverso il bollettino postale, come chiesto dalla Ue ma con un possibile ritorno alla sua evasione  stimata in diverse decine di milioni). 

Per quanto riguarda nello specifico Viale Mazzini, il rilievo della Vigilanza sul riscontro al Piano industriale non è casuale e tantomeno infondato: non solo, si rileva, che non è ancora stato comunicato alla Vigilanza stessa, ma che pure, al momento, del nuovo Piano industriale sono note solo alcune “linee guida” che non contengono alcun riferimento all’operazione Rai Way.

Il documento che abbiamo potuto avere in visione, non fa esplicito riferimento alla cessione. Alla pagina relativa ai “pilastri” del nuovo Piano Industriale si legge di:

A. Evoluzione dell’offerta tradizionale

B. Integrazione offerta digitale

C. Razionalizzazione e valorizzazione asset aziendali

D. Evoluzione modello operativo agile e digitale

Eppure, il tema delle torri e della distribuzione del segnale radiotelevisivo è di assoluto rilievo strategico per il futuro dell’Azienda che, peraltro, si evidenzia proprio nel momento in cui è in pieno svolgimento la transizione alla nuova modalità di ricezione in DVB-T2 dove, come pure abbiamo scritto da tempo su queste pagine, potrebbe danneggiare il bacino di utenza del Servizio Pubblico.

Rai Way: l’Ad va in Parlamento, la palla al governo

Veniamo ora all’audizione dell’Ad di Rai Way in vigilanza martedì 12 aprile. Mancino ha premesso, doverosamente, che lui dirige la società controllata da Rai e che quindi non può fare altro che tenere conto delle intenzioni dell’azionista di maggioranza che, in attesa di una prossima audizione dell’Ad Rai Carlo Fuortes in Vigilanza, non sono ancora note. A questo punto è insorta la “politica” che, per quanto dichiarato dai commissari, ha anzitutto ribadito la validità dell’Atto di indirizzo rafforzandone poi il contenuto sottolineando che “non abbiamo preclusioni … ma prima c’è un processo e vincoli  con il piano industriale  che ha un suo intreccio con il Contratto di servizio…”  (Valeria Fedeli, Pd); poi: “non si possono vendere parti di Rai Way prima del nuovo Contratto di Servizio” (Michele Anzaldi, Pd) oppure che il DPCM è “incomprensibile e inaccettabile” (Primo DI Nicola, M5S). 

La sintesi di quanto abbiamo già scritto nel precedente articolo con quanto emerso nei giorni scorsi sembra portare tutto nella stessa direzione: il Dpcm sembra fragile nella sua architettura normativa e applicativa (vedi pure l’art. 2 laddove si precisa la sua “validazione” a valle dei pareri delle Autorità di controllo e vigilanza, cioè Consob, AgCom e Antitrust) nonché, per quanto emerso in Vigilanza, anche nel sostegno “politico” a tutta l’operazione. A questo punto sembrano esserci solo due possibilità: o il Governo (e i partiti che lo sorreggono) sconfessano gli intendimenti della Vigilanza o, viceversa, si tiene in debito conto dell’Atto di indirizzo e allora la palla va in tribuna e della cessione della quota di maggioranza di Rai Way e del “polo delle torri” se ne parlerà più avanti.

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