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Cdp, eccellente la staffetta Bassanini-Costamagna ma dilettantesca la gestione Renzi-Guerra

Franco Bassanini, a cui tutti hanno riconosciuto i brillanti risultati della Cassa, si è dimesso con stile dalla presidenza della Cdp e il suo successore Claudio Costamagna è un banker di razza e di grandi capacità, ma l’intera operazione è stata gestita in modo dilettantesco dal tandem Renzi-Guerra e sulla strategia del Governo restano troppe ombre

Cdp, eccellente la staffetta Bassanini-Costamagna ma dilettantesca la gestione Renzi-Guerra

Franco Bassanini aveva giurato di non essere attaccato alla poltrona e di non aver mai anteposto gli interessi personali alle istituzioni nella sua lunga carriera pubblica. E ieri, dopo il raggiungimento di un’intesa tra le Fondazioni bancarie e il Governo sulla governance della Cassa, ha puntualmente confermato le sue dimissioni da presidente della Cdp, gesto davvero raro in Italia. Il risconoscimento dei brillanti risultati raggiunti sotto la sua guida è stato unanime. Bassanini, che per ora ha accettato di diventare consigliere speciale di Matteo Renzi a Palazzo Chigi, resterà presidente di Metroweb e continuerà ad occuparsi di banda ultralarga.

 Bassanini sarà sostituito da Claudio Costamagna, banker di razza e advisor di tutte le principali privatizzazioni italiane quando era un top manager di Goldman Sachs. Meglio non si poteva scegliere.

Dopo un presidente eccellente la Cdp ne avrà un altro egualmente brillante ma il problema non riguarda gli uomini, bensì il ruolo della Cdp e lo stile con cui si opera il ricambio. Su questo ha parlato ieri Andrea Guerra, ex numero uno di Luxottica e prossimo ad di Eataly, consigliere di Matteo Renzi e regista dell’operazione Cdp.

Il fatto di essere stato e di essere un ottimo manager non ha impedito a Guerra di fare una pessima figura su terreni per lui sconosciuti, perchè l’operazione Cdp non poteva essere gestita peggio e ha dato l’impressione di essere in balia di dilettanti allo sbaraglio. Sia perchè il modo in cui tutta l’operazione è stata condotta lascerà molto dubbi agli stranieri che vorranno investire in Italia – e ci vorrà tutta l’abilità internazionale di Costamagna per riconquistarli e rassicurarli sulla stabilità delle regole – sia perchè essa fa sorgere il sospetto che la Cdp cambi strategia per assomigliare alla vecchia Iri entrando in società che non hanno bilanci sani (come Ilva o Telecom) o che non sono strategiche riesumando così la deleteria logica dello Stato imprenditore.

Guerra ha cercato di giustificarsi sostenendo che “il Governo non ha alcuna volontà o desiderio di cambiare la missione della Cassa depositi e prestiti” ma poi ha aggiunto che “è importante che la Cassa abbia un nuovo progetto, un nuovo programma all’interno della sua missione, del suo Statuto con più proattività, incisività e in orizzonte di lungo periodo”.

L’ex numero uno di Luxottica ha anche liquidato come “fantasioso” il progetto attribuito a lui e al Governo di aver provocato il ribaltone in Cdp per prendere il controllo di Telecom ma ha aggiunto che la Cdp può avere per Statuto “degli investimenti in aziende strategiche”. Ma il punto è proprio questo: strategica, ossia non replicabile, è sicuramente la rete Telecom ma non tutta la Telecom che, oltre alla rete comprende servizi che in Italia sono stati liberalizzati da tempo e sono oggetto di competizione con Vodafone, Wind, 3G e Fastweb. La rete Telecom va messa in sicurezza ma non c’è ragione che i soldi del risparmio postale degli italiani siano usati per comprare una quota di Telecom. Su questo non sono ammesse ambiguità.

Ma la rocambolesca vicenda Cdp segnala un altro aspetto della gestione Renzi che non può più essere sottovalutato. Lasciamo perdere le polemiche infantili sull’uomo solo al comando: è giustissimo che in un partito come in un Governo ci sia una guida unica di forte personalità come Renzi che si assume tutte le responsabilità politiche, specialmente in un momento in cui dal Presidente del Consiglio non ci si aspetta l’ordinaria amministrazione ma un’azione di grande cambiamento e di forte modernizzazione del Paese.

Renzi è stato finora l’unico premier in grado di sfatare ogni tabù e di aprire con coraggio il cantiere delle riforme troppo a lungo invocate ma mai realizzate. Ma un’opera del genere, che da sola basterebbe a far tremare i polsi a chiunque, avrebbe bisogno della saggezza e della professionalità di una squadra all’altezza del premier. Purtroppo non c’è chi non veda la debolezza di troppi ministri (dalla Guidi alla Giannini e alla Madia non ce n’è una di queste tre che meriti la sufficienza) e, dopo l’operazione Cdp, anche di molti consiglieri. Ed è ora che il premier se ne renda conto e cambi decisamente marcia: alla semplice fedeltà anteponga la sicura competenza. Fare le riforme è già tanto difficile e degli autogol non si sente il bisogno.

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