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Caro spread quanto mi costi?

Dal BLOG ADVISE ONLY – Lo spread è tornato alla ribalta, con i suoi andamenti altalenanti dovuti alle convulse ultime settimane della nostra politica. Ma che effetti può avere un suo ipotetico aumento vertiginoso sulla nostra economia reale?

Caro spread quanto mi costi?

L’altalena dello spread ha riacceso i riflettori sull’Italia, ma al momento il rischio Italia ci sembra gestibile. Questo perché il Belpaese è strutturalmente più solido rispetto al 2011. Lo spread, in ogni caso, non è una fantasia dei giornali, bensì una “tassa sul sistema Italia”, come ha detto il presidente dell’ABI Antonio Patuelli.

Ma di quali cifre stiamo parlando? Abbiamo cercato di quantificare l’impatto di un aumento di 100 punti base dello spread Btp-Bund su diversi ambiti della nostra economia. Ecco qualche numero da tenere a mente per avere il polso della situazione.

DEBITO PUBBLICO

Quando cresce lo spread, dato dalla differenza tra il rendimento del BTP decennale e il Bund tedesco di pari durata, significa quasi sempre che è salito il rendimento del BTP. Quando aumentano i rendimenti del BTP, le nuove emissioni di debito pagano dei rendimenti più alti e per lo Stato significa indebitarsi ad un costo più alto. Stando ai dati raccolti dal Sole24Ore, l’Ufficio Parlamentare di Bilancio stima che uno shock di 100 punti base (cioè 1%) ai rendimenti italiani potrebbe costare circa 4,5 miliardi di euro in più nel 2019. Attualmente, l’aumento dei rendimenti si è concentrato sulla parte della curva compresa tra i 3 e i 7 anni con una shock medio di 108 punti base. Se i rendimenti obbligazionari dovessero rimanere su questi livelli per tutto l’anno, il costo di 4,5 miliardi potrebbe diventare realtà.

BANCHE, ASSICURAZIONI E RATIOS PATRIMONIALI

L’aumento dei rendimenti dei titoli obbligazionari si riflette sulle banche in almeno due modi: una svalutazione dell’attivo e una riduzione del ratio patrimoniale Common Equity Tier 1 (CET 1). Secondo i calcoli di Equita Sim, un aumento dello spread di 100 punti base comporta una perdita complessiva nel portafoglio delle prime 10 banche italiane pari a circa 3,48 miliardi di euro in termini di valore dei titoli di Stato. La perdita di valore delle obbligazioni impatta negativamente i CET 1 di 37 punti base.

Uno studio di Credit Suisse offre qualche dettaglio in più: un aumento dello spread tra BTP e Bund di 100 punti base ridurrebbe in media il CET 1 di 95 punti base.

Oltre alle banche, ci sono le assicurazioni, che detengono una fetta importante del nostro debito. Secondo una tabella apparsa sul Sole24Ore (sabato 9 giugno), i principali istituti assicurativi europei stimano che un aumento di 100 punti base dello spread tra il BTP e il Bund possa costare mediamente circa 23 punti percentuali in termini di solidità patrimoniale (Regulatory Solvency Ratio). Non proprio una passeggiata di salute.

PRESTITI PER IMPRESE E FAMIGLIE

Quando sui mercati sale la tensione e i ratio patrimoniali delle banche peggiorano, diventa più complicato erogare credito alle famiglie e alle imprese. Tuttavia, i tempi di reazione dei processi decisionali che incidono sull’erogazione del credito sono ben più lunghi di quelli del mercato. Anche perché gli istituti oltre al costo di approvvigionamento del capitale tengono conto di altri fattori, come il contesto internazionale, la situazione corrente della tesoreria e il contesto competitivo.

Perciò è presto per capire se e come le banche trasferiranno sui clienti l’aumento del costo del denaro: al momento le ripercussioni sui tassi Euribor e Euris (che sono i tassi di riferimento per i mutui a tasso variabile e fisso) sono state decisamente morbide rispetto all’aumento dei tassi sulle obbligazioni governative.

A titolo di esempio, riporto una “vecchia” stima di Crif Decision Solutions: a causa dell’aumento dello spread nel 2011 le imprese italiane hanno subìto una crescita del costo del debito a breve termine di circa 80 punti base, più o meno 15 miliardi di euro di oneri finanziari in più.

Come abbiamo detto all’inizio, oggi l’Italia non è nelle condizioni del 2011. Tuttavia viviamo in un sistema complesso e interconnesso: non si può pensare che investitori, risparmiatori, banche, imprese e famiglie siano soggetti separati da compartimenti stagni. Semplicemente, non è così: i diversi ambiti si influenzano a vicenda, quindi è tutt’altro che improbabile che un aumento dello spread finisca per riflettersi, in un modo o nell’altro, anche su imprese e famiglie.

Fonte: AdviseOnly

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