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Caravaggio, al Museo di Capodimonte dopo 15 anni

Da aprile a luglio 2019, una rassegna su uno degli artisti più importanti che hanno operato in Italia tra il Cinquecento e il Seicento animerà uno dei più grandi musei di Napoli e da cui mancava dal 2004

Caravaggio, al Museo di Capodimonte dopo 15 anni

Al Museo di Capodimonte a Napoli non si vedeva una rassegna su Caravaggio dal 2004. Dal prossimo aprile e per la durata di tre mesi, la mostra “Caravaggio a Napoli” nata per approfondire il periodo napoletano di Caravaggio, quello più intenso della sua produzione artistica, ha l’obiettivo di mostrare e far capire il contesto in cui il pittore ha lavorato, le sue frequentazioni, il successo di un artista amato e maledetto che a Napoli trovò il fermento giusto per produrre i suoi capolavori.

Secondo il direttore del museo, Sylvain Bellenger, l’obiettivo della mostra su Caravaggio non è tanto quello di puntare i riflettori sul suo museo e di avvicinare un certo numero di visitatori, ma quello di “studiare i 18 mesi di Caravaggio a Napoli e il suo effetto sulla scuola pittorica napoletana. Seguirà un percorso attraverso la città: i luoghi dove il pittore è vissuto e che ha frequentato, quello del suo studio, quello che l’ha accolto quando è arrivato come un rifugiato in un paese nuovo con leggi diverse. L’ultima mostra su Caravaggio a Napoli è stata nel 2004, in questi 15 anni ci sono state tante novità e anche la nostra visione di Caravaggio è cambiata: a quella incentrata sulle prostitute e i ragazzi di Roma ora si preferisce quella del dramma che segue l’episodio dell’assassinio in duello da parte del Merisi di Ranuccio Tomassoni”.

Il pittore visse nella città partenopea in due distinti periodi che rappresentarono un profondo cambiamento nella sua arte: nel primo periodo napoletano – alla fine del 1606 – Caravaggio ha dipinto la Giuditta che decapita Oloferne (1607), oggi scomparsa; una prima versione della Flagellazione di Cristo (1607), conservata presso il Musée des Beaux-Arts di Rouen; la Salomè con la testa del Battista (1607), alla National Gallery di Londra; la prima versione di Davide con la testa di Golia(1607), che si trova al Kunsthistorisches Museum di Vienna; la Crocifissione di sant’Andrea (1607), presso il Cleveland Museum of Art e infine, la Madonna del Rosario (1606-1607). Di tutta questa prolifica produzione artistica a Napoli sono rimasti solo due dipinti: Il primo è il suggestivo Sette opere di Misericordia (1606-1607), uno dei lavori più importanti del Caravaggio e una seconda versione della Flagellazione di Cristo.

Alla fine dell’estate del 1609 Caravaggio tornò a Napoli e questa seconda fase creativa partenopea è ricostruita dagli storici seguendo molte congetture: dipinse sicuramente il San Giovanni Battista disteso (1610) appartenente a una collezione privata a Monaco di Baviera, la Negazione di san Pietro, il San Giovanni Battista e il Davide con la testa di Golia, quest’ultimo molto importante dal punto di vista storiografico in quanto raffigurante un autoritratto del Caravaggio nella testa mozzata, sorte dalla quale il Merisi tentava da anni di fuggire.

Ancora al periodo di Napoli sono da attribuire i due quadri con medesimo soggetto: la Salomè con la testa del Battista, che il pittore avrebbe dovuto recapitare ai Cavalieri dell’Ordine, e la Salomè con la testa del Battista a Madrid, cominciata durante il primo periodo napoletano. Ancora, furono dipinte tre tele per la chiesa di Sant’Anna dei Lombardi di Napoli, il San Francesco che riceve le Stimmate, il San Francesco in meditazione e una Resurrezione (quest’ultima nota oggi attraverso una copia di Louis Finson ad Aix en Provence), tutte perdute durante il terremoto del 1805 che causò il crollo di una parte dell’edificio.

Nel 1610 dipinse il Martirio di sant’Orsola per Marcantonio Doria – oggi conservato nel palazzo Zevallos di Napoli – e che è considerato l’ultimo dipinto di Caravaggio.

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