Tra le verdi campagne di Selargius, a pochi passi da Cagliari, cresce una pianta che rappresenta una sfida silenziosa contro la speculazione edilizia e l’abbandono delle terre agricole. Si tratta del cappero di Selargius, recentemente riconosciuto come Presidio Slow Food. Un piccolo miracolo della natura che, con i suoi boccioli piccoli e più “vuoti” rispetto alle varietà più comuni, non è solo un simbolo di resilienza, ma anche di un’economia sostenibile che ha radici antiche e moderne.
Selargius e la sfida alla speculazione
Il cappero di Selargius ha origini antiche che risalgono al XIX secolo, quando Domenico Dentoni, un genovese che divenne sindaco di Selargius, introdusse la coltivazione di questo particolare cappero nella zona. Nel tempo, le piante hanno guadagnato una reputazione per la loro qualità e le caratteristiche distintive rispetto ad altre varietà, diventando un prodotto ricercato nelle terre della Sardegna.
Tuttavia, l’arrivo di varietà di cappero più grandi e facili da raccogliere ha messo in ombra quelle locali, più piccole e difficili da trattare. La raccolta manuale e laboriosa, unita alla scarsa remunerazione, ha contribuito a far cadere nel dimenticatoio questa tradizione. Inoltre, la crescente urbanizzazione ha messo a rischio le coltivazioni storiche: il terreno agricolo, un tempo prezioso, è stato progressivamente valutato più per il suo potenziale edilizio che per quello agricolo. In questo contesto di crescente speculazione edilizia, il cappero di Selargius è stato riscoperto grazie al lavoro instancabile di alcuni produttori locali, tra cui Marco Maxia ed Enrico Dentoni. Nel 2024, il cappero di Selargius è diventato un Presidio Slow Food, un passo fondamentale per proteggerlo dalla speculazione e garantirne la valorizzazione.
Il cappero di Selargius: una varietà unica
A differenza di altre varietà di cappero, il cappero di Selargius si distingue per il suo portamento eretto. Questa pianta, che può raggiungere anche il metro e mezzo di altezza, non si arrampica come altre varietà, ma cresce come un piccolo alberello che sfida orgogliosamente il clima caldo e arido della Sardegna. Le sue foglie sono piccole e dense, e i suoi boccioli, più leggeri e più “vuoti” rispetto ad altri capperi, sono perfetti per la salagione e la conservazione.
Il cappero di Selargius si raccoglie rigorosamente a mano, nei primi giorni estivi, quando i frutti sono ancora sodi e freschi. In alcuni casi, la raccolta avviene anche di notte, quando la frescura della luna rende i capperi meno morbidi. Il lavoro del raccolto è meticoloso, ma è essenziale per garantire che solo i capperi migliori vengano selezionati.
Nonostante le difficoltà, la coltivazione del cappero di Selargius ha resistito nel tempo. Alcuni esemplari sono così vecchi da avere più di 100 anni e sono stati rimessi in produzione grazie al lavoro instancabile di produttori locali. È proprio questa passione per il recupero delle tradizioni agricole che ha permesso di contrastare l’abbandono dei terreni e la speculazione edilizia che minaccia la zona.
Come si cucina il cappero di Selargius
Il cappero di Selargius è un ingrediente versatile che può essere utilizzato in tanti piatti tipici della cucina sarda. Può essere conservato sotto sale, sott’olio o sotto aceto, e viene spesso utilizzato come condimento per piatti di carne, pesce, verdure e insalate fresche. Un piatto tradizionale che lo vede protagonista è il conillu a succhittu, un piatto a base di coniglio marinato in aceto o malvasia, cotto con aglio, cipolle, pomodoro secco, olive e, ovviamente, capperi sott’aceto.
Ma non è solo la cucina tradizionale a beneficiare di questo cappero: grazie alla sua leggerezza, il cappero di Selargius è ideale anche per piatti più moderni, come sughi freschi per la pasta, insalate o piatti di pesce. La sua qualità superiore e la sua freschezza lo rendono un ingrediente versatile che conquista anche i palati più esigenti.