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Canelin, il numero uno dei torroni, sempre lo stesso da 70 anni in qua

E di Visone in provincia di Alessandria. Lo lavora personalmente un artigiano novantenne che iniziò a farlo nel 1948 con una ricetta segreta del bisnonno. Il primo a scoprirlo fu Veronelli. Da allora nulla è cambiato neanche i macchinari.

Canelin, il numero uno dei torroni, sempre lo stesso da 70 anni in qua

E’ come se il tempo si fosse fermato, a Visone, un punto quasi impercettibile sulla carta geografica, che segna il Comune in provincia di Alessandria abitato da poco meno di 1200 abitanti.

In un anonimo palazzetto a due piani di Via Acqui, si apre un portone dal legno consunto sotto un’insegna datata, molto semplice, con scritto Canelin.

Dal 1948, sono trascorsi 72 anni, tutte le mattine all’alba, quel portone viene varcato da Giovanni Verdese, oggi novantenne, che ha dedicato la sua vita alla realizzazione di un torrone, unico, inimitabile, prodotto in minima quantità, perché lavorato a mano personalmente, con l’orgoglio di conservare in vita una tradizione che aveva appreso da suo nonno Paolo Porta che a sua volta l’aveva ereditata dal bisnonno di nome Canelin che a Visone aveva aperto un piccolo laboratorio di dolcezze.

Il primo a scoprirlo fu il grande Veronelli che rimase impressionato dalla bontà del Torrone Canelin, poi venne anche Vissani, poi tanti altri estimatori che all’inizio si passavano l’informazione del torrone di Verdese come un segreto da custodire e preservare.

Il segreto appunto. Cosa si cela dietro questo torrone considerato il più buono al mondo?

Se lo chiedete a Verdese, un tipo taciturno, timidamente gentile, le cui rughe denunciano una lunga vita di lavoro, chino sui banconi a rigirare l’impasto dei terroni vi risponde in modo disarmante: nocciole tonde gentili di Langa, miele del posto, zucchero e albumi.

Tutto qui? E’ come farsi questa domanda davanti al cerchio di Giotto, o alla Colomba della pace di Picasso. La grandezza è nell’essenzialità frutto però di tanto sapere e conoscenza. E di tanto tempo.

Perché Verdese sa che il tempo è sacro nella preparazione del torrone quanto le pregiate materie prime.

Ed eccolo da settant’anni a questa parte arrivare nel suo laboratorio alle 6 del mattino dove le sue mani piene di calli cominciano a selezionare con anticipo gli ingredienti: le nocciole che non sono tutte eguali e quindi vanno scelte e che controlla maniacalmente durante la tostatura, il miele millefiori che deve avere una giusta proporzione di dolcezza per dare un giusto equilibrio al torrone in modo che in bocca non annulli gli altri sapori, gli albumi d’uovo, ovviamente freschissimi e di prima qualità certificata.

E poi viene il tempo della cottura che richiede più di sei ore di attenzione e interventi costanti perché il torrone arrivi alla giusta consistenza, tostatura e concatura utilizzando sempre gli stessi macchinari. Un tempo che da settant’anni a questa parte non è mai uguale, perché dipende dall’umidità dell’aria, da come varia durante le stagioni la consistenza delle materie prime. E poi c’è il segreto ereditato dal bisnonno e poi dal nonno che non ha mai rivelato ad alcuno.

Infine il taglio del torrone versato ancora tiepido sul tavolo di marmo per decidere le varie pezzature, dove rimarrà tutta la notte a raffreddarsi per essere confezionato l’indomani mattina.

Alto non più di due centimetri il Canelin di Giovanni Verdese è qualcosa di incredibile, resta friabile al taglio e in bocca, non si attacca ai denti per viscosità, non invade il gusto con toni solluccherosi ma si fa leggere in tutte le sue componenti, nel gusto leggermente amarognolo delle nocciole, nei tenui rimandi olfattivi melliferi.

Un torrone pluripremiato ma questo non smuove più di tanto il signor Verdese, troppo preso da una vita a fare il suo torrone che non si confonde con nessun altro: è Canelin e basta.

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