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Calcio, perché ripartire e perché no

Continua infuocato il dibattito sulla ripresa della Serie A: il ministro Spadafora ha confermato al Senato la necessità di farlo “in sicurezza”, mentre la Lega (che ha fissato l’ipotetica ripresa al 13 giugno) va allo scontro con Sky per il pagamento dell’ultima rata dei diritti tv. Il dilemma tra salute e sopravvivenza economica.

Calcio, perché ripartire e perché no

Mentre l’Italia esce progressivamente dal lockdown, con tutte le cautele del caso e con la prospettiva di una crisi economica senza precedenti, un grande dilemma sta accompagnando il dibattito pubblico in queste settimane: il calcio, e più in generale lo sport, deve ripartire o no? Va per forza di cose portata a termine la stagione di Serie A, come piacerebbe a alla Lega Serie A (che ha fissato l’ipotetica ripresa al 13 giugno) e a molti tifosi, che sia per portare a casa un trofeo o per riassaporare davvero il ritorno alla normalità (cosa scandisce le vite di milioni di italiani se non il pallone?), o è invece meglio rassegnarsi all’idea di chiuderla qui, ipotizzando al massimo di giocare le coppe europee ad agosto, come vorrebbe la Uefa, per poi ricominciare sul serio e in sicurezza in autunno?

“Sulla riapertura del campionato: se riprenderà sarà perché arriveremo a una successione ordinata di protocolli che garantiranno la sicurezza per tutto e per tutti”, ha detto il ministro dello Sport Vincenzo Spadafora nell’informativa al Senato di mercoledì, ribadendo peraltro una posizione già nota: per ora non se ne parla e non è possibile stabilire oggi se e quando si potranno giocare le ultime 12 giornate di campionato ed eventualmente anche la Coppa Italia. L’unica certezza è che, se ripresa sarà, sarà in ogni caso a porte chiuse, e già questo non va a genio a tifosi, abbonati e in generale ai “romantici” dello sport, quelli per cui uno spettacolo senza pubblico perde gran parte del suo significato.

L’importante però è la salute, lo sappiamo tutti e lo ammettono anche gli stessi presidenti. Pure quelli che insistono per giocare, come il numero uno della Lazio (seconda ad 1 punto dalla Juve, con la possibilità di giocarsi il titolo) Claudio Lotito, che ritiene che le condizioni ci siano: “Il Comitato Tecnico Scientifico – ha detto – non ha voluto sentire la voce del medico del calcio che vive sul campo e non vive dietro una scrivania. Vive dove non c’è la scienza pura ma, c’è la evidence based medicine, che cammina parallela a quella scientifica. La medicina non è una scienza; la medicina è un’arte. Per essere un artista purtroppo non basta la laurea. Altrimenti troveremmo tutto sui libri. Il Coronavirus sta morendo? Secondo me sì”.

Al di là degli interessi (e delle interpretazioni) di parte, cosa conviene fare? Da un lato come detto c’è l’esigenza primaria di tutelare la salute di tutti, anche degli stessi calciatori (mentre scriviamo, ci sono ancora dei positivi e in Francia un giocatore è finito in coma), i quali peraltro sono i primi ad esprimere delle perplessità. Dall’altro lato però l’insistenza per tornare in campo non è solo un capriccio di tale club che dovrà rinunciare a tale trofeo o a tale obiettivo. E’ una questione di sopravvivenza: il 2 maggio è scaduta la rata bimestrale da 225 milioni di euro in diritti televisivi. La quota maggiore è di Sky, seguita da Dazn e da Img. Sky è anche il broadcaster schierato sulla linea di massima intransigenza: ha deciso di non pagare la sua parte, andando allo scontro la Lega di Serie A. La tv satellitare ha firmato per 266 partite su 380, e pretende che vengano giocate tutte e 266.

I soldi che verrebbero a mancare sono vitali per quasi tutti i club, escluse le super potenze come Juventus, Inter e lo stesso Milan, pur inguaiato nella sua ricostruzione tecnica. Per tutti gli altri (per non parlare della Serie B e delle Lega Pro, dove si preannunciano decine di fallimenti) il rischio del collasso o di un drastico ridimensionamento è reale. Ecco perché, nonostante alcune squadre fermando tutto si salverebbero anzitempo dalla retrocessione, quando si è trattato di votare per la ripresa, il sì ha vinto all’unanimità: venti su venti. Anche la retrocessione dunque, per qualcuno, è meglio del fallimento. In alternativa si sono discusse ipotesi di chiudere in fretta con un minitorneo di playoff, ma le televisioni nemmeno in questo caso pagherebbero.

Per accontentare le piccole squadre si è infine pensato a un blocco delle retrocessioni con allargamento della Serie A 22 solo per la stagione prossima, mentre le federazioni europea (Uefa) e internazionale (Fifa) hanno detto chiaro che se il campionato non può concludersi entro il 2 agosto, quando si dovrebbero completare le coppe europee in corso e bisognerà formalizzare la lista dei partecipanti alle prossime, avrà valore l’ultima classifica disponibile, in omaggio alla prevalenza del merito sportivo. Con buona pace di Lotito e dei “ripartisti”.

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