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Caffè, l’uomo che sorrideva solo dietro una cattedra: dopo 25 anni la scomparsa resta un mistero

Daniele Archibugi, uno degli allievi prediletti di Caffè, rievoca l’angoscia dei suoi cari e dei suoi amici nei giorni della scomparsa – Due le ipotesi alla base del mistero: o il suicidio o il ritiro in qualche convento – Qualcuno lo aiutò ma dalle indagini non risultò alcuna traccia – Trai i suoi allievi due Governatori: Mario Draghi e Ignazio Visco.

Caffè, l’uomo che sorrideva solo dietro una cattedra: dopo 25 anni la scomparsa resta un mistero

Non fu un vero e proprio scandalo. Non ci fu sangue, nè un riscatto. Il mistero che ruota intorno alla figura di Federico Caffè continua a emozionare ma con profonda dignità. Professore di economia che all’università ha dedicato tutta la vita, la sua famiglia erano i propri allievi e non aveva altri hobby se non la musica e la lettura solitaria. Caffè non ha sopportato la fine della propria carriera e con umiltà e riservetazza, in punta di piedi, il 15 aprile di 25 anni fa, a 73 anni, ha deciso che la figura del professore era quella che doveva rimanere di lui.

Daniele Archibugi, dirigente del Centro nazionale di Ricerca (Cnr), figlio di un caro amico di Caffé e tra i suoi allievi prediletti, faceva parte di quel gruppo di intimi che appresero per primi la notizia della sua scomparsa e per 5 giorni lo cercarono in ogni angolo della capitale nella speranza di ritrovarlo. Solo domenica 20 aprile 1987 Archibugi si recò all’Ansa per dare la notizia all’opinione pubblica. Da allora si è scritto di tutto, a volte infangando la figura del professore, che soffriva da qualche mese di una forte depressione e di cui in molti sospettano il suicidio.

Portato a rivivere quei momenti, l’ex allievo di Caffè vede nel mistero del proprio maestro un’elegante uscita di scena. “Preferisco ricordare Federico con il sorriso che aveva quando insegnava. Solo quando era dietro la cattedra era veramente lui: un uomo eccezionale, di una sensibilità estrema e in grado di far sentire a proprio agio gente di ogni classe sociale”. Sempre attento alle disparità con le fasce più povere della popolazione, tra i primi economisti a diffondere il pensiero di Keynes in Italia, Caffè è stato anche docente del presidente della Banca centrale europea Mario Draghi e del governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco. “Di Draghi aveva una grande stima, diceva ‘Draghi è un Drago’ quando aveva solo 29 anni. Tutti i suoi allievi lo ricordano con piacere. Era il maestro che chiunque vorrebbe avere.”

FIRSTonline – Professore, cosa ricorda di quel mercoledì 15 aprile 1987?

Archibugi – L’angoscia di non sapere come agire. Insieme ad altri pochi allievi di Federico e ai suoi nipoti siamo stati assaliti dal dilemma di come comportarci nei confronti dell’opinione pubblica. Se avessimo divulgato la notizia lo avrebbero cercato in molti. Ma dall’altra parte sarebbe stato più difficile poi nascondere i suoi problemi di salute e, nel caso l’avessimo ritrovato, reintegrarlo nella società. Inoltre, se come sospettavamo, stesse tentando il suicidio, c’era il rischio che per l’ansia di essere trovato cercasse la morte il prima possibile. Così all’inizio lo comunicammo solamente alla Polizia.

FIRSTonline – Ma alla fine siete stati costretti a dare la notizia alla stampa.

Archibugi – Sì e i giornalisti – razza dannata – hanno sempre cercato lo scandalo. Già quando Marco Ruffolo, allievo anche lui di Caffé, scrisse su Repubblica il primo articolo gli chiesero di drammatizzarlo. E da allora sulle ragioni della scomparsa di Caffè si scrisse qualsiasi cosa fino a scendere nel ridicolo. Io preferisco mantenere un’aurea di mistero e raccontare la sua straordinaria persona.

FIRSTonline – Ma lei si sarà fatto un’ipotesi sulla vicenda. 

Archibugi – Non so se voglio farmene una. Penso però che le ipotesi siano fondamentalmente due. La più tragica è che si sia tolto la vita. Oppure può avere trovato rifugio in un convento o in qualche comunità nascosta. Ad ogni modo qualcuno deve averlo aiutato. E’ difficile nascondere il proprio corpo da morti, se si fosse suicidato si sarebbe dovuto trovare il cadavere, ed è più facile che una persona ti aiuti a sparire dalla società che a levarti la vita. Nel caso del ritiro in una comunità, avevo uno zio Canonico di San Pietro che ci aiutò a verificare se non si fosse introdotto in qualche convento. Abbiamo fatto moltissime indagini ma non ci hanno portato a nulla.

FIRSTonline – Chi potrebbe averlo aiutato?

Archibugi – Caffé era molto riservato, introverso, chiuso in se stesso. La sua fisionomia ne era lo specchio: di bassa statura, minuto e con le spalle chiuse segno di un leggero imbarazzo. Con gli amici aveva relazioni binarie, a due a due. Quindi è possibile che ci sia sfuggita una persona con la quale intrattenesse un rapporto particolare e che l’abbia aiutato nella sua fuga. Ma ormai Federico avrebbe 98 anni. E’ abbastanza improbabile che sia ancora vivo. Mi chiedo se abbiamo davvero bisogno di interrogarci sulla sua fine. Non sarebbe forse il caso di accettare che la sua scomparsa rimarrà sempre un mistero e togliersi tanto di cappello perché è riusciuto a fare quello che preferiva fare?

FIRSTonline – Come le piace ricordarlo? Qual è stata la principale eredità che ci ha lasciato il maestro Caffè?

Archibugi – Mi piace immaginarlo quando insegnava. Solo, dietro una cattedra si trasformava. I muscoli del viso si scioglievano in un leggero sorriso, segno della spiccata autoironia che lo caratterizzava; le spalle si aprivano nella ritrovata fiducia in se stesso. Piegava una gamba sulla sedia e vi si siedeva sopra, aggiungendo quei 3-4 cm in più alla sua piccola statura che gli davano la forza e lo facevano sentire a suo agio. Mi piace ricordarmelo così, con il sorriso che aveva quando interloquiva con gli studenti. Perché loro non lo sapevano, ma era più lui ad avere bisogno dei suoi allievi che il contrario.

FIRSTonline – Era il professore che tutti gli studenti vorrebbero avere. Tra i suoi allievi spiccano per notorietà Mario Draghi e Ignazio Visco. Cosa direbbe il professore della politica economica messa in atto dal suo pupillo?

Archibugi – Il cuore di Federico ha sempre battuto a sinistra, probabilmente sarebbe più favorevole a una politica monetaria più espansiva. Ma io conosco bene Mario Draghi e posso dire che, a livello umano, entrambi presentano due caratteristiche molto simili: la riservatezza personale e l’affabilità umana nei confronti di chiunque, indipendentemente dalla loro posizione sociale. Draghi come Caffé è una persona estramente sensibile. Ma Federico è sempre stato più concentrato sugli altri che su stesso. Aveva un’enorme capacità maieutica, e come il Socrate di una lunga schiera di discepoli lo voglio ricordare.

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