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Borse in ribasso: pesa la frenata del petrolio

Quasi tutti in rosso i listini azionari, sia in Europa che in America – Piazza Affari difende quota 27 mila ma lascia sul terreno lo 0,6%: Eni e Tenaris ma anche Bper e Recordati tra i titoli più penalizzati – In controtendenza le utility con Hera sugli scudi

Borse in ribasso: pesa la frenata del petrolio

Dopo una serie di sedute contrastate i listini europei si allineano al ribasso e chiudono gli scambi di oggi in calo frazionale, innervositi dalle vendite sul petrolio e dall’incremento dei contagi da nuovo coronavirus. Una situazione che potrebbe pesare sulla ripresa e sull’effervescente economia natalizia. 

Piazza Affari perde lo 0,59% e scende 27.661 punti, zavorrata dalle vendite su titoli oil come Tenaris (-2,82%) ed Eni (-1,29%), da qualche presa di profitto su titoli come Buzzi (-2,37%) e Recordati (-1,89%), dalla performance negativa delle banche, a partire da Bper (-2,51%), Banco Bpm (-1,24%), Unicredit (-1,07%). 

Mediobanca però si apprezza dello 0,14%, sulle voci che Leonardo Del Vecchio stia valutando di chiedere l’ok alla Bce per salire oltre il 20% del capitale. Cnh, dopo aver compiuto un’inversione a U, si ferma in calo dell’1,19%. In giornata sono emersi alcuni dettagli sui tempi dello scorporo della controllata Iveco: la scissione sarà effettiva dal primo di gennaio 2022 e il debutto in borsa del nuovo gruppo è previsto il 3 gennaio 2022, prima seduta del nuovo anno.

Segno più per titoli difensivi come le utility: Hera +1,65%; Italgas +1,43%. Rialzano la testa Diasorin +0,41% e Amplifon +0,71%, dopo le recenti perdite. Bene Poste +0,41% e Azimut +0,19%.

La seduta risulta positiva per l’obbligazionario. Lo spread tra Btp decennale e Bund di pari durata chiude a 120 punti base, con i tassi che scendono rispettivamente a +0,89% e -0,31%.

Nel resto d’Europa: Francoforte -0,18%; Parigi -0,21%; Amsterdam -0,3%; Londra -0,49%. In maglia nera Madrid, -1,06%, dove si fa sentire il tonfo di Bbva (-6%).

Il clima è nuvoloso-variabile a Wall Street, cauta in avvio, poi negativa e ora contrastata. Il Dow Jones è in rosso e appare particolarmente penalizzato dal crollo di Cisco, a seguito di una trimestrale sotto le attese. Corre invece il produttore di chip Nvidia sul Nasdaq (in lieve progresso). Arretra la cinese Alibaba che prevede una crescita dei ricavi annui al ritmo più lento dal debutto in borsa nel 2014 e mostra risultati del secondo trimestre inferiori alle aspettative a causa del rallentamento dei consumi nel paese e della maggiore attenzione da parte delle autorità.

Sono in chiaroscuro anche i dati macro a stelle e strisce. Le richieste di sussidi per la disoccupazione nella settimana terminata il 13 di novembre sono scese di mille unità a 268mila, risultando peggiori delle attese. È superiore alle stime invece l’indice manifatturiero della Fed di Philadelphia a novembre: 39 punti dai 23,8 di ottobre e i 23 preventivati. Brilla infine il superindice dell’economia statunitense (LEI), redatto dal gruppo di ricerca privato Conference Board, cresciuto a ottobre dello 0,9% a 118,3 punti, dopo il +0,1% di settembre (rivisto dall’iniziale +0,2%). Le attese erano per un rialzo dello 0,7%.

Sul mercato valutario il dollaro arretra, dopo la lunga corsa. L’euro cambia in recupero dello 0,3% circa contro il biglietto verde intorno a 1,1355.

Da segnalare che la lira turca cede circa il 5%, dopo aver toccato un nuovo minimo storico contro dollaro quando la Banca centrale per il terzo mese consecutivo ha tagliato i tassi di interesse portandoli dal 16% al 15% a fronte di un’inflazione che si aggira attorno al 20% annuo. Una mossa voluta dal presidente del paese Erdogan e che pesa sulla credibilità dell’istituto centrale turco. Il rendimento dei titoli di Stato a 10 anni è balzato di 57 punti base al 20,44%.

Tra le materie prime il petrolio è piuttosto volatile, ma la tendenza appare quella di un parziale recupero dopo le perdite della vigilia. Il Brent tratta intorno a 80,70 dollari, +0,5%; il Wti è intorno a 78,12 dollari al barile. A favorire un mini fuga dall’oro nero è stato l’ufficio cinese preposto alle riserve di Stato che sta lavorando al rilascio delle riserve di petrolio, come ha scritto in una nota senza però fornire dettagli. La decisione è arrivata dopo che gli Usa, per la prima volta, hanno sollecitato Pechino a prendere parte a un’azione coordinata per raffreddare i prezzi. La Cina è il primo importatore di greggio al mondo.

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