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Borsa: giornata contrastata ma Milano chiude positiva. Giù il petrolio, i tassi spingono le banche

Gli spiragli di trattativa sostengono i mercati che restano però incerti. A Milano exploit Generali e Saipem. Il Covid in Cina frena il petrolio, il gas torna a salire

Borsa: giornata contrastata ma Milano chiude positiva. Giù il petrolio, i tassi spingono le banche

Si affievolisce il buon umore dei listini europei, dopo l’avvio contrastato di Wall Street e anche in Europa la chiusura è mista.

Piazza Affari è tra le migliori e si apprezza dello 0,63%, a 24.712 punti base, dopo aver superato nel corso degli scambi quota 25mila, come non accadeva dall’avvio dell’”operazione speciale” della Russia in Ucraina.

Bene Francoforte +0,79%, Parigi +0,54% e Madrid +0,7%. Sono in calo Londra -0,17% e Amsterdam -0,49%. La peggiore è Mosca, -2,15%, che ha ripreso le contrattazioni con tutte le 50 blue chip.

Alla buona intonazione dei titoli finanziari, sostenuti dalla prospettiva di un rialzo dei tassi negli Usa e in Europa, fa da contraltare la debolezza dei titoli petroliferi a causa della retromarcia del greggio, allarmato dal lockdown di Shangai per fermare il Covid.

Pesa anche il braccio di ferro con il Cremlino sul pagamento del gas in rubli, mentre i boati della guerra risuonano sullo sfondo, come atroce colonna sonora al periodo. Intanto riprendono i colloqui a Istanbul nella speranza di pace.

Debole Wall Street

Sembra indebolirsi Wall Street con il passare delle ore. Il Dow Jones è in perdita dello 0,7% circa e il Nasdaq, intonato in avvio, al momento si muove in rosso. Tra i titoli in evidenza sale del 7% Tesla, che si è detta pronta a lanciare un nuovo split azionario per pagare i dividendi ai suoi azionisti, mentre Apple cede lo 0,6%, dopo che l’agenzia Nikkei ha scritto che la società di Cupertino prevede, nel prossimo trimestre, di produrre circa il 20% in meno di iPhone SE, rispetto a quanto inizialmente previsto, a causa di una domanda debole.

A Piazza Affari riflettori su Telecom e Generali

Nonostante il calo del greggio, rimonta il titolo Saipem +6,79%, che da inizio anno ha perso circa il 40% e venerdì ha lasciato sul campo il 2,5%, dopo la presentazione del piano al 2025, della manovra finanziaria da 2 miliardi di euro e dei conti 2021, con perdite per quasi 2,5 miliardi.

A calamitare l’attenzione degli investitori sono stati poi due titoli al centro di molti interessi. In primo luogo Generali +3,71%, oggetto di una sfida tra Mediobanca e Francesco Gaetano Caltagirone per il controllo della società. Si tratta della prima compagnia assicurativa italiana, è bene ricordarlo, e uno dei maggiori custodi del debito pubblico nostrano, che ha in portafoglio 63 miliardi di euro di Btp.

Oggi il cda del Leone triestino ha deciso di interrompere con effetto immediato il rapporto di lavoro con Luciano Cirinà, candidato ceo della lista presentata da Caltagirone in contrapposizione a quella del board uscente che prevede la conferma di Philippe Donnet. “La decisione è motivata dalla violazione degli obblighi di lealtà e dalla grave violazione di altri obblighi previsti dal contratto di lavoro”, si legge in una nota di Generali.

Nella parte alta del listino è anche Telecom +1,38% che, su richiesta della Consob, ha confermato che proseguono le interlocuzioni con KKR, mentre il fondo CVC ha presentato una proposta non vincolante, avente ad oggetto l’acquisto di una partecipazione di minoranza in una società nella quale sarebbero incluse le attività della divisione Enterprise di Telecom Italia oltre a quelle di Noovle, Olivetti, Telsy e Trust Tecnologies.

Bene Prysmian +2,26% e Ferrari +1,9%. Archiviano una seduta ben intonata le banche, guidate da Bper +1,28%.

Tra i maggiori ribassi del giorno Leonardo -2,9%; Tenaris -2,28%; Eni -1,43%.

Chiude in rosso il secondario, dove lo spread tra decennale italiano e tedesco sale a 152 punti base (+1,26%). Crescono i rendimenti dei due titoli di Stato, rispettivamente +2,09% e +0,58%.

Si spera nei colloqui di pace in Turchia

La situazione dei mercati resta incerta, benché le ultime due settimane siano state in miglioramento e oggi si sia riaccesa la speranza con i colloqui tra russi e ucraini in Turchia da qui al 30 marzo. A infondere un certo ottimismo agli investitori è stata la dichiarazione di un funzionario di Kiev, secondo cui le due delegazioni saranno in presenza e l’incontro non sarà virtuale come è successo negli ultimi giorni. 

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha inoltre rilasciato per la prima volta un’intervista ad alcuni media russi online indipendenti dicendo di essere disposto a parlare di neutralità ma non di smilitarizzazione.

Anche l’Italia lavora per la pace e il premier Mario Draghi, nel corso di una conversazione telefonica odierna con Zelensky ha ribadito il fermo sostegno del governo italiano alle autorità e al popolo ucraini e la piena disponibilità del nostro paese a contribuire all’azione internazionale per porre fine alla guerra e promuovere una soluzione durevole della crisi. 

Lo sconvolgimento creato da una guerra in Europa sta intanto facendo compiere passi impensabili ai vari paesi, fino a poco tempo fa. La Germania, per esempio, sta valutando l’acquisto di un sistema di difesa antimissile per proteggersi da un potenziale attacco russo.

Il petrolio arretra con il Covid in Cina

Se le speranze di pace possono rappresentare un freno alla crescita dei prezzi del petrolio, le preoccupazioni per una recrudescenza dell’epidemia di Covid in Cina è una zavorra che oggi affonda i future di Brent e Wti, che perdono oltre il 7%, muovendosi rispettivamente intorno a 113 dollari al barile e 106 dollari al barile.

Entrambi i contratti hanno guadagnato l’1,4% venerdì, chiudendo la prima settimana positiva dopo tre in ribasso.

A preoccupare è il fatto che Shanghai abbia adottato un lockdown a due fasi per 26 milioni di abitanti nel tentativo di limitare un’ulteriore diffusione del coronavirus. La Cina è il primo importatore di greggio al mondo e in questa situazione, secondo Bjarne Schieldrop, chief commodities analyst di SEB, la sua domanda potrebbe calare di 800mila barili al giorno in aprile rispetto ai livelli “normali”.

Secondo Reuters il mercato potrebbe tornare rialzista con il meeting Opec+ di giovedì, che discuterà l’aumento di produzione da 432.000 barili al giorno. L’Opec+, che finora resistito alle richieste di accelerare gli incrementi di produzione, “molto probabilmente non aumenterà la produzione di greggio a un ritmo più rapido rispetto agli ultimi mesi”, dice all’agenzia Kazuhiko Saito, chief analyst di Fujitomi Securities.

Sale il gas, il G7 dice no al pagamento in rubli

Le contrattazioni del gas sono partite in ribasso, ma hanno presto cambiato segno sul mercato europeo, con i contratti aprile scambiati ad Amsterdam in rialzo del 6,8% a 108,6 euro al megawattora. 

Intanto prosegue il braccio di ferro con la Russia che vuole il pagamento del gas in rubli, per sostenere la propria moneta.

Il G7 ha detto di no a questa richiesta, che tra l’altro viola i contratti siglati, ma il parlamentare russo Ivan Abramov ha dichiarato all’agenzia di stampa Ria che il rifiuto condurrà a un inequivocabile stop alla fornitura.

“Non forniremo il gas gratuitamente, questo è chiaro – ha detto anche il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov – nella nostra situazione, è quasi impossibile e poco appropriato mettersi a fare la carità (ai clienti europei)”.

L’euro scende, il bitcoin sale

Sul mercato valutario l’euro resta debole e tratta contro dollaro sotto 1,1. Scende anche lo yen (a 123,14 contro dollaro, con una perdita di quasi l’1%), ai minimi degli ultimi sei anni dopo che la Banca del Giappone è intervenuta sul mercato acquistando obbligazioni sovrane per impedirne il rialzo dei tassi.

Sale invece il valore del bitcoin, al momento 47.758 dollari (con una crescita quasi del 7%), dopo che Mosca il 25 marzo ha detto che sta pensando di accettare pagamenti in bitcoin da parte dei Paesi “amici” sia per il gas sia per il petrolio.

Bond: si inverte la curva dei rendimenti negli Usa

I prezzi dei titoli Usa sono oggi contrastati e quelli sulla curva lunga salgono. Scendono quindi i rendimenti, il decennale mostra un tasso del 2,44 (-2,12%%). Prosegue però l’appiattimento della curva dei rendimenti tra titoli a breve e lunga scadenza. Il titolo a 5 anni da alcune settimane rende uguale o più di quello a 10 anni e oggi, il rendimento del titolo a cinque anni, è persino salito sopra quello dei titoli a 30 anni per la prima volta dal 2006, alimentando i timori per una nuova recessione.

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