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Borsa, analisi degli ultimi 12 mesi: è una Piazza Affari a due velocità

Dall’analisi dell’ultimo anno borsistico emerge un listino milanese di fatto diviso in due, con società medio-piccole che viaggiano sui ritmi dei grandi indici europei ed americani, Dax e S&P 500, mentre il Ftse Mib è ben lontano dai massimi storici – Questo grazie all’export che trascina le pmi, mentre le banche sono volatili – Bene il lusso.

Borsa, analisi degli ultimi 12 mesi: è una Piazza Affari a due velocità

È una Piazza Affari a doppia velocità quella che esce da un confronto dell’andamento dei sei indici di Borsa degli ultimi 12 mesi. L’indice principale Ftse Mib ha archiviato da settembre 2012 un +7,8% mentre gli indici delle società a minore capitalizzazione hanno nel complesso messo a segno performance a doppia cifra. Nel dettaglio il Ftse Italia Mid Cap è salito del 28,5%, il Ftse Micro Cap del14,16%, e il Ftse Italia Star del 37,22%. Fa eccezione solo il Ftse Italia Small cap -5,35%. Se riduciamo l’orizzonte agli ultimi sei mesi, il Ftse Mib sale del 10,5% circa e guadagna qualche posizione rispetto al Ftse Micro cap +11% ma viene comunque distaccato dal Ftse Mid Cap +17,78% e dal Ftse Italia Star +20,60% (il Ftse Italia Small cap rimane invece indietro a +2,29%).

Un listino di fatto diviso in due, con alcune pmi che viaggiano sui massimi come gli altri grandi indici europei ed americani, Dax e S&P 500, mentre il Ftse Mib è ben lontano dai massimi storici. E non è detto che, dopo tanta strada, la corsa si spenga prima di quella del Ftse Mib. “I prossimi mesi dipenderanno dal sentiment sulla condizione macroeconomica dell’Europa e della crescita – spiega Gabriele Roghi, responsabile della consulenza agli investimenti di Invest Banca – le pmi possono reggere multipli elevati, più alti delle large cap perché c’è spazio per scommettere sulla crescita del fatturato, dei prodotti e dei margini”.Le ragioni della divaricazione della performance tra gli indici sono diverse:

1) La prima considerazione da ricordare, è che nel Ftse Mib il peso del settore bancario è fondamentale e, anche se questo settore si è parzialmente ripreso, insieme a quello delle tlc è determinante per la sottoperformnce del Ftse Mib. “La crescita dell’indice può passare solo da una ritrovata forza di banche, tlc e utilities, che risentono di un mercato piuttosto asfittico a livello domestico – spiegaGabriele Roghi, responsabile della consulenza agli investimenti di Invest Banca. Inoltre, rispetto ad altri grandi indici europei, non bisogna dimenticare che sul Ftse Mib sono sostanzialmente assenti settori come materiali e chimica che sono più legati alla crescita degli emergenti.

2) In generale small e mid cap hanno un orientamento maggiore all’export, quindi sono meno  esposti alla debole congiuntura domestica e hanno maggiore flessibilità. “Le aziende più piccole hanno saputo navigare meglio – dice Roghi – hanno spesso maggiore flessibilità di produzione e di progetti. Seppure depauperate nella crisi con chiusure e delocalizzazioni, le piccole imprese rimangono la vera ricchezza del Paese”.

3) Il lusso ha premiato certamente i top player come Tod’s e Ferragamo che sono nel Ftse Mib, ma anche aziende più piccole come Brunello e Yoox. Tanto più che i piccoli nomi sono sostenuti dal fermento M&A che potrebbe farli diventare dei target come è accaduto per Loro Piana, seppur non quotata. Oppure pensiamo al settore dei componenti elettronici: non c’è solo Stm (Ftse Mib) ma aziende che fanno software sono presenti anche nel resto del listino, come Eurotech +24,6% negli ultimi sei mesi. “Anche società come Brembo e Danieli o alcuni titoli della meccanica sono sui massimi storici”, dice Roghi. Brembo, per esempio, è salita del 54% in sei mesi e del 11% in 1 anno,Ima del 50% in un anno.

Certo, su questi listini i volumi sono più bassi e i titoli in genere più sottili. “Ma il mercato ha apprezzato a prescindere dalla dimensione relativa – dice Roghi – su questi indici ci sono meno flussi ma questo non ha inciso sull’aumento delle quotazioni. Yoox per esempio è un caso eclatante: è partita con poco fatturato e micro capitalizzazione e poi si è guadagnata sul campo i galloni”. E anche sull’Aim ci sono state novità ben accolte dagli operatori. “Le nuove quotazioni sono state interessanti – afferma Roghi – si è trattato di una sorta di venture capital per tutti, non si è trattato di capitali per sopravvivere come gli aumenti delle banche ma di scommesse vere di azionisti che diventano soci degli imprenditori perché credono in un progetto”.

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