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Borsa 2017: banche, petroliferi e telecom alla riscossa

SCENARI DI BORSA – Secondo un report di Intermonte “esiste una finestra di opportunità per un rialzo del mercato italiano nei primi sei mesi del 2017”, che è tuttora sottopesato – Nella seconda parte del’anno potrebbero invece riaffiorare i rischi politici – Meglio puntare sull’azionario che sull’obbluigazionario

“Esiste una finestra di opportunità per un rialzo del mercato italiano nei primi mesi dell’anno”. E’ l’opinione di Guglielmo Manetti, vice direttore generale di intermonte Advisory che ha curato un dettagliato studio sulle prospettive del mercato italiano 2017, con cui iniziamo un giro di opinioni tra le case di investimento.

“Avendo analizzato le principali variabili ed i driver del mercato azionario -dice Manetti – vediamo più possibilità al rialzo che rischi al ribasso soprattutto nei primi mesi dell’anno, dove le interferenze politiche dovrebbero essere minori. Mentre conosciamo piuttosto bene i rischi al ribasso, le motivazioni a supporto di una visione più positiva sono, in maniera sintetica, le seguenti:

– Il mercato italiano è molto poco presente nei portafogli internazionali e lo short è ancora piuttosto presente

– Il rischio politico principale, rappresentato da elezioni che portino il movimento 5 Stelle al governo con possibili iniziative anti-europee, è mitigato dalla discussione sulla riforma elettorale. Non ci aspettiamo quindi elezioni nel primo trimestre del 2017 – Il trend dei tassi globali al rialzo dovrebbe beneficiare anche l’Italia

– Ci aspettiamo una crescita del PIL per l’anno prossimo intorno al 1%, sincronizzata con la crescita globale – La direzione degli utili del mercato dovrebbe beneficiare di un confronto più facile nella prima parte dell’anno su diverse variabili quali tassi, valute e prezzo dell’energia

– Le valutazioni del mercato sono a sconto di un 15% circa su base P/E Su questa base, se pensiamo che il mercato possa tornare a trattare vicino al suo P/E medio storico, e soprattutto che ci possa essere una rotazione tra i temi vincenti degli ultimi anni (utilities, consumers-lusso, growth e mid-small caps in genere) verso temi molto più fuori moda quali finanziari, petroliferi e telecom.

PIAZZA AFFARI “SOTTOPESATA”, VITTIMA DELLO SCOPERTO

A sostegno di questa analisi Intermonte rileva che:

–        Il mercato Italiano arriva da anni di notevole sottoperformance rispetto a tutti i mercati europei e globali a parte quello spagnolo (-3,5%). Il 2016 si sta chiudendo con un calo del 10% circa, pur avendo recuperato quasi 15 punti percentuali dai minimi. Nel 2016 Francoforte avanza del 7,8%, Parigi +4,35%.

–       Inoltre, se guardiamo anche il gap cumulato negli ultimi anni a livello di performance relativa rispetto all’andamento del resto d’Europa. notiamo come nell’ultimo anno i settori che hanno fatto peggio sono banche, assicurazioni(-10,8%) e telecom (-11,6%)-mentre i vincitori in termini relativi sono capital goods, industriali ciclici e real estate.

–       Non sorprendente che, dopo una performance così insoddisfacente gli investitori siano ad oggi molto sottopeso sul mercato italiano. Al proposito, nota l’analista. “abbiamo analizzato le shares outstanding su alcuni tra i più popolari ETF quotati, ovvero la misura dei quantitativi di azioni in circolazione. A oggi mediamente il numero di quote degli ETF è circa il 50% più basso rispetto ai massimi più recenti di marzo 2015-

–       E’ molto forte anche lo scoperto. Dall’elenco degli short pubblicati dalla Consov emerge che “dai minimi del mercato italiano di febbraio scorso all’inizio di dicembre la percentuale di short sia aumentata del 30%”. Ma il dato è probabilmente superiore perché i dati Consob non catturano le posizioni inferiori allo 0.5% del capitale. “oprattutto per società di grande capitalizzazione – si legge nel report – non riteniamo sia una misura esaustiva dell’effettivo posizionamento short. Agli short sui singoli titoli questo si aggiungono poi i prodotti sintetici (ETF) o derivati (futures o opzioni) sull’indice italiano che sfuggono ulteriormente a questa analisi. Anche per questo il mercato tratta a sconto del 15% rispetto alla media storica del rapporto presso/utili ad un anno,-

Dopo diversi anni di crescite (o decrescite) asincrone tra le varie aree del mondo, il 2017 dovrebbe finalmente essere un anno di crescita globale sincronizzata, con il mondo visto crescere del 2.5%-3.0%. USA e diversi paesi emergenti sono attesi in crescita sopra la media mondiale, con l’Europa ancora sotto media a causa soprattutto di UK e degli effetti post Brexit.

RISCHIO POLITICO NELLA SECONDA PARTE DELL’ANNO

Il rischio politico è stato probabilmente l’elemento caratterizzante del 2016. “Il nostro caso base – scrive Intermonte – è quello che l’attuale governo lavori ad una soluzione relativa alla legge elettorale, anche sulla scia di quanto potrà dire la Corte Costituzionale a fine gennaio. In quest’ottica vediamo una probabilità superiore al 50% che le elezioni si tengano nella seconda metà del semestre (giugno?) e meno del 50% di una accelerazione su marzo. iteniamo che il rischio principale che potrà essere percepito dal mercato, ovvero un governo a maggioranza 5 Stelle con nuove elezioni, potrà essere mitigato dal tempo e dall’esito e forma della nuova legge elettorale. In quest’ottica vediamo un primo trimestre relativamente più “tranquillo” sul fronte politico italiano, con gli altri principali appuntamenti europei (elezioni in Francia e Germania) verso maggio e settembre”.

L’AUMENTO DEI TASSI FA BENE ANCHE ALLE NOSTRE BANCHE

Ruolo decrescente delle banche centrali
Per quanto riguarda la politica monetaria il 2016 verrà ricordato come l’anno di massima compressione sui tassi di mercato dovuti all’azione della BCE ma anche come l’anno in cui l’effetto del piano di acquisti, dopo i picchi segnati nel mese di agosto ha mostrato la corda

Guardando al 2017 sembra che l’andamento di rialzo dei tassi a lungo sia destinata a proseguire ma in un orizzonte temporale di breve (nei prossimi 3 mesi) è più probabile che si sviluppi una fase di consolidamento intorno ai livelli attuali. Il rischio Italia in particolare potrebbe tornare nei radar degli investitori con l’approssimarsi di un’eventuale chiamata al voto per il rinnovo del Parlamento in primavera/inizio estate 2017 più vicino al livello medio storico di lungo periodo posto intorno ai 300 punti base.

La BCE non rappresenta solo la politica monetaria, ma anche e soprattutto per quanto riguarda il nostro paese, la sorveglianza sul sistema bancario.

Cosa aspettarsi per il 2017? Ci sarà certamente la coda dell’approccio restrittivo che dovrebbe completarsi con l’aumento di capitale di Unicredit in gennaio e con l’intervento dello Stato nella ristrutturazione delle banche in difficoltà Si intravvede tuttavia anche un atteggiamento meno punitivo.

Per il comparto del credito giocherà un peso rilevante il rialzo atteso dei tassi di interesse legato soprattutto ad attese di inflazione in cresciia. È evidente la correlazione tra irripidimento della curva dei rendimenti, legata a vari fattori tra cui certamente un aumento dell’attesa di inflazione a breve, e l’andamento del credito. Il movimento, partito in maniera importante negli USA, dovrebbe continuare a beneficiare il settore bancario italiano nella prima parte dell’anno, grazie anche ad una comparazione più facile del prezzo del petrolio nel primo trimestre e di conseguenza con la crescita potenziale dell’inflazione, mentre la seconda metà dell’anno il confronto dovrebbe diventare meno favorevole, a meno di un ulteriore decisa crescita del prezzo dell’energia. In conclusione, uno scenario più benigno sui tassi, legato ad attese di crescita dell’inflazione e non all’ennesimo aumento del premio al rischio Italia, dovrebbe beneficiare il mercato italiano, ed in particolare i finanziari, a scapito dei settori più interest sensitive.

PIU’ AZIONARIO CHE OBBLIGAZIONARIO…

Il movimento dei tassi dovrebbe contribuire a ribaltare almeno in parte il flusso enorme di asset che al momento sono ancora nell’obbligazionario, aiutato anche da un crescente attivismo della FED in questo senso. Chiaramente l’Italia dovrebbe essere un beneficiario in maniera ridotta di un trend a favore dell’azionario, ma dato il livello bassissimo degli asset investiti in Italia, anche un incremento marginale potrà essere una buona notizia. Inoltre

IL RITORNO DEGLI M&A

L’anno si sta chiudendo con la speculazione su Mediaset che sta capitalizzando l’attenzione del mercato. In realtà il 2016 è stato un anno meno vivace dal punto di vista del M&A rispetto al 2015, che aveva visto operazioni importanti su società anche di grande dimensione come Pirelli, Italcementi e World Duty Free. Riteniamo che, malgrado tutte le difficoltà politiche (o forse anche grazie al fatto di avere un governo relativamente “debole” come quello attuale), ci possa essere un ritorno del M&A nel 2017 che potrebbe addirittura coinvolgere anche il settore finanziario, dopo il forte rafforzamento patrimoniale del settore negli ultimi anni e all’interno di uno scenario più favorevole sul fronte tassi. Pensiamo quindi che all’interno di un portafoglio azionario Italia ci debba essere spazio per un gruppo di titoli che possono beneficiare di M&A.

I PIR, UNA CHANCE PER LE SMALL CAPS

 Meglio large caps o mid small caps sul mercato italiano? La risposta a questo quesito è largamente dipendente dai settori che performeranno. Se, come crediamo, nella prima parte dell’anno ci sarà una prosecuzione del trend value vs growth, a beneficiarne saranno i settori quali finanziari e energetici, meno rappresentati nel segmento delle mid-small caps. .

In ogni caso, al di là di queste considerazioni, riteniamo che le mid-small caps continueranno a dare ottime soddisfazioni agli investitori vista anche la vocazione maggiormente internazionale di queste aziende, una positiva correlazione col dollaro e, più in generale, una buona esposizione a quella crescita globale sincronizzata che ci aspettiamo almeno nella prima parte dell’anno.

Inoltre, l’attesa partenza dei Piani Individuali di Risparmio (PIR) introdotti dal governo nell’ultima legge di stabilità dovrebbe favorire ed indirizzare nuovi flussi di risparmio verso questo comparto. La nuova normativa prevede infatti significativi risparmi fiscali per chi investe per un periodo minimo di 5 anni in particolari prodotti (fondi, gestioni, polizze vita ecc…) che devono obbligatoriamente avere una percentuale non bassissima (almeno il 21% del totale) investita in società non facenti parte del FTSE MIB. “Ci attendiamo – conclude l’analisi di Intermonte – quindi un contributo positivo per il comparto delle mid-small caps ragionevolmente a partire dal secondo trimestre del 2017.

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