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Bonomi: “Investimenti pubblici Sì, Stato padrone No”

Carlo Bonomi è stato eletto, con il 99,9% dei voti dell’assemblea degli industriali, nuovo presidente di Confindustria: “Dovremo dire no e ripeterlo energicamente a 10, 100, 1000 Alitalia” – La sua sarà una Confindustria diversa: nordica, industralista e molto indipendente dalla politica

Bonomi: “Investimenti pubblici Sì, Stato padrone No”

Più investimenti pubblici ma no allo Stato padrone in economia: è questo il messaggio con cui si è presentato ieri Carlo Bonomi all’assemblea di Confindustria che, con il 99,9% dei voti, lo ha eletto online nuovo presidente dell’organizzazione degli industriali italiani. Quella di Bonomi, che resterà in carica quattro anni, sarà una Confindustria diversa da quella che era guidata dal suo predecessore, Vincenzo Boccia.

La Confindustria di Bonomi sarà industrialista, nordica, anti-statalista e molto indipendente dalla politica, a cui si chiede una svolta, ma senza alcuna tentazione di sostenere questo partito o quello. “Dovremo dire no e ripeterlo energicamente a 10, 100, 1000 Alitalia, perché il reddito e il lavoro a milioni di italiani possono darlo solo le imprese e i mercati, gli investimenti e l’equilibrio della finanza pubblica”, ha detto il nuovo presidente di Confindustria.

No allo Stato dentro le imprese ma sì a forti investimenti pubblici per rilanciare l’Italia. “Alla politica – ha insistito Bonomi – chiediamo di raddoppiare gli investimenti pubblici, che essa ha tagliato negli anni preferendo la spesa corrente, e che servono più che mai nel campo delle infrastrutture, dei trasporti, della logistica, della digitalizazzione e produttività dei servizi, non solo pubblici, nella scuola, nell’università e nella sanità“.

Secondo il nuovo presidente di Confindustria, l’Italia ha bisogno di “una grande alleanza di investimenti pubblici e privati anche per rimettere al centro di tutto la persona, la famiglia, i disabili, gli anziani”, con un piano strategico 2030-2050 che abbia le seguenti priorità: investimenti per innovazione e ricerca, investimenti nel capitale umano, sostenibilità ambientale e sociale delle imprese. Senza dimenticare nuove forme contrattuali che spostino il baricentro dalla contrattazione nazionale a quella aziendale.

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