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Bolloré e i porti africani: così Aponte ha battuto i cinesi

La trattativa esclusiva con Msc sulla più importante struttura logistica dell’Africa occidentale, accende i riflettori sull’armatore svizzero nato a Sorrento. Un impero costruito negli anni, l’amicizia con Sophia Loren: ecco chi è Gianluigi Aponte, una vita tra container e crociere

Bolloré e i porti africani: così Aponte ha battuto i cinesi

Colpo di scena sul fronte del porto. Il gruppo Bolloré, da mesi alla ricerca di un compratore per le sue attività africane, ha concesso un’esclusiva per la cessione del suo impero alla Mediterranean Shipping Company di Ginevra (Msc) che fa capo a Gianluigi Aponte, l’armatore nativo di Sant’Agnello (provincia di Salerno) che da anni figura al secondo posto tra i contribuenti della Confederazione Elvetica. La trattativa si svolge sulla base di 5,7 miliardi di euro (debiti compresi), ovvero più i meno il doppio di quanto si ipotizzavano a fine estate, quando Bolloré aveva affidato a Morgan Stanley il mandato a cedere quella che è la più importante struttura logistica dell’Africa occidentale: 42 porti, 16 terminali per l’import export di container, depositi e tre linee ferroviarie su cui circola buona parte del cacao mondiale. Ma, in un pianeta spezzato dai colli di bottiglia che ostacolano il commercio mondiale da Suez a Los Angeles, la logistica è destinata ad avere un peso sempre più strategico. Tanto da accendere un riflettore su Aponte, 81 anni, discretissimo padrone dei traffici di mezzo mondo attraverso Msc, “un’organizzazione privata gestita dalla famiglia Aponte – come si legge nel sito aziendale –  leader mondiale nella spedizione di container”. 

Partendo nel 1970 da una sola nave, Aponte (grande amico di famiglia di Sophia Loren) ha saputo sviluppare una società, forte di una flotta di 560 navi e oltre 70.000 dipendenti. Un gigante che dispone di una rete di 493 uffici che collegano una rete di strade, ferrovie, trasporti marittimi: “un servizio globale con conoscenze locali” articolato in 500 porti su 230 rotte commerciali, trasportando merci per circa 23 milioni di TEU. Uno di quei network, in sintesi, di cui tendiamo ad ignorare l’esistenza finché non s’impone un’emergenza, tipo quella che ha investito il mondo dei trasporti dal canale di Suez al porto di Los Angeles. 

Eppure Msc dà senz’altro un grande apporto all’economia del mare di casa nostra. L’estate scorsa Aponte ha ritirato dai cantieri di Monfalcone di Fincantieri la Msc Seashore, la più grande nave da crociera mai costruita in Italia (4.300 maestranze che hanno lavorato per 12 milioni di ore/uomo per la realizzazione) . “È un investimento che genera da solo – spiegò alla consegna Pierfrancesco Vago, presidente esecutivo di Msc Cruises — una ricaduta sull’economia italiana di quasi cinque miliardi. Senza contare l’importante volano turistico-economico attivato dalla nave nel corso della sua vita”. Ora, nonostante la pandemia, il gruppo ha commissionato un’altra nave: Eplora I, un nuovo brand di lusso da realizzare in Fincantieri, una commessa da due miliardi. Si stima che in tutto questi ed altri investimenti industriali generanno un indotto da 13 miliardi per le imprese italiane”.

“Penso, con la dovuta modestia, che l’entità degli investimenti che stiamo realizzando in Italia sia un unicum — ha detto in una rara intervista al Corriere della Sera il marinaio sorrentino – Però non investiamo solo a Monfalcone per la costruzione di nuove navi da crociera ma lo facciamo anche nei terminal marittimi e nel trasporto commerciale ferroviario. In tutto diamo lavoro a 15 mila persone che lavorano nell’Italia”. Ma l’Italia è solo un tassello in quel quadro dell’economia mondiale in cui l’ex marinaio della costiera (sposato con Rafaela, due figli, un patrimonio calcolato da Forbes in 10,5 miliardi di dollari) contende la leadership a pochi altri competitors che sembravano favoriti nella sfida per la logistica africana di Bolloré.

Aponte ha battuto sul filo di lana i danesi di Maersk,i cinesi di Costco e i francesi di Cma Cgm, che hanno però preferito puntare su Fenix Marine, il terzo terminal del porto di Los Angeles e sull’americana Ingram Micro Cls, proprietaria di 59 depositi tra Europa e Usa. Aponte, nel caso la trattativa abbia un buon esito, allungherà così la lista dei porti di proprietà, i terminali che consentono di garantire la priorità nello sbarco delle merci, “quando necessario”. In un mondo ove, anche nel 2022, molto probabilmente, la necessità si manifesterà spesso, se non sempre.

Ma cosa ha spinto Bolloré a lasciare i porti africani, all’origine della sua avventura imprenditoriale? Tra le motivazioni per vendere quella fetta di impero già affidata au uno dei figli, Cyrille, figura senz’altro la politica. Anzi le disavventure giudiziarie del patron scampato alla galera solo dopo essersi riconosciuto colpevole per l’aiuto prestato tramite Havas (gruppo Vivendi) nelle campagne elettorali in Guinea e Togo in cambio delle concessioni portuali a Lomé e Conakry. Una sorta di legge del contrappasso per il disinvolto numero uno di Vivendi che deve le sue prime fortune finanziarie all Africa, in cui ha raccolto enormi fortune dal 1986.

 Ma oggi è l’ora di cambiare registro anche per evitare guai: basta Africa, dove comunque Bolloré conserva il controllo di media strategici. Qualcun altro dovrà accollarsi il peso dell’eredità coloniale. Stavolta, scrive Le Monde,  non c’è stata nemmeno una telefonata all’Eliseo, cosa che non stupisce visto l’appoggio dei media Bolloré ad Eric Zemmour, il porvoce dell’estrema destra xenofoba. “Noi – dice un portavoce di Macron – siamo gli ultimi che Vivendi potrebbe informare”.   

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