(Scheda dell’opera di Erich Schleier)
Recentemente ho potuto esaminare dal vero questo piccolo dipinto su rame. Mi sono reso conto della stesura pittorica molto fine. A mio parere si tratta di una riduzione a quattro figure, in piccolo ma autografa, di una composizione a più figure di Giovanni Lanfranco sul tema dell’Adorazione dei Pastori, che è in rapporto anche con due composizioni simili di Sisto Badalocchio e un celebre prototipo di Domenichino(ora a Edimburgo, Scottish National Gallery). Il grande dipinto del Lanfranco (olio su tela, 72×92 cm) si trovava nel 1961, e forse si trova ancora, presso qualche erede della famiglia Chigi.
Conosco questo quadro solo da una buona fotografia in biancoe nero che mi fu data nel 1961, quando preparavo un articolo su un’altra Adorazione dei Pastori (Alnwick Castle, Duchi di Northumberland, dipinta per il marchese Clemente Sannesi nel 1615-16 ca), da Giuliano Briganti, che credo facesse in quel periodo una stima della collezione Chigi (a Formello?) insieme a Franco Di Castro, forse per una divisione ereditaria. In questo dipinto, di più ampio respiro, sono rappresentate in più la figura di San Giuseppe, sdraiato a destra di fronte alla Vergine; due pastori che si avvicinano sempre da destra per adorare il Bambino; e infine quattro pastori a sinistra, di cui uno, in piedi, suona la piva.
Di questo quadro Chigi esisteva una copia seicentesca, già in collezione privata ad Arpino, che conosco da una foto in bianco e nero fornitami anch’essa da Giuliano Briganti. A destra si vedono altre figure di pastori e, in alto, un putto volteggiante.
In un primo tempo (1962) pubblicai il quadro Chigi erroneamente come una copia seicentesca da Sisto Badalocchio. Ma già nella mia tesi di laurea inedita (1966) corressi questo errore, definendo il quadro Chigi copia seicentesca da un quadro perduto del Lanfranco (la cosiddetta “Notte X”, a noi sfortunatamente nota solo attraverso copie, ma forse il prototipo di tutta questa serie di opere). E così l’ho ripubblicato nel catalogo della mostra di Lanfranco (2001).
Nel frattempo, mi sono venuti dubbi se il quadro Chigi non possa essere anch’esso un originale del maestro del tempo del «revival annibalesco», intorno quindi agli anni 1615-16.
È impossibile, tuttavia, dare un giudizio sicuro finché non si è visto il quadro.
Una prova della notorietà della composizione della “Notte X” del Lanfranco è fornita dal fatto che Giuseppe Passeri ne copiòla composizione o dall’originale o da una copia in un disegno a sanguigna, ora a Düsseldorf (Museum Kunstpalast, inv. n. 2754).
La nostra riduzione in piccolo, in formato orizzontale, del gruppo centrale del grande dipinto, non è la sola esistente. Ne esiste infatti un’altra in forma di tondo, della quale si conoscono almeno tre esemplari, di cui due sono copie seicentesche. Il tondo da me pubblicato nel catalogo della mostra del 2001, che nel 1945 era presso la Newhouse Galleries di New York con l’attribuzione a Giuseppe Maria Crespi, è la versione migliore ed è probabilmente un originale. Le misure sono di 25,85 cm di diametro, ma non sappiamo se sia dipinto su rame o su tela.
Nel tondo Newhouse il gesto della mano destra della Vergine,che leva il panno bianco del neonato, segue il prototipo del quadro Chigi, mentre nel nostro rame le dita sono meno piegate e chiuse, sono più alzate in un gesto prezioso, aggraziato, un po’ manierato (in tutto simile, anche se in controparte, a quello della grande pala di Leonessa). Un gesto simile, ma non identico, lo vediamo in una copia del quadro Newhouse, che nel 1988/90 era in una collezione privata a Bologna.
L’altra differenza, che separa sia il quadro Newhouse sia il nostro rame dal quadro Chigi, sta nel fatto che in quest’ultimo dipinto il neonato sembra quasi raffigurato senza le mani e le braccia, o almeno il braccio destro non si vede. Nel quadretto Newhouse, inoltre, l’espressione del viso è indifferente come nel quadro Chigi, mentre nel nostro rame l’espressione del Bambino è più vivace e guarda in alto verso la madre, seguendo il gesto delle due mani protese, che si trovano similianche nella versione Newhouse. Il quadro Newhouse segue il prototipo Chigi in quanto l’angelo più a sinistra, visto quasi frontalmente, è raffigurato senza le mani giunte in preghiera, mentre nel nostro rame si vedono le due mani giunte, ma appena sbozzate ed eseguite quasi timidamente.
Il quadro della “Notte X” e le sue derivazioni in piccolo vanno visti poi in relazione con altre due versioni della Natività, una del Lanfranco stesso e una di Sisto Badalocchio. Il quadro del Lanfranco è la celebre, grande Natività o Notte (olio su tela, 124,6 x 179,2 cm), dipinta per il Marchese Clemente Sannesi nel 1616 ca, descritto da Bellori e Passeri, che si trova ora a Alnwick Castle, Duchi di Northumberland. Le rassomiglianze, seppur vaghe, riguardano la posa del Bambino e il gesto della mano destra della Vergine, che tiene il Bambino, e il gruppo delle donne a destra, all’altezza di Gesù. Nel resto la NotteSannesi è più libera, movimentata e dinamica.
Da un punto di vista compositivo è invece molto più vicino il quadro su rame (40 x 64 cm) delle Gallerie Nazionali d’Arte Antica, Palazzo Corsini. Nel 1962, quando lo pubblicai come opera del Badalocchio, si trovava in prestito alla Galleria Provinciale di Bari; poi tornò a Roma e fu pulito nel 1993 da Maura Giacobbe Borelli. Era un dono di un membro della famiglia Colonna, maggiordomo, al papa Clemente XII Corsini. Nell’inventario Corsini del 1750 è elencato come «di Lanfranco». Fu accettato come opera del Badalocchio da Massimo Pirondini nel 1995 e poi da Giuseppe Berti (e Pirondini) nel 2004, con una datazione al 1615 circa. Alessandro Cosma (2011) pubblica il quadro con una tavola a colori come «Sisto Badalocchio (?)».
Il rame di Badalocchio sembra una parziale derivazione dalla Notte X del Lanfranco, per quanto riguarda l’impianto generale della composizione, piuttosto statica: il gruppo centrale con la Vergine, il Neonato e i due angeli (ma la posa del Bambino è più frontale e guarda allo spettatore; i panneggi della Vergine differiscono sia per la loro forma sia per il colore), il pifferaio e la figura di San Giuseppe a destra in primo piano. D’altra parte il giovane pastore a destra in piedi, che guarda il Bambino da sopra la spalla, non appare nella Notte X del Lanfranco, ma in un’altra Natività sempre su ramedel Badalocchio, di formato verticale (Collezione Patrizi, Roma), dove appare molto simile anche il gruppo centrale con la Vergine e gli angeli e il pifferaio, mentre la figura di San Giuseppe a destra in primo piano è differente. Si potrebbe anche pensare che il Badalocchio nel rame Corsini abbia combinato elementi compositivi e figurativi sia del rame Patrizi sia della Notte X del Lanfranco. Malgrado non siasicuro se venga prima il rame Corsini e poi il rame Patrizi o viceversa. Questa questione resta aperta, ma non ha però importanza per il giudizio sul nostro rametto.
Andrebbe citato, in questo contesto, anche una piccola Natività su rame alquanto vicina al gruppo dei quadri qui discussi e che credo possa attribuirsi con una certa probabilità a Sisto Badalocchio. Il quadro, molto rovinato per le molte cadute di colore (17 x 23 cm), si trova presso l’Accademia Carrara di Bergamo e fu catalogato nel 1995 come “Scuola Bolognese, metà secolo XVII”.
Giovan Pietro Bellori scrive nella sua biografia del Lanfranco, dopo aver menzionato i dipinti fatti per il conte Orazio Scotti a Piacenza verso il 1610: «e per servizio del duca (RanuccioFarnese) (fece) altri quadri piccioli di raro stile».
Questa precisa indicazione inventariale credo si possaapplicare anche al nostro piccolo rame.
Ci sono altri quadretti su rame che il Lanfranco dipinse verso il 1615-16 nel momento del «revival annibalesco», cioè del suo riavvicinamento ai modi del suo maestro Annibale Carracci, specialmente alle sue opere neocorreggesche dei tardi anni ‘90 (dipinte a Roma). Non sono però così piccole come la nostra Natività, ma alquanto più grandi. Citiamo la deliziosa Madonna del Passeggio (42 x 31,8 cm) della collezione Shanks di Andalusia, Pa (attualmente in prestito al Wadsworth Atheneum di Hartford, Conn.) e la celebre Annunciazione a Maria di San Pietroburgo, Ermitage, dipinta per il Cardinal Alessandro Peretti Montalto (74 x 54,5 cm).Ambedue le opere si distinguono per uno stile aggraziato, delicato, raffinato ed elegante, che si rifà a certi modi di Annibale.
Questa fase del “revival annibalesco” va dal 1614 al 1618-19. In questi anni il Lanfranco ottenne un gran numero di commissioni sia Roma e che da fuori, ebbe grande successo e diventò, dopo aver partecipato alla realizzazione del fregio della Sala Regia nel Palazzo papale del Quirinale, il prediletto pittore di papa Paolo V e del Cardinal Scipione Borghese.
Le prime opere in cui si manifesta questo nuovo stile, in cui Lanfranco abbandonò gli influssi di Ludovico Carracci e di Bartolomeo Schedoni, le cui opere aveva visto a Piacenza negli anni 1610-12, influssi che sono visibili nelle opere databili dal 1610 al 1613 circa, sono la grande pala dispersa con la Morte di San Alessio, dipinta a Roma nel 1614 per una cappella nel Duomo di Piacenza (dispersa a Parigi dopo il 1810 ca, ma nota da un disegno fedele della bottega del Lanfranco conservato al Louvre); il quadro, firmato e datato 1614, raffigurante l’Addio di Rinaldo ad Armida dipinto per il marchese Clemente Sannesi (Zurigo, Kunsthaus, acquistato pochi anni fa dalla Galerie Canesso di Parigi); e la Pietà, firmata e datata 1614 (Cesena, Fondazione Cassa di Risparmio) .
Immagine dell’ opera in copertina:
Giovanni Lanfranco (Parma 1582 – Roma 1647) – Madonna con Bambino e due angeli – Olio su rame, 16 x 21 cm – Bibliografia: Inedito