Condividi

Bestseller, il segreto del successo è nel contenuto o nell’audience?

Costruire un libro bestseller è qualcosa che avrebbe intrigato Cagliostro – Gli analisti di Goldman Sachs, che sono in grado di prevedere con la precisione di un cecchino l’andamento di un bene materiale, alzano bandiera bianca quando sono chiamati a fare previsioni sull’andamento di un film, di un libro – L’unica cosa che si sa per certo, è che un autore che ha scritto un bestseller ne potrà scrivere un secondo, un terzo e via dicendo.

Bestseller, il segreto del successo è nel contenuto o nell’audience?

La “casualità” di un bestseller

Costruire un libro bestseller è un qualcosa che avrebbe intrigato Cagliostro. La faccenda, in effetti, afferisce più all’alchimia che alla logica, al talento naturale o ai big data. Gli analisti di Goldman Sachs, che sono in grado di prevedere con la precisione di un cecchino l’andamento di un bene materiale come il consumo dei fiammiferi in Finlandia o in Perù, alzano bandiera bianca quando sono chiamati a fare previsioni sull’andamento di un film, di un libro o di un qualsiasi prodotto culturale o di intrattenimento. Il comportamento dei consumatori di beni di questo tipo non è prevedibile. Le uniche previsioni possibili, spesso clamorosamente errate come quelle della crescita degli ebook, sono di tipo macro quantitativo; per esempio il CAGR mondiale dell’industria de cinema nel quinquennio 2016-2021 sarà del 3%. Oltre è difficile andare.

L’unica cosa che si sa per certo, che alla fine costituisce il fondamento dell’industria editoriale, è che un autore che ha scritto un bestseller quasi certamente ne potrà scrivere un secondo, un terzo e via dicendo. La fedeltà del consumatore a un prodotto culturale che ha altamente gradito è superiore a qualsiasi altra fidelizzazione commerciale. Quindi il fatto di individuare potenziali scrittori bestseller è la sfida maggiore di questa industria e la base di un business sano e duraturo. Com’è stata affrontata finora questa sfida?

Alla ricerca del bestseller: un atto di di genialità

Alle origini dell’editoria moderna c’erano veramente degli alchimisti. Erano le grandi figure di intellettuali-editori che, essendo dotati anche di uno spiccato spirito imprenditoriale e di un forte appetito per il rischio, fiutavano il soggetto e il manoscritto giusto e riuscivano a farne un bestseller trasformando il fortunato scrittore in uno della loro famiglia. Basterebbe andare a vedere come Giangiacomo Feltrinelli nel 1957 ha trasformato un ciclostilato in Il Dottor Zivago, uno dei libri più fortunati dell’editoria mondiale. L’anno successivo il suo autore Boris Pasternak fu insignito del premio Nobel. Andare a rovistare tra i samizdat e contrabbandarli alla Indiana Jones non è però l’unico modo per creare delle storie di successo.

C’è anche il “metodo Calasso” che con la sua Adelphi è andato a ricercare e occupare, come un immobiliarista visionario, un territorio inesplorato di confine del tutto fuori dal mainstream in voga, ma con potenzialità enormi di sviluppo nel medio-lungo periodo; potenzialità sul momento visibili solo a qualche originale, svagato e anche mistico intellettuale. La “versione di Calasso” può essere equiparata in senso lato alla dottrina della disruptive innovation che è il vangelo di ogni folle fondatore di start-up. Ma per fare questo bisogna essere bravi, dei geni come lo era Steve Jobs. E Calasso lo è. Sfortunatamente la maggioranza di noi non ha lo stesso talento.

Nell’epoca dei mass media gli eredi dei grandi intellettuali fondatori hanno venduto le loro case editrici ai ciclopici conglomerati media. Così da un approccio padronale-divinatorio-paternalistico al bestseller si è passati a uno prettamente manageriale e commerciale. Si è messo via l’intuito per più moderne tecniche di marketing e di analisi quantitativa di mercato: i fogli di Excel hanno preso il posto delle pacche sulla spalla e delle agendine di Natale. Gli autori più che la stima e l’amicizia dell’editore apprezzavano sempre più l’importo scritto sull’assegno dell’anticipi. Ma non si è vista una grande differenza: oltre il 70% dei libri pubblicati non raggiunge il punto di pareggio e sono ancora le balene bianche di pochi titoli enumerabili sulle dita di una mano a tenere su il business e a distribuire i dividenti agli azionisti affamati di risultati.

Come potrebbe essere con i nuovi media e ancora non è

Con i nuovi media il rompicapo bestseller sembrava finalmente aver raggiunto un punto di quasi soluzione grazie ai big data. I big data possono essere veramente la leva decisiva a patto di saperli usare. Trattandosi di dati di dimensioni difficili da immaginare e raccolti con metodi spionistici, bisogna saperli raffinare, interpretare, finalizzare e convertire in decisioni. Netflix e Amazon, tracciando la navigazione dei propri clienti, sanno praticamente tutto sui loro comportamenti di acquisto e di consumo. È un buon punto di partenza, talmente ottimo che il compianto David Carr si è sentito di scrivere, poche settimane prima di lasciarci, che la ricerca del bestseller era finita perché ce lo avrebbe servito Netflix con un algoritmo di analisi dei dati. Ma non sta accadendo proprio questo. Anzi.

Netflix ha prodotto House of Cards (che non voleva nessuno a Hollywood e New York) per l’intuito visionario del suo chief content officer Ted Sarandos. Si è trattato di un successo colossale anche grazie all’idea della “binge vision” (tutti gli episodi di una stagione immediatamente disponibili alla visione). Poi c’è stato il premiatissimo Orange Is the New Black… e poi è arrivato il passo falso di Marco Polo, una produzione ambiziosa da 90 milioni di dollari. Ma come hanno fatto i big data a suggerire un drammone ambientato nel XIII secolo in Cina con un cast al 95% asiatico quando il pubblico di Netflix all’epoca era solo occidentale? Netflix si può consolare guardando Disney. Nel 2015 Disney, che conosce benissimo il suo target, ha prodotto un film come Tomorrowland che non ha ripreso neppure i costi e ha richiesto un investimento supplementare di 150 milioni di dollari in marketing.

Il ramo editoriale di Amazon, Amazon publishing, non sta certo pubblicando bestseller a manetta, anzi lo vediamo piuttosto raramente nelle classiche di questi ultimi.

Ci vuole tempo per trovare la formula del bestseller e nel frattempo continua ad essere l’alchimia l’approccio che funziona meglio. Finora.

Il codice del bestseller

Adesso Matthew L. Jockers – direttore del del Literary Lab alla Università del Nebraska a  Lincoln – e Jodie Archer – PhD a Stanford ed esperienza in Apple –,  entrambi esperti in linguistica computazionale, hanno decritto in un libro dal titolo The Bestseller Code: Anatomy of the Blockbuster Novel la formula per confezionare un bestseller. Il libro uscirà a settembre 2016 con St. Martin’s Press del gruppo Macmillan. Costo dell’hardacover $17,56, costo dell’ebook KIndle $19, 51, due dollari in più (ecco perché il mercato degli ebook degli editori medio grandi cade giù come un ramo secco). Peccato che succeda!

“Publisher Weekly” ha pubblicato una succinta recensione del libro e subito è partito un dibattito che ha visto l’intervento di molti esperti del settore tra cui anche Mike Shatzin. Il punto è: può essere davvero un algoritmo basato su un’analisi quantitativa testuale a fornirci la formula del bestseller?

Il cerchio di Dave Eggers, quello è il modello

Prima di rispondere a questo interrogativo cerchiamo di capire la tesi degli autori per quello che se ne può dedurre dalle prime essenziali anticipazioni del libro. È The circle di Dave Eggers (tradotto in italiano dal Mondadori) l’esempio paradigmatico del romanzo che può raggiungere la vetta della classiche dei bestseller. Secondo le risultanze dell’algoritmo dei due autori, Il cerchio ha tutti gli elementi letterari del bestseller; 100% compliance. Eggers, scrivono i due autori, “è lo scrittore paradigmatico degli ultimi 30 anni”. E qui l’algoritmo ci ha indovinato davvero, perché The Circle è stato a lungo nella lista dei bestseller del “New York Times”, vendendo secondo Bookscan 80mila copie in hardcover e 140mila in paperback.

I due autori hanno analizzato con le tecniche della linguistica computazionale 20mila romanzi di ogni genere. L’algoritmo di Jockers-Archer esamina il plot, i personaggi e i temi e quindi determina il primo ingrediente della formula: il mix corretto di trama, personaggi e temi per ottenere il maggior impatto sulle aspettative del lettore.

Il secondo ingrediente della formula è la simmetria della trama che deve svilupparsi su una struttura di 3 atti al massimo. Tutti i bestseller degli ultimi 30 anni condividono lo stesso passo ritmato del plot.

Il terzo e ultimo ingrediente riguarda lo stile della scrittura: deve essere scritto nel linguaggio quotidiano. Deve esserci una coerenza assoluta tra il carattere dei personaggi e i verbi che lo scrittore utilizza per descriverne le azioni.

Secondo questo libro il segreto di un bestseller è racchiuso nel suo contenuto. Nella scheda di presentazione del libro su Amazon è scritto che grazie all’analisi testuale è possibile stabilire al 97% se un manoscritto sarà o non sarà un bestseller.

Una tesi che ha ha fatto saltare sulla sedia coloro che invece pensano che siano più i fattori esterni al contenuto che il contenuto stesso a fare un bestseller.

Sta davvero tutto nel contenuto? No sta nell’audience

Non è certo la linguistica computazione a servirci un bestseller, quanto il marketing. Questa è stata la prima reazione alle tesi del libro da parte di Mike Shatzkin, uno degli insider più brillanti e ascoltati del mondo della nuova editoria. Sul suo blog ha scritto “Il mio team è unanime. La tesi che un libro diventi un bestseller con l’analisi del contenuto del testo senza considerare le ricerche di mercato, il branding, o il marketing, è ridicola”.

Quella dei due autori di Bestseller Code, cioè la tesi che l’analisi computazionale del testo sia uno dei fattori determinanti per il successo di un libro, non è completamente nuova. È nuovo l’approccio totalizzante degli autori del libro. Due start-up, BookLamp, acquisita da Apple, e Trajectory hanno messo a punto degli strumenti per ricavare dall’analisi computazionale del testo le frequenze d’uso delle parole, la struttura delle frasi, i temi dominanti e altre indicazioni per indirizzare il lavoro del SEO e di tutto il marketing team dell’editore. Grazie a quest’analisi, che BookLamp chiama il “BookDNA” (il progetto è denominato Book Genome Project), è possibile misurare la complessità del contenuto, stimare il livello richiesto al lettore per comprenderlo e anche l’età di riferimento. Mica male come inizio.

In questo caso l’analisi testuale è pensata come supporto indispensabile dell’azione di marketing il cui obiettivo primario è far conoscere il titolo all’audience di riferimento. Se l’audience non arriva a contatto con il contenuto un potenziale contenuto bestseller non diventerà mai un bestseller di mercato.

Secondo Shatzkin, più che il contenuto, è  l’audience research il punto di svolta. Il contenuto in sé fornisce un basso tasso di prevedibilità riguardo al suo successo commerciale. L’acquirente che l’editore sta cercando non conosce il libro e questo lettore si può “svegliare” facendo leva sugli interessi e sulle ricerche che questo lettore potrà effettuare per esplicitare quegli interessi. Per esempio nel Buio oltre la Siepe non compare mai l’espressione “Civil Rights” che è invece l’espressione più ricercata dai lettori che sono interessati a questo tema.

Nuovi strumenti per la nuova editoria

In realtà come scrive Neil Balthaser, fondatore di Intellogo e veterano dell’industria del libro, l’analisi testuale dei libri che raggiungono la bestseller list del “New York Times” serve per capire le preferenze di lettura dell’audience e quindi indirizzare le scelte d’investimento dell’editore. Scrive Balthaser: “In un futuro digitale, l’uso di piattaforme di analisi automatizzata del testo può fornire all’editore informazioni in tempo reale sui suoi clienti, individuare ciò che funziona e ciò che non funziona nel mercato e, forse, costruire un bestseller attraverso un quadro accurato di ciò che il lettore desidera e non semplicemente attraverso quello che arriva spontaneamente in casa editrice…  Questo tipo di decisione informata è stata parzialmente possibile fino ad oggi e spesso gli editori hanno pubblicato ciecamente nella speranza di incontrare un’audience di riferimento disposta a comprare i loro libri”.

In questo futuro digitale il lavoro dell’editore sarà sempre più data centrico e più che di editor dovrà riempire i propri uffici di sviluppatori, computisti e linguisti che dovranno analizzare il contenuto dei libri pubblicati, dei manoscritti e soprattutto individuare le tendenze dei lettori.

Il problema però, come ci informa una ricerca del Pew Research Center, è che i lettori di libri stanno diminuendo e quindi ancor più che nell’analisi dell’esistente tutti gli attori dell’editoria libraria dovranno investire nella innovazione di prodotto per catturare una clientela che sta cambiando i propri gusti e sta fuggendo verso i Pokemon GO che è veramente alla congiunzione tra finzione e realtà, come un libro non potrà mai essere.

Commenta