Condividi

Banche Usa: utili record a 10 anni dal crack Lehman e in Borsa +133%

La regolamentazione e la vigilanza sulle banche negli Stati Uniti,che Trump vorrebbe deregolamentare, hanno creato un sistema creditizio molto più solido rispetto a dieci anni fa. L’indice settoriale S&P 500 Banks ha recuperato il 133% dei minimi del 2009. Chi ha comprato quando le cose andavano male, come Warren Buffett (diventato primo azionista di Bank of America), oggi festeggia

Banche Usa: utili record a 10 anni dal crack Lehman e in Borsa +133%

15 settembre 2008, prima pagina del Wall Street Journal: “Crisi a Wall Street, Lehman in bilico”. Questa data è uno spartiacque nella storia dell’economia mondiale dell’ultima decade. Quel giorno infatti Lehman Brothers, società attiva nei servizi finanziari a livello globale, entrò a sorpresa sotto tutela fallimentare. Si trattò della bancarotta più grande della storia degli Stati Uniti. 

Il sistema bancario statunitense è stato però capace di risollevarsi dalle ceneri di quella che, agli occhi di tutti, fu una vera e propria catastrofe dal punto di vista finanziario e dei mercati. Nell’autunno 2008 il bilancio bancario Usa si è chiuso con perdite aggregate per oltre 18 miliardi di dollari per i 10 principali istituti di credito. 

A dieci anni dallo scoppio della crisi, le banche statunitensi sembrano aver intrapreso ormai il sentiero della ripresa, nonostante lo S&P 500 Banks sia ancora sotto del 20% rispetto ai massimi storici toccati nei mesi precedenti la crisi. L’utile aggregato 2016 delle 10 big americane è stato di oltre 115 miliardi di dollari, quasi il doppio rispetto ai livelli del 2007. 

L’uragano della crisi ha colpito in maniera differente gli istituti di credito europei. Gli effetti nell’immediato non sono stati così disastrosi come negli Usa. In Europa infatti il netto aggregato del 2008 fu dimezzato rispetto all’anno precedente, ma rimase comunque positivo per 37 miliardi. A differenza di quanto avvenuto negli Stati Uniti, in Europa i profitti hanno tardato a ripartire, e gli utili aggregati dei 19 big sono ancora ben lontani dai livelli pre-crisi. 

Il Governo statunitense è stato abile nel pianificare le mosse per uscire dalla crisi in tempi brevi. Tramite il programma Tarp (Troubled Asset Relief Program), il Tesoro Usa si è fatto carico dei titoli tossici legati ai mutui subprime, acquistando tutta la spazzatura presente nei bilanci delle banche, evitando il collasso dell’intero sistema. Furono chiamati in causa i contribuenti, ma si trattò di un male ncessario affinchè il sistema potesse ripartire.

Anche i Governi europei intervennero per salvare gli istituti in difficoltà a causa della crisi, ma il settore si trovò a che fare subito dopo con una serie di avversità: le bolle immobiliari di Spagna e Irlanda, la crisi dei debiti sovrani, il richiamo all’austerity, e via dicendo. 

In aggiunta, il settore  ha dovuto affrontare una decisa contrazione del margine di interesse sui crediti per effetto dell’azzeramento dei tassi da parte della Banca centrale europea. 

Anche la Fed ha optato per una politica ultraespansiva ma, a differenza dell’Ue, gli effetti sul conto economico sono stati positivi. Il motivo della diversità del risultato finale? Il sistema economico Usa è meno “bancocentrico” che in Europa. Le banche hanno un modello di business in cui le attività tradizionali pesano meno, mentre il trading e le attività di gestione del risparmio hanno un ruolo maggiore, il che si è tradotto in una crescita di ricavi e margini. 

 

Commenta