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Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca, corsa contro il tempo

DAL BLOG DI ADVISE ONLY – Due delle più tribolate banche venete sono in lotta contro il tempo per convincere i piccoli azionisti ad accettare la proposta di ristoro dalle perdite. Altrimenti niente intervento dello Stato e rischio di bail-in. Ecco come stanno le cose

Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca, corsa contro il tempo

A ben vedere, non è neanche tanto piccolo, questo bubbone. E ha una discreta probabilità di esplodere. Si tratta del salvataggio di Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca: un tantino vacillante, in lotta contro il tempo e contro le decisioni dei piccoli azionisti.

QUESTI I FATTI IN BREVE

Le due amene banchette, Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca, che hanno come unico proprietario il Fondo Atlante e sono in vista della fusione, per salvarsi e accedere agli aiuti di Stato (più precisamente e algidamente denominati “ricapitalizzazione precauzionale”) devono minimizzare il rischio di contenziosi futuri (il c.d. litigation risk) che grava sui loro bilanci.

I possibili contenziosi sono relativi alla “supposta truffa” (un bidone della specie peggiore, secondo lo scrivente) nella vendita di azioni: ne avevamo parlato su questo blog quando ancora la vicenda non era parte delle cronache nere finanziarie, seguendo poi l’evoluzione della storia con attenzione.

I REQUISITI PER OTTENERE GLI AIUTI

Quello della minimizzazione del rischio contenziosi futuri non è un capriccio di sadici tecnocrati europei. Lo prevedono le norme UE. In soldoni, significa che l’80% dei circa 169 mila soci retail delle due banche deve aderire a una proposta di ristoro dalle perdite da loro subite: si tratta di accettare un versamento di 9 euro per azione nel caso della Popolare di Vicenza e del 15% del valore dell’azione (al momento dell’acquisto) nel caso di Veneto Banca.

Se ciò non accadrà, salvo soluzioni creative estemporanee che qui in AdviseOnly non riusciamo prevedere, scatterà il bail-in (se non sapete di che si tratta, qui trovate un simpatico sunto), che andrebbe a colpire le obbligazioni subordinate e, forse, anche quelle ordinarie.

IL TEMPO STRINGE E IL RISCHIO BAIL-IN SI AVVICINA

Ma ora veniamo al punto chiave: mancano due settimane alla scadenza dell’operazione di adesione (22 marzo) e per ora gli aderenti sono poco più di un terzo di quelli necessari. Le due banche sono quindi molto lontane dal soddisfare i requisiti normativi per evitare il bail-in. La responsabile della concorrenza europea, Margrethe Vestager, si è dimostrata aperta alla possibilità di compensazione degli azionisti nel caso di vendite abusive (misselling) di azioni Veneto Banca e Popolare Vicenza, ma insomma, la situazione resta tesa e il tempo corre veloce.

Va da sé che l’ipotesi del bail-in è tutto meno che rosea. Magari non avverrà. Magari avverrà e andrà tutto bene. Tuttavia (non per menare gramo, ma io sono stato un risk manager per una vita, tendo a guardare alle code della distribuzione di probabilità degli eventi, cioè a pensare male) potrebbe anche scatenare il contagio: le banche europee sono strettamente connesse, dati alla mano, come scrissi qualche tempo fa – e vi ripropongo di seguito il grafico dell’intreccio bancario europeo – sicché, in caso di disastro, rischiano di cadere come un castello di carte, provocando il panico sui mercati finanziari e danni economici vari.

CHE FARE?

Ecco perché gli azionisti retail che possono aderire al rimborso delle perdite subite dovrebbero valutare attentamente gli insegnamenti della Teoria dei Giochi. Infatti, come già accadde lo scorso anno per l’offerta di conversione volontaria in azioni delle obbligazioni subordinate di Banca Monte dei Paschi di Siena, l’esito dell’operazione delle due banche venete dipende dalla propria scelta e da quella degli altri. Semplificando molto, lo schema è quello riportato di seguito. È organizzato a matrice; sulle righe ci sono le azioni possibili del singolo socio (aderire alla proposta di ristoro delle perdite, oppure no), mentre sulle colonne si trovano le analoghe azioni degli altri soci. Nelle celle centrali è sintetizzato il probabile esito della scelta per ciascuna combinazione di scelte.

Basta una rapida occhiata allo schemino per comprendere che la soluzione ottimale (che sarebbe, per gli amanti del genere, sia un equilibrio di Nash, che un ottimo paretiano) si raggiunge con la strategia cooperativa, nella quale tutti i soci (o la maggior parte di loro) aderiscono all’offerta, evitando così il bail-in. Che, con ogni probabilità, avrebbe un esito peggiore. Si tratta di scegliere il male minore, non di fare soldi.

Comunque ci risiamo. Banche. Italiane. Eurozona. Rischio sistemico. Io speriamo che me la cavo.

Quando su questo blog o nelle comunicazioni ai clienti del servizio Tutor insistiamo un po’ paranoicamente sul rischio Eurozona, abbiamo in mente le miriadi di mucchietti di polvere esplosiva accumulate sotto i tappeti negli anni, situazioni irrisolte, mal gestite. Come questa. Le banche italiane restano tra i mucchietti di esplosivo più pericolosi, nonostante il graduale miglioramento della loro situazione patrimoniale e una certa propaganda politica.

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