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Banca Ifis: PMI italiane sempre più green e sostenibili

Il 38% delle PMI italiane investe già in sostenibilità, un dato che raddoppierà nel prossimo biennio. In testa risparmio energetico e gestione del ciclo dei rifiuti. Sono i dati dell’osservatorio di Banca Ifis che considera gli investimenti ESG una leva strategica per il benessere delle comunità e dei lavoratori

Banca Ifis: PMI italiane sempre più green e sostenibili

Le PMI italiane puntano sempre di più sulla sostenibilità. Il 67% delle imprese valuta importante l’essere sostenibile, con punte dell’82% nel settore della Chimica-Farmaceutica e del 75% nella Meccanica. Il 38% delle PMI italiane, ha già avviato investimenti ma l’evoluzione green è solo all’inizio e si intensificherà nel prossimo biennio coinvolgendo il 78% delle imprese. È quanto emerso dall’indagine dell’Osservatorio Market Watch PMI di Banca Ifis, in collaborazione con Format Research, realizzata tra maggio e giugno su un campione rappresentativo di oltre 500 imprese italiane.

Sul fronte ESG, le PMI della Chimica-Farmaceutica e dell’Agroalimentare hanno fatto balzo avanti. A fronte di una media del 38% di aziende che investono, i due settori sono rispettivamente al 56% e al 50%. Mentre, circa il 6% delle imprese Tessile-Moda e della Tecnologia sta riprogettando la produzione con i principi e le metodologie della circular economy.

Le iniziative di sostenibilità ambientale più diffuse sono: il risparmio energetico, al primo posto con l’82% in aumento di un +13% il prossimo anno, segue la gestione del ciclo dei rifiuti (78% del campione quanto a investimenti), la riduzione dell’uso di agenti chimici inquinanti (68% con un +10% quanto a propensione a investire nel prossimo anno), quindi l’uso di materiali riciclabili e di risorse rinnovabili (64% e 54%, rispettivamente). Il focus sulla sostenibilità è confermato dall’intensità delle azioni messe in campo: il 69% delle PMI ha avviato almeno due iniziative green. 

Ma perché negli ultimi tempi le imprese sono sempre più orientate al green? Non si tratta solo di “senso del dovere” ma anche di una leva strategica dal punto di vista competitivo e reputazionale. In particolare, per il 45% gli obiettivi sono: tutelare e rispettare il territorio, tutelare il futuro e il benessere della comunità. Per il 32% la ragione è l’attenzione al benessere dei lavoratori nella produzione, per il 27% il risparmio delle risorse e per un’impresa su quattro l’incremento della competitività (25%).

L’attenzione coinvolge tutta la filiera: dal fornitore al consumatore. Difatti, le imprese verificano che anche i propri fornitori dimostrino di essere sostenibili in termini di sicurezza dei processi e degli ambienti di lavoro (49%), di impatto ambientale (33%) e di politiche del lavoro attuate (28%). Guardando invece al mercato di sbocco, il 49% delle PMI svolge anche iniziative di stakeholder engagement e dialogo con il territorio sostenendo organizzazioni no profit o finanziando attività pubbliche sul tema. 

Dal punto di vista della reputazione, le imprese hanno notato un miglioramento (circa il 62% delle imprese) e il 41% riporta un aumento della soddisfazione del personale. Ma c’è anche un lato negativo: per il 44% si è registrato un aumento dei costi, per il 23% una mancanza di competenze del personale. 

Tra le motivazioni per le quali ancora una parte delle imprese non ha investito in sostenibilità (62%) troviamo la difficoltà di implementazione di azioni sostenibili sul prodotto o sul processo produttivo, e a seguire i costi elevati. Queste PMI sono però decise a superare questi ostacoli in quanto il 66% dichiara che intende investire su questo aspetto in futuro (7%) o “probabilmente” (59%).

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