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Banca Generali: così il risparmio può aiutare l’economia reale

L’Ad della banca del Leone Gian Maria Mossa è intervenuto ad un incontro organizzato da PwC: “Italiani troppo legati al mattone? Sì, ma sta perdendo valore”.

Banca Generali: così il risparmio può aiutare l’economia reale

Si è svolto ieri l’incontro organizzato da PwC dal titolo “Italia2021”, con una nutrita platea di ospiti provenienti dal mondo dell’impresa, della politica e della finanza. Durante la sezione dedicata alla finanza si è toccato anche il tema del risparmio privato e di come questa enorme risorsa, soprattutto in un mercato come quello italiano, possa andare ad aiutare l’economia reale. Su questo è intervenuto in particolare l’Ad di Banca Generali Gian Maria Mossa, che ha raccontato cosa è successo negli ultimi mesi rispondendo a queste domande.

Come smuovere i famosi 1.500 miliardi che riposano nei conti correnti degli italiani?

“Oggi sui conti correnti ci sono tre componenti: la prima è legata alla natura stessa dei conti correnti che sono strumenti di pagamento. Poi la seconda è legata all’incertezza, la terza all’investimento con i classici Bot people, risparmiatori che investivano in titoli di Stato che ora preferiscono lasciare i soldi sul conto corrente. La prima componente va gestita, quella degli investimenti sicuramente deve essere ottimizzata, mentre la naturale disponibilità di cash sul conto corrente è una quantità in linea con le altre economie mondiali. La sfida – ha aggiunto Mossa – è quindi su come gestire un terzo di questi 1.500 miliardi per ottimizzarli finanziariamente per permettere al risparmiatore di avere un ritorno maggiore. Ovviamente con una componente di rischio e su questo bisogna lavorarci sopra”.

Come avvicinare il risparmio privato agli investimenti in economia reale?

“Questo non è un tema nuovo perché ci sono da tempo prodotti che vanno ottimizzati. Come per esempio gli Eltif e le cartolarizzazioni. Faccio un esempio di quello che abbiamo fatto e una proposta. Noi di Banca Generali in questo periodo abbiamo accelerato sulle cartolarizzazioni, siamo il player che ne ha fatte di più per una cifra che va oltre il miliardo. Per farle va “spacchettato il rischio” di uno strumento come questo che deve finire in capo agli investitori istituzionali nella componente più rischiosa. Proprio in questo modo a marzo abbiamo garantito 100 milioni di liquidità alle pmi grazie alle garanzie fornite dallo Stato e dalla nostra capogruppo Generali. In questo modo abbiamo liberato cash per le imprese presi dai risparmiatori privati che hanno investito perché forti della protezione garantita da questi due investitori professionali. Sul piano delle proposte va detto che oggi le cartolarizzazioni dal punti di vista normativo sono considerate il male secondo una logica di regolamentazione che andrebbe invece aggiornata dal momento che è ferma agli anni 90. Questo limita il risparmiatore retail che non può prendere un prodotto con questa doppia garanzia. Oggi l’etichetta di prodotto rischioso non ha senso. E anche alla luce dei regolamenti europei avrebbe senso aggiornare i nostri italiani per aprire ad una platea più ampia”.

Gli italiani sono ancora legati troppo al mattone?

“Oggi il mattone vale ancora il 60% dei 1.500 miliardi totali di patrimonio. Ma da 3-5 anni gli immobili hanno perso valore reale, ma anche valore nominale e dell’illiquidabiltà dell’investimento. Tolti i grandi centri, tutti si rendono conto che il mattone non equivale più a concetto di rifugio. Noi abbiamo mappato circa 70 miliardi di investimento immobiliare e l’esigenza più grande in questo caso è come estrarre liquidità”.

Si parla tanto di investimenti nella sostenibilità. Quale è la vostra posizione?

“Nel mondo finanziario è un tema sempre più forte. Tanto che inserire l’etichetta Esg su tutti i prodotti sembra l’unico modo per ottenere dati di raccolta. Oggi il primo tema serio è la misurabilità dell’impatto: noi abbiamo fatto una partnership con una società londinese (Main Street Partners) che sostanzialmente mappa tutti i principali fondi Esg non solo in termini di contenuto, ma in termini di SDG’S agenda 2030 Onu: i clienti scelgono come creare un contributo in cui i clienti scelgono dove essere sostenibili. È la sfida più grande per noi, ossia quella di dare il senso delle cose concrete passando dal tecnicismo alla concretezza. Noi abbiamo presentato a Davos questa piattaforma dove il cliente sceglie l’obiettivo SDG’s e può, per esempio, capire quanto è stato risparmiato in termini di inquinamento stradale. In questo modo si allarga l’audience interessata alla sostenibilità e si possono pensare nuovi prodotti”.

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