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Banca d’Italia e banche, più informazione sui territori

Di fronte alle profonde trasformazioni in corso nella società e nell’economia italiana è importante che le filiali della Banca d’Italia e le banche più radicate nel territorio, a partire dalla Bcc, accrescano le informazioni e le conoscenze dei mercati locali come base per rinnovare la fiducia tra cittadini e sistema bancario- Un convegno della Fisac-Cgil

Banca d’Italia e banche, più informazione sui territori

Il cambiamento delle attività della Banca d’Italia sul territorio. È questa una delle istanze discusse nel convegno promosso nei giorni scorsi dalla Federazione Credito della Cgil dal titolo “Banca d’Italia: presente e futuro. Quale istituzione per il Paese?“. Uno dei punti di vista più interessanti è che le attività della rete delle filiali di Bankitalia rimaste dopo due interventi di razionalizzazione vadano indirizzate non tanto verso nuovi compiti e servizi di natura operativa, in specie se già presidiati da altre istituzioni, quanto verso l’investimento in informazione soprattutto a carattere micro attinente alle trasformazioni profonde e in fieri (e per certi versi drammatiche) della società e dell’economia italiana degli ultimi anni.

Al riguardo, si possono citare l’aumentata diseguaglianza sociale, la crescita del nero fiscale, la marginalizzazione di vecchi e nuovi (i migranti) cittadini nei mercati del credito e del risparmio, ciò che colloca l’Italia al 27esimo posto tra le 30 principali economie del pianeta, secondo l’Inclusive Development Index (World Economic Forum, 2017).

Assume rilievo anche la conoscenza dei processi per accrescere la fiducia del cittadino verso il sistema bancario. Le iniziative per la tutela del consumatore e di educazione finanziaria richiedono di essere monitorate attentamente mediante l’analisi critica di metodi e contenuti, per evitarne l’incontrollata proliferazione e il rischio che si trasformino in mode del momento.

Inoltre, siccome le banche sono impegnate nel cambiamento dei propri processi decisionali e operativi, puntando allo sfruttamento dei patrimoni informativi insiti nei rapporti di clientela, le modalità di valutazione di questi processi andranno seguite anche attraverso strutture di prossimità, con strumentari adattati ai bisogni conoscitivi della vigilanza creditizia e della sorveglianza sui mercati dei pagamenti e delle attività finanziarie, profondamente impattati dall’avvento della Sepa e dell’Unione Bancaria. È riconosciuto il vitale interesse dell’ammodernamento dei servizi di pagamento, con il monitoraggio delle policy praticate dagli operatori.

Altra ragione per riorganizzare l’informazione è rappresentata dall’avvio della quarta rivoluzione industriale, che indica una tendenza dell’automazione industriale, tramite digitalizzazione dei processi e connessione di rete, che assumerà carattere sempre più pervasivo nelle relazioni anche tra imprese di ridotta dimensione, nella gestione dei servizi privati e pubblici locali, nei rapporti tra cittadini.

La riferibilità ai contesti territoriali di queste tendenze è naturale materia di indagine per osservatori decentrati, come le filiali della Banca d’Italia, previo riorientamento verso le modalità cognitive della nuova scienza dei dati (data analytics, big data, machine learning, intelligenza artificiale, blockchain, fintech), allo scopo di valutare progressi o ritardi dell’economia nazionale.

Come detto, il rinnovamento dei processi per il governo dell’informazione è al centro anche dei cambiamenti nell’industria bancaria, che va rifocalizzandosi attorno alla necessità di presidiare il territorio con strategie e assetti organizzativi rinnovati.

È azione dichiarata delle maggiori banche del sistema: Banca Intesa ha di recente rilevato la Banca dei Tabaccai, Unicredit sta sviluppando specifiche politiche di riposizionamento territoriale, Monte dei Paschi ha creato Widiba, una delle prime banche digitali italiane, Ubi è alle prese con l’integrazione di tre banche locali che, seppur scosse da crisi profonde, sono tuttora importanti per i rispettivi territori di insediamento.

Anche il sistema bancario cooperativo è chiamato ad affrontare la sfida dei territori attraverso una nuova configurazione industriale.

Del quadro giuridico-organizzativo voluto dalla riforma non bisogna infatti avere una visione limitata alla regolazione delle interdipendenze tra capogruppo bancaria e BCC aggregate basata sull’incrocio delle garanzie, sulla distribuzione delle autonomie gestionali e sul mantenimento delle dotazioni patrimoniali. Sarebbe un approccio riduttivo, perché si tradurrebbe in una defatigante (e dispendiosa) ricerca di equilibri di natura politica, per di più senza la ragionevole certezza di non ricadere in conflitti di interesse, concentrazione dei rischi e perdita di controllo dei costi, così come avvenuto nelle crisi bancarie di questi anni.

Il rilancio del credito cooperativo è soprattutto questione strategica che si misura mediante la capacità di sviluppare nuovi algoritmi di governance e di business bancario, traducendosi in nuove relazioni con i mercati locali, in risposta alle crescenti esigenze di servizi finanziari di famiglie e piccole imprese.

Riducendo la soggettività della governance si mira, in primo luogo, a contenere i rischi di distorsione/manipolazione dell’informazione, che favoriscono l’affermazione di interessi impropri. La riforma deve essere in grado di stimolare nei componenti gli organi di vertice centrali e di ogni BCC una cultura del servizio che lasci spazi minimi alle ambizioni individuali, non solo perché il controllo della rete diventerà più stringente, ma anche perché dovranno essere potenziati i flussi informativi da trasformare in linee di business sostenibili per l’intero gruppo.

Nel tempo, le Bcc hanno ridotto le conoscenze “verticali” dei propri mercati di riferimento, inseguendo scelte apparentemente più facili, indotte dalla bolla edilizio/immobiliare dei primi dieci anni del secolo e dalla estensione delle aree di competenza, andata di pari passo con la proliferazione degli sportelli.

Questa condizione ha almeno due punti di riscontro.

Il primo è la scarsa penetrazione nel mercato dei servizi di pagamento relativamente sia alle famiglie che alle imprese (tanti pos, ma poche transazioni automatizzate, limitata spinta alla diffusione delle carte di pagamento e di prodotti come il conto di pagamento, tariffe elevate e non sempre trasparenti, mancanza di politiche incentivanti, lentezze operative tra filiali delle singole Bcc e i servizi di incasso e pagamento delle piattaforme centrali). Il deficit si riflette in ridotte conoscenze dei sottostanti circuiti, per i quali i servizi di pagamento evoluti sono elemento portante di nuove relazioni economico/sociali, con ritorni positivi per la crescita. Il riferimento va alla relazione tra smart payments (centrati su strumenti mobile), smart services (e-commerce, e-government, social innovation) e smart communities (gli smart services producono bacini di utenti, accomunati da interessi similari, in potenziale continua espansione grazie al moltiplicarsi delle interdipendenze). La loro promozione è un’opportunità per il local banking, perché stimola anche lo sviluppo di piattaforme (di marketplace e sharing economy) per la vendita di prodotti e servizi del territorio, aprendoli a più vaste platee di consumatori e fornendo alternative ai fenomeni di disintermediazione che si avranno con la crescita delle relazioni dirette tra persone e tra imprese.

Il secondo elemento critico è la ridotta attenzione verso nuovi segmenti di mercato, magari meno ricchi, ma senza dubbio non privi di opportunità e pienamente coerenti con i connotati della solidarietà cooperativa, come il mercato del microcredito o quello della inclusione finanziaria. Dovrebbero al più presto formarsi indirizzi per agire con più determinazione sugli effetti delle trasformazioni in corso anche nelle articolazioni locali della società italiana.

La copertura di questi gap potrebbe tuttavia non essere sufficiente ove si trascurassero altre tendenze, destinate ad affermarsi nei settori manifatturieri, dei servizi pubblici e privati e del banking.

La finanza d’impresa vedrà probabilmente il peso crescente dell’equity rispetto al debito, come effetto del ridisegno della catena del valore, lungo la quale non saranno tanto da valutare le performance di ogni singola azienda, quanto il grado di integrazione di ciascuna nella propria filiera produttiva. Ai fini del merito creditizio, dovranno essere valorizzate le forme di collaborazione, anche a livello internazionale, i collegamenti con i centri di innovazione (università, distretti tecnologici) e nuovi schemi di distribuzione.

L’apporto della banca non si esaurirà nel sostegno finanziario alle strategie delle imprese, ma dovrà contribuire alla formulazione di quegli stessi indirizzi, svolgendo il ruolo di connettore e organizzatore di processi di integrazione.

L’integrazione delle tecnologie per la crescita dell’impresa (per tutte l’Internet delle cose) si accompagnerà all’utilizzo del cloud quale luogo di accumulo dell’informazione prodotta tramite tecniche sempre più raffinate di Customer Experience, mediante i sensori interni ai processi produttivi e i flussi di dati provenienti da altre aziende della filiera e dal mercato.

La capacità di trasformare i dati in informazioni e queste in conoscenze avverrà con la costruzione di modelli predittivi, per valutare meglio il ritorno degli investimenti, esposto ad una più ampia gamma di variabili, con il progressivo passaggio alla tecnologia del blockchain per la sicurezza delle transazioni sottostanti alle catene del valore. È di vitale importanza il rinnovamento dei sistemi informatici bancari, in funzione di questi nuovi fabbisogni.

Nella complessità che si prospetta, la riforma del credito cooperativo dovrà dunque avere costantemente presente il nuovo gioco di ruolo tra capogruppo bancaria, impegnata a dettare, con adeguati strumenti di programmazione, linee di indirizzo in materia di business creditizio, organizzazione, ICT, pagamenti, e componenti locali dedite ad adattare quegli indirizzi ai bisogni bancari dei mercati di riferimento.

Andranno stabilite con attenzione le priorità, a cominciare dalla completa interoperabilità funzionale e tecnica delle piattaforme di rete in materia di incassi e pagamenti. Processi decisionali miranti allo sfruttamento del vantaggio competitivo della rinnovata configurazione di gruppo saranno causa ed effetto dei miglioramenti che si riusciranno ad ottenere.

La sfida mirante a valorizzare le molteplici implicazioni d’ordine industriale non può non essere avvincente, anche per mettere alla prova le migliori professionalità del movimento.

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