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Azimut: un fondo in valuta cinese

Gli investitori esteri cominciano a scommettere sulla maggiore disponibilità di Pechino verso i loro capitali. E’ italiano il primo fondo europeo che parla cinese. Il processo di liberalizzazione nel Paese asiatico è complesso, ma ora i privati possono detenere liquidità in renmimbi e alle società è consentito di emettere obbligazioni in valuta locale.

Azimut: un fondo in valuta cinese

“La Cina è il 9 per cento del pil mondiale e ha zero investimenti nella sua valuta, gli Sati Uniti sono il 24% del pil mondiale e hanno il 60% di investimenti in dollari: il che ci fa credere che arriveranno fiumi di denaro sul renminbi che porteranno la valuta ad apprezzarsi. Per noi è un investimento interessante”. Pietro Giuliani, presidente e amministratore delegato di Azimut, punta sul renmimbi. La valuta cinese, nonostante il forte controllo esercitato dal governo di Pechino, negli ultimi cinque anni si è apprezzata del 4% circa e sta diventando, accanto al dollaro Usa e all’euro, la terza valuta al mondo.

Raggiunto in Spagna da FirstOnLine (è in una tre giorni con 120 gestori), Giuliani ha appena ricevuto l’autorizzazione dal governo cinese per un fondo (il Renminbi Opportunities, di diritto lussemburghese) che investe in depositi bancari in renminbi (Rmb), in bond governativi e societari denominati in Rmb con durata finanziaria breve (di poco superiore ai dodici mesi). E’ un prodotto finanziario per puntare sulla valuta cinese. Ma nasce anche dal confronto con i molti imprenditori europei che hanno rapporti commerciali e industriali con la Cina e che si trovano a gestire una valuta complessa.

“Il fondo può essere utile a due tipi di imprenditori – spiega Giuliani – chi ha aziende in Cina ed è costretto a tenere i soldi su conti correnti infruttiferi può ora investirli in liquidità e obbligazioni; e chi in Europa ha rapporti commerciali con la Cina e poteva solo coprirsi dal cambio con uno swap che costava molto e non rendeva nulla, può ora coprirsi ottenendo un rendimento attorno al 3-4 per cento”. Il fondo permette così agli imprenditori di ottimizzare la gestione del circolante. Un prodotto particolare, il primo in Europa di questo tipo.

“Abbiamo chiesto ad alcune grandi banche di comprare obbligazioni in renmimbi – racconta Giuliani – ma nessuno faceva operazioni del genere. Ci sono voluti una ventina di incontri con i gestori e gli avvocati per mettere in piedi il progetto, perché eravamo i primi che si ponevano il problema. In Cina l’iter è stato lungo e siamo ancora al lavoro. Il paese si sta aprendo ma sempre in maniera controllata, fanno un continuo stop and go con la normativa, ci vuole molta pazienza e grande capacità di muoversi. Nei prossimi tre anni vogliamo costituire una colonia di 70 persone sul territorio cinese: è un mondo che devi presidiare molto”.

Da sempre restia ad aprirsi agli investimenti esteri, la Cina sta da qualche tempo dando segnali di maggiore disponibilità. Dal luglio 2010 si è infatti avviato un processo di liberalizzazione che permette ai privati di detenere liquidità in renmimbi a Hong Kong e alle società, cinesi o straniere, di emettere obbligazioni in valuta cinese. Con la pronta risposta degli investitori: i depositi privati in valuta sono aumentati da 90 a 510 miliardi in nove mesi e anche la domanda di bond societari in valuta cinese si è mostrata sostenuta. Un mercato, rileva Azimut, sufficientemente liquido da consentire una gestione sulla divisa.

Nel dettaglio, il Renminbi Opportunities è un fondo Ucits III armonizzato, con volatilità contenuta rispetto agli altri prodotti azionari che investono in Cina e una liquidità senza limiti di importo. Il taglio minimo è di 250 mila euro ed è destinato per il momento agli imprenditori europei e agli investitori istituzionali.

Pubblicato in: News

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