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Auto e idrogeno, in Alto Adige nasce la mobilità del futuro

Il NOI TechPark di Bolzano, nel quale la provincia autonoma ha già investito quasi 200 milioni, guarda al futuro: “La guida autonoma esordirà con il trasporto logistico”. “Il tema centrale della transizione ecologica è lo stoccaggio di energia: a Brunico stiamo costruendo un centro tutto dedicato all’idrogeno”

Auto e idrogeno, in Alto Adige nasce la mobilità del futuro

Tra i tanti distretti di eccellenza italiani ce ne è uno che più di qualsiasi altro fa da ponte con la locomotiva tedesca e dove si giocherà una buona fetta della transizione ecologica e della mobilità del futuro: l’automotive dell’Alto Adige. Al NOI Techpark di Bolzano, capoluogo di un piccolo territorio dove viene però fabbricato 1/3 di tutta la componentistica auto italiana, parlare di auto elettrica suona già di passato. Il presente è la guida autonoma (non lontano da qui, a Merano, da due anni si sperimenta il primo bus 100% elettrico e 100% autonomo d’Italia), il futuro è l’idrogeno. “Il vero tema della transizione ecologica – ci racconta Vincent Mauroit, il Director of Innovation Management & Tech Transfer del centro innovativo inaugurato nel 2017 e interamente finanziato dalla Provincia autonoma di Bolzano – è lo stoccaggio di energia. L’idrogeno è il metodo migliore per immagazzinare energia pulita, anche se per ora costa più delle batterie a litio. Però è più leggero, si trasporta più facilmente ed è ideale per i mezzi pesanti, che poi sono quelli più impattanti sull’ambiente”.

L’Italia ha inserito l’idrogeno verde, cioè quello che si ottiene attraverso l’elettrolisi dell’acqua in speciali celle elettrochimiche alimentate da elettricità prodotta da fonti rinnovabili, al centro del Pnrr: sarà destinata una quota di risorse pari a 400 milioni di euro ai progetti che utilizzino solo idrogeno green. Un impegno per ora sulla carta, mentre al NOI Techpark si è già costituito un ecosistema che fa ricerca applicata, grazie all’interazione tra imprese, startup, istituti di ricerca (quello di riferimento è Fraunhofer), enti come Klima Haus (l’Agenzia per l’Energia dell’Alto Adige) e università, non solo in ambito automotive ma anche green, food e digital. “Qui ad esempio – spiega Giuseppe Salghetti, portavoce del CEO Ulrich Stofner – abbiamo il primo simulatore della digestione umana in dotazione ad una università, e lavoriamo con realtà come Loacker, Barilla, Bauli. Abbiamo accelerato la startup Flying Basket, che sviluppa droni in grado di trasportare merci fino a 130 kg e che potrebbe rivoluzionare l’e-commerce”.

O ancora, tornando all’automotive, il gruppo britannico di componentistica GKN ha scelto proprio l’Alto Adige per sperimentare un nuovo metodo di stoccaggio dell’idrogeno, trasformandolo in un idruro metallico solido. “Siamo in contatto – aggiunge Mauroit – con un’azienda di cui non posso ancora svelare il nome, per sperimentare e validare una batteria ibrida per alimentare automobili sportive di alta gamma. Il suo fondatore è da considerarsi l’Elon Musk italiano ma qui siamo oltre le Tesla, si tratta di produrre delle sorte di Lamborghini elettriche. Questa batteria supererà il litio: è un misto di solid state, che ha più capacità e meno peso di una batteria classica, e super capacitor”.

Il nome del Techpark, NOI, è l’acronimo di Nature of Innovation: “In un senso doppio: ovviamente innovazione sostenibile, ma anche capacità di adattamento”, ci dice Salghetti. Ecco perché questo parco da 11 ettari viene costruito progressivamente, per moduli man mano che vengono finanziati. Prima il progetto, poi lo spazio dedicato: è questa la filosofia di un luogo nel quale la Provincia autonoma di Bolzano ha già investito quasi 200 milioni in quattro anni, una cifra monstre se paragonata ai parametri nazionali italiani e di cui il territorio beneficia in ricadute occupazionali, formative e di indotto. E che per di più è anche una chicca di archeologia industriale: in epoca fascista infatti l’area ospitava gli stabilimenti di Alumix, la società che produceva i due terzi dell’alluminio nazionale e della quale sono stati conservati i capannoni dove veniva trasformata l’energia. Oggi questi padiglioni ospitano uffici e laboratori all’interno dei quali si scambiano conoscenza un’ottantina di realtà. L’architettura è un capolavoro del movimento Bauhaus e richiama il classico slogan del passato che si fonde col futuro.

Il futuro è anche il nuovo centro in costruzione a Brunico, che sarà una costola del NOI tutta dedicata proprio alla mobilità: “Sarà pronto a fine 2022 – racconta Mauroit – ma anche qui stiamo prima ragionando su cosa vogliamo davvero fare: solo automotive o mobilità a 360 gradi?”. Sicuramente verrà creato un pool di competenze che farà sempre di più dell’Alto Adige il perno dell’industria auto italiana, con la testa rivolta al mondo di lingua tedesca. In particolare a Brunico verrà sperimentato un accumulatore di idrogeno alimentato da energia fotovoltaica. “L’Alto Adige – aggiunge Salghetti – può avere un ruolo importante nella stessa produzione di energia pulita. Soprattutto tramite idroelettrico: oggi ne produciamo il doppio del nostro fabbisogno locale, quindi sentiamo anche il bisogno e l’opportunità di recuperare questo surplus e immagazzinarlo”.

NOI Tech Park di Bolzano

Ma qual è lo stato dell’arte della mobilità sostenibile in Italia? “L’esperimento di Merano procede bene – risponde Mauroit -, ma è stato pensato soprattutto a scopo dimostrativo, per far vedere al pubblico che è sicuro. Inoltre tengo a precisare che non ha fatto perdere nessun posto di lavoro, perché per legge il conducente è comunque a bordo per controllare che tutto vada bene. Ora però dobbiamo andare oltre, cercare nuove tecnologie. Viste le caratteristiche del nostro territorio stiamo partecipando ad un bando europeo da diversi milioni di euro con il progetto Smart Alpine Mobility. Qui solo lo 0,19% del territorio è pianeggiante, quindi più che la sperimentazione da città ci interessano altri sviluppi”.

Ad esempio quello del trasporto dell’ultimo miglio, che secondo Mauroit sarà la prima vera occasione di applicare la guida autonoma su larga scala: “Poi si arriverà anche all’uso personale, anche perché le previsioni ci dicono che il mercato auto perderà colpi proprio in virtù dell’auto a guida autonoma sotto forma di car sharing, soprattutto nelle grandi città dove vive la maggior parte della popolazione mondiale. Prima però arriverà l’utilizzo logistico, attraverso shuttle elettrici a guida autonoma che ci apprestiamo a sperimentare nel nostro parco e nelle strade circostanti”. Ma l’Italia è pronta, dal punto di vista infrastrutturale? Recentemente il ministro Giovannini ha ipotizzato nel 2040 la deadline per vietare l’immatricolazione di auto a diesel o a benzina. A giorni l’Europa vara il pacchetto clima che potrebbe anticipare questa conversione al 2035, su pressione dei Paesi più virtuosi. La Norvegia ad esempio metterà al bando i motori termici tra 4 anni.

“L’Italia – risponde Mauroit – sulle colonnine è indietro, ma credo che se sarà fissata una data allora tutti saranno pronti, perché bisognerà farlo per forza. In Alto Adige ci stiamo già portando avanti ed entro 2-3 anni installeremo sull’Autostrada del Brennero stazioni di ricarica ad idrogeno ogni 100 km. L’A22 è attraversata soprattutto da mezzi pesanti che ci collegano commercialmente con la Germania (solo l’import export sull’asse tedesco vale quasi il 6% del Pil nazionale, ndr), e l’idrogeno è il propulsore ideale per quei mezzi”. In attesa del tunnel del Brennero, verrebbe da aggiungere, che renderà questa fondamentale sinergia commerciale ancora più green spostando parte del trasporto su rotaia: i veicoli circolanti su gomma, che oggi sono circa 3 milioni l’anno, scenderanno secondo le stime a 2,8 milioni nel 2039, cioè col traforo ormai a regime (dovrebbe essere pronto non prima del 2031).

Mauroit aggiunge, riferendosi al dato norvegese, che “per i Paesi che non hanno un’industria automobilistica è più facile anticipare i tempi della transizione. In Paesi come la Germania e l’Italia dietro all’auto c’è un intero sistema produttivo da convertire e una rete elettrica nazionale da bilanciare, per sostenere il traffico di milioni di veicoli elettrici. Il grande tema di cui si parla poco è che l’Italia ha un tessuto di Pmi di eccellenza sull’auto, penso anche alla Motor Valley emiliana, che però rischiano di far fatica a convertirsi. Per fabbricare un’auto elettrica serve l’80% di pezzi in meno rispetto all’auto tradizionale. Molti fornitori temono di sparire, anche questo rallenta la transizione”. Senza contare che oggi lo stesso mercato auto è pronosticato in calo, dopo aver toccato i 90 milioni di auto vendute l’anno nel mondo. L’idrogeno al momento è poco competitivo, ma per Mauroit è solo questione di tempoo: “Al momento una batteria come quella di una Tesla Model 3 costa 200 dollari per KWh. L’idrogeno è ancora più caro, ma siamo all’inizio e si arriverà ad un prezzo competitivo. Va anche detto che il processo per ricavare idrogeno è più complesso e al momento energeticamente dispendioso, a sua volta”.

C’è ancora una cosa che rende così poco italiano un centro innovativo che pur sorge in Italia: nel 2023 all’interno del NOI Techpark debutta la Facoltà di Ingegneria della Libera Università di Bolzano, che paradossalmente in un ecosistema del genere ancora non esisteva. “Importiamo i talenti da fuori – spiega Salghetti – ma il problema è che i nostri ragazzi invece vanno a studiare all’estero, soprattutto in Austria o in Germania, e finiscono per rimanerci perché dopo gli studi trovano condizioni professionali migliori e meglio retribuite. Formandoli in casa avremmo più chance di trattenerli”. Fermo restando che l’innovazione è per definizione un mettere a fattor comune competenze da tutto il mondo, con ricadute e benefici per tutti, in Alto Adige hanno pensato anche a questo: evitare la fuga di cervelli.

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