Condividi

Auto da collezione: Bugatti, che passione. La sua storia

Che cosa porta a collezionare le auto-mito come le “Bugatti”? Ecco la sua grande storia.

Auto da collezione: Bugatti, che passione. La sua storia

Sempre più ricche di auto d’epoca le aste internazionali dove a partecipare sono collezionisti di sempre e nuovi, tutti in cerca dell’auto mito e possedere una parte della loro storia.

Nella primavera del 1982, nel cortile principale del Palazzo di Fontainebleau, era in pieno svolgimento un’asta. La lotta tra i ricchi collezionisti era aspra: “600 mila franchi…650…uno, due, aggiudicato a 750 mila franchi” così esaltava il battitore. L’oggetto aggiudicato a quella cifra, una Bugatti, decisamente da record, fu un anonimo collezionista di Parigi e non era un diamante o un quadro impressionista, era un’ auto da corsa Bugatti, messa in vendita dall’attore Jacques Dufilho. Carrozzeria colore azzurro, il lungo cofano, sedili in cuoio nero e cruscotto in acciaio cromato, insomma un capolavoro a quattro ruote con 37 raggi.

Non era il modello più costoso, c’erano i tipi 55 e 59 a competere maggiormente insieme alla “Berline de Voyage” tipo 41, appartenuta alla stessa famiglia Bugatti. Ed è così che il 27 giugno 1985 venne aggiudicata in un’asta nel Nevada, dal collezionista Jerry Moore a 9 miliardi di lire di allora.

Se pensiamo che solo alla fine degli anni ‘40 si poteva acquistare una Bugatti di seconda mano per una sciocchezza. A quell’epoca, Francis Mortarini, titolare di un’officina di riparazioni di Neuilly-sur-Seine, ne comperò circa duecento esemplari da cimiteri di auto. Agli inizi degli anni ‘50, il collezionista americano Briggs Cunningham acquistò due Royales, il modello più lussuoso, direttamente dalla famiglia Bugatti, in cambio di due frigoriferi e poche migliaia di dollari.

Ettore Bugatti, il creatore di questi gioielli, nacque a Milano nel 1881 in una famiglia che amava l’arte e la tecnologia. Costruì la sua prima macchina a venti anni, un monoposto scoperta con trasmissione a catena, con la quale vinse un premio alla Fiera Mondiale di Milano. Nello stesso anno cominciò anche a pilotare auto da corsa e aggiudicarsi diversi premi.

Nel 1904 Bugatti fece società con Emile Mathis, un costruttore francese, ma si separarono molto presto. Nel 1909 Ettore rilevò una tintoria abbandonata a Molsheim in Alsazia, e ricomincio da solo a progettare e costruire nuovi esemplari.

Con l’avvento della prima guerra mondiale, scappò a Parigi dove mise a punto un motore di aeroplano di cui gli Stati Uniti acquistarono il brevetto al momento di entrare in guerra.

Finito il conflitto, il costruttore ricevette la nomina a ufficiale della Legion d’Onore per il contributo dato all’ industria francese durante la prima guerra mondiale e da lì il suo crescente successo.

Nel 1930 la Bugatti si aggiudicò i primi sei posti al Gran Premio di Monaco, davanti alla Mercedes, Alfa Romeo e Maserati. Mentre il blu Bugatti divenne il colore ufficiale della Francia nelle corse internazionali.

Le prime Bugatti vennero soprannominate i “Purosangue”, veloce, scattante e con una linea pura, come da cavalli da corsa. Forse è questo il motivo per cui Ettore disegnò personalmente la famosa placca del radiatore a forma di ferro di cavallo.

Bugatti produsse solo 7500 auto in 37 anni di attività, ma come scrive il suo biografo, Pierre Dumont “Queste vetture sono l’espressione più pura ed elevata dell’arte applicata alle automobili”.

Oltre che un difensore dei pregi dell’artigianato, Bugatti fu anche un innovatore. Inventò ruoti e freni speciali, progettò e produsse la prima automobile usata dalle ferrovie nazionali francesi. Ottenne circa 300 brevetti, e altre invenzioni come nuovi tipi d8 canne da pesca e una nave progettata per traversa l’Atlantico in 15 ore.

Il 10 agosto del 1939 una tragedia colpi la sua famiglia, il figlio Jean, già alla guida dell’ azienda paterna, morì in un collaudo di un’automobile. Poco dopo scoppiò la seconda guerra mondiale e i tedeschi occuparono gli stabilimenti di Molsheim. Di qui il trasferimento a Bordeaux a produrre pezzi di aeroplano. Tornò a Molsheim alla fine della guerra chiedendo la restituzione degli stabilimenti. Con la morte del figlio e la perdita dei suoi migliori piloti, morti in campi di concentramento nazisti, venne a mancare anche la sua determinazione, stanco di una vita dura, mori il 21agosto del 1947. L’ultima delle sue automobili venne costruita nel 1955.

La maggior parte delle Bugatti di annata funziona infatti splendidamente ancora oggi. Il modello 38 del 1927 può raggiungere i 130 chilometri orari con tre persone a bordo.

Alcuni uomini hanno fatto bancarotta per amore della Bugatti, come nel caso di Henri e Fritz Schlumpf, industriali tessili svizzeri, che acquistarono centinaia di auto d’epoca, tra cui 123 Bugatti.

Questa passione un po’ costosa è una vera caccia al tesoro del modello ormai introvabile, al punto che per chi non può avvicinarsi a certe cifre, ha iniziato ad accedere al modellismo, un mercato anche questo in netta crescita.

 

Commenta