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Atlantia: Benetton e Blackstone lanciano l’Opa a 23 euro ad azione. Obiettivo: blindare il controllo e delisting

All’offerta si aggiunge un dividendo di 0,74 euro. L’operazione vale oltre 12,7 miliardi. Gli azionisti con le mani legate

Atlantia: Benetton e Blackstone lanciano l’Opa a 23 euro ad azione. Obiettivo: blindare il controllo e delisting

La holding della famiglia Benetton Edizione e il fondo Blackstone hanno annunciato un’Opa (offerta pubblica di acquisto) totalitaria su Atlantia ad un prezzo di 23 euro per azione. L’obiettivo è blindare il controllo del gruppo già saldamente in mano alla famiglia veneta dal 1999, togliendo il titolo dalla Borsa.
All’offerta si aggiunge un dividendo di 0,74 euro che porta a 23,74 euro il valore dell’azione a chi aderisce, dice una nota della società. 

Il valore complessivo dell’opa di Edizione e Blackstone incorpora un premio pari al 28,4% “rispetto al prezzo ufficiale delle azioni alla data del 5 aprile scorso, ultimo giorno di borsa aperta prima dei rumours su una potenziale operazione sul capitale sociale di Atlantia.”

L’operazione arriva dopo che Florentino Perez, l’imprenditore spagnolo e presidente di Acs Florentino (già socio dei Benetton in Abertis), aveva organizzato una cordata insieme ai fondi Gip e Brookfield per mettere le mani sulla società che il prossimo 5 maggio incasserà 8 miliardi di denaro pubblico per la cessione dell’88% di Autostrade per l’Italia a Cassa depositi e prestiti affiancata dallo stesso Blackstone e da Macquarie.

Atlantia ha guadagnato in Borsa quasi il 20% dal 6 aprile, quando sono emerse le prime speculazioni. il prezzo medio degli ultimi sei mesi è stato tra i 22 e i 23 euro. Dopo un’apertura satamane a 21,7 euro, in tarda mattinata il titolo guadagna il 4,93% a 22,97 euro e ha praticamente raggiunto la soglia dell’Opa Benetton-Blackstone.

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Opa Benetton su Atlantia, i dettagli dell’operazione

Edizione, presieduta da Alessandro Benetton, oggi è socia di Atlantia al 33,1%.
L’opa è stata lanciata attraverso la società Schemaquarantatrè (HoldCo), costituita il 6 aprile scorso, il cui capitale è interamente detenuto da Schemaquarantadue, società che a sua volta fa riferimento a Edizione (tramite Sintonia) e Blackstone (tramite due società lussemburghesi in accomandita speciale).

Fondazione Cassa di Risparmio di Torino ha inoltre stipulato un accordo con il quale si è impegnata a portare in adesione all’offerta le 6.251.446 azioni detenute in Atlantia, rappresentanti lo 0,76% del capitale sociale dell’emittente, entro 5 giorni lavorativi dall’inizio del periodo di adesione, e, in caso di esito positivo dell’offerta, reinvestire tutti i proventi derivanti dalla vendita di tali azioni per sottoscrivere azioni di HoldCo alle stesse condizioni degli Investitori Blackstone.

L’Opa valuta Atlantia 12, 7 miliardi, 19 con il dividendo

L’Opa totalitaria di Edizione e Blackstone su Atlantia è soggetta all’avveramento di una serie di condizioni. Oltre all’ottenimento delle autorizzazioni preventive senza prescrizioni, condizioni o limitazioni, è previsto il raggiungimento di una soglia di adesioni all’offerta tale da consentire all’offerente di detenere una partecipazione complessiva superiore al 90% del capitale sociale dell’emittente, computando nella partecipazione le azioni detenute dalle persone che agiscono di concerto, le azioni proprie e quelle eventualmente acquistate dall’offerente e dalle persone che agiscono di concerto al di fuori dell’offerta. In caso di adesione di tutti i soci l’Opa varrà oltre 12,7 miliardi di euro che salgono verso i 19 tenendo conto anche del dividendo.

Aumenti capitale fino a 4,48 mld. Pool di banche a sostegno.

La società farà fronte al pagamento mediante aumenti di capitale sociale o altri conferimenti di capitale fino ad un ammontare pari a oltre 4,48 miliardi di euro da parte di Blackstone e indebitamento finanziario per un ammontare fino a 8,2 miliardi. Un pool di banche finanziatrici si è impegnato a garantire i fondi.

Visto che si punta al delisting, gli azionisti sono di fronte a un aut aut: chi non aderirà potrebbe ritrovarsi in mano “titoli non negoziabili in alcun mercato regolamentato”, con conseguente difficoltà di liquidare in futuro il proprio investimento, dice il comunicato.

Le puntate precedenti

Lo scorso anno la cassaforte dei Benetton, dopo avere trovato un accordo con Cdp, Blackstone e Macquarie, si portò subito dal 30 al 33% del colosso delle infrastrutture, annunciando anche un maxi buy back da 2 miliardi di euro. Mosse volte a rendere la società un boccone indigesto, in un momento in cui l’azienda era ai minimi, ed era reduce da mesi di trattative per la cessione dell’88% delle Autostrade tricolori (Aspi).

Secondo alcuni osservatori l’idea si è concretizzata a inizio marzo, quando Alessandro Benetton è diventato presidente esecutivo di Edizione Holding e ha ricevuto un’avance, informale, da parte dei fondi Gip Capital e Brookfield, a cui in seguito si è unita la spagnola Acs di Florentino Perez (che ha il 49,1% di Abertis, il veicolo delle Autostrade spagnole e francesi, controllato al 50,1% da Atlantia).

La famiglia allora ha deciso di puntare sulla holding delle infrastrutture, che da sola rappresenta circa tre quinti del suo Nav (il valore dei suoi asset), per blindare il controllo insieme ai partner di sempre tra cui la Crt – che è socia di Atlantia fin dal ’99 – e il fondo del governo di Singapore Gic, con cui i Benetton avevano fatto affari con Aeroporti di Roma-Gemina prima e Atlantia poi.

Nei giorni scorsi i Benetton, sondati dai fondi Global Infrastructure Partners (Gip) e Brookfield, alleati di Perez, avevano fatto sapere che “l’investimento in Atlantia ha natura strategica ed è intendimento di Edizione continuare a concorrere allo sviluppo sostenibile del suo valore, mantenendo il radicamento italiano della società nel quadro di un disegno industriale che valorizzi il focus sulle infrastrutture di trasporto connotate da sostenibilità e innovazione per la mobilità del futuro di persone e merci”. E avevano dunque detto no al progetto di acquisizione che “contemplava la dismissione delle attività di Abertis e potenzialmente di altre attività autostradali, conducendo di fatto ad un ‘break up’ del gruppo Atlantia“.

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