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Argentina, comincia la terapia shock di Milei con svalutazione e tagli ai sussidi: funzionerà?

Il nuovo Presidente Milei ha subito avviato una cura drastica dell’economia argentina ma i suoi interventi non sono quelli populistici minacciati in campagna elettorali ma quelli ortodossi graditi al Fondo Monetario Internazionale il cui sostegno è fondamentale per uscire dalla crisi

Argentina, comincia la terapia shock di Milei con svalutazione e tagli ai sussidi: funzionerà?

Altro che rivoluzione. Le prime mosse del nuovo presidente argentino Javier Milei, l’anarcocapitalista che ha sconfitto il peronismo e si è insediato domenica scorsa, alla Casa Rosada, applaudito da leader come Jair Bolsonaro e Victor Orban, sono per ora assolutamente e fin troppo ortodosse. L’estremista di destra, che nel suo discorso alla nazione aveva promesso una rottura col passato in stile “caduta del Muro di Berlino”, sta invece applicando alla lettera le rigide regole del Fondo Monetario Internazionale, insistendo sull’austerity e rinunciando alla politica del contenimento dei prezzi voluta dal precedente governo. Il risultato è uno choc: per onorare i debiti, la spesa pubblica è stata ridotta al 5,5% del Pil, il che porterà il prodotto interno lordo a diminuire dall’1 al 3% nel 2024, secondo alcuni analisti. Questo era ancora stato messo in conto, perchè la terapia choc funziona nel medio periodo ma non sempre nel breve.

L’inflazione accelera

A preoccupare davvero, invece, è il tema dell’inflazione, che in seguito alle decisioni di Milei ha ripreso ad accelerare: reduce dal +12,8% su base mensile e dal +160,9% su base annua a novembre, in questo mese l’indice dei prezzi al consumo è previsto salire di un ulteriore 20% su base mensile, per via della maxi svalutazione di oltre il 50% del peso.

Oggi, infatti, per comprare un dollaro servono 800 pesos anche sul cambio ufficiale, rispetto ai 400 scarsi del pre-Milei: praticamente lo stesso valore (intorno ai 1.000) che servirebbero sul cambio parallelo, il cosiddetto blue. Ma l’effetto domino di questa misura draconiana potrebbe portare, secondo alcuni esperti, l’inflazione ad esplodere ben oltre il 20% a dicembre: ad esempio le aziende petrolifere hanno già comunicato un aumento dei prezzi dei carburanti del 37%, in seguito alla svalutazione. Secondo parte della stampa sudamericana, di fatto i prezzi in Argentina potrebbero salire tra il 50% e il 100%, cioè fino a raddoppiare da una settimana all’altra.

I sussidi sociali vengono ridotti

Nel frattempo, Milei ha anche annunciato la riduzione dei sussidi sociali. Questo, in sintesi, significa che per evitare il default il nuovo governo ha scelto di sacrificare la pace sociale, lasciando l’inflazione correre e tagliando gli aiuti pubblici alle classi più povere, che ormai in Argentina rappresentando quasi la metà della popolazione. Insomma a pagare il prezzo del salvataggio dei conti pubblici saranno le persone comuni, i lavoratori, molti dei quali avevano affidato a Milei le speranze di una ripresa economica fatta più di nuove opportunità che di mera austerity.

I timori degli economisti vertono anche sull’occupazione, visto che la “cura Milei” impatterà molto, e negativamente, sul settore delle costruzioni, dopo il blocco annunciato degli appalti pubblici. “La crescita del Paese – ha osservato Alberto Ramos di Goldman Sachs – sarà rallentata dall’accelerazione dell’inflazione e dall’austerity, anche se la fine di una fase di siccità senza precedenti potrebbe rilanciare il settore agricolo”.

Per il 2024 Pil in calo del 3%

Mentre JP Morgan prevede nel 2024 un calo del Pil del 3%, altri esperti concentrano le loro critiche sull’assenza di riforme strutturali: un conto è la terapia d’urto, dolorosa ma forse necessaria, un altro conto è non aver ancora chiarito come verranno fatte ad esempio la semplificazione fiscale, tributaria e della previdenza sociale, osserva il quotidiano finanziario brasiliano Valor Economico.

Al momento la priorità di Milei sembra essere di ottenere l’apprezzamento del Fondo Monetario Internazionale, nei confronti del quale Buenos Aires ha un debito di decine di miliardi di dollari, che con il precedente governo è riuscita a rateizzare e – per ora – ad onorare. Entro dicembre va però restituito un altro miliardo di dollari, che il presidente argentino ha intenzione di chiedere in prestito alla Banca di Sviluppo dell’America Latina.

Sulle mosse di Milei si è espresso anche il Wall Street Journal, che ha così sintetizzato: “La terapia d’urto scelta è meno pericolosa di quella, annunciata in campagna elettorale, di abolire la Banca centrale, ma questo non significa che sia più attraente”.

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