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Argentina, inizia l’era Milei che promette riforme shock: “Per noi sarà una svolta, come la caduta del Muro di Berlino”

Il presidente neoeletto ha ufficialmente iniziato il suo mandato, con il sostegno dei liberali di Macri, che saranno rappresentati nel nuovo governo ed eviteranno “colpi di testa”. “Non ci sono soldi, la terapia d’urto è inevitabile”. Alla cerimonia tensioni con Cristina Kirchner. Assente Lula, presenti Bolsonaro, Orban e Zelenski

Argentina, inizia l’era Milei che promette riforme shock: “Per noi sarà una svolta, come la caduta del Muro di Berlino”

E’ stato un insediamento pieno di tensioni e di simboli, quello del nuovo presidente argentino Javier Milei, l’anarco-capitalista che ha promesso di portare il suo Paese fuori da una crisi decennale, attraverso ricette drastiche che hanno convinto la maggioranza degli elettori. Prima e durante la cerimonia i suoi sostenitori hanno affollato le strade di Buenos Aires insultando l’avversario Sergio Massa, candidato sconfitto del centrosinistra, e l’ex presidente Cristina Kirchner, che ha risposto facendo gestacci verso la folla, il tutto mentre l’ex presidente brasiliano Jair Bolsonaro, amico di Milei, veniva accolto trionfalmente. Alla fine non si è invece fatto vedere Donald Trump, che pure aveva inizialmente annunciato la sua partecipazione, al grido di “Make Argentina great again”. All’insediamento non è andato nemmeno l’attuale presidente brasiliano Lula, sin da subito in forte disaccordo con le intenzioni di Milei di rompere con il Mercosur, e rimpiazzato senza troppi patemi invitando il più gradito Bolsonaro, mentre in segno di pace ha comunque voluto esserci un altro leader del socialismo sudamericano, il presidente del Cile Gabriel Boric

Per il resto, è stata una passerella di leader di destra: dai neo presidenti di Ecuador e Paraguay, Daniel Noboa e Santiago Peña (quest’ultimo da gennaio diventa presidente di turno del Mercosur, l’alleanza commerciale del Sudamerica), fino al presidente ungherese Viktor Orban, mentre la premier italiana Giorgia Meloni si è limitata ad un messaggio di auguri di buon lavoro. Fortemente simbolica anche la presenza del presidente ucraino Vladimir Zelenski, in diverse occasioni immortalato mentre parlava fittamente con i leader latinoamericani, perorando la causa della guerra contro l’invasione russa.  

Passando ai contenuti, Milei ha fatto come atteso un discorso di netta rottura col passato, annunciando “una nuova era”, che però non sarà esente da traumi. Anzi, il nuovo inquilino della Casa Rosada ha subito messo le mani avanti: si uscirà dalla crisi, ma questo prevede uno choc, una terapia d’urto. “Oggi inizia una nuova era: possiamo dichiarare la fine di una lunga e triste storia di decadenza e cominciare il cammino della ricostruzione del nostro Paese”, ha detto in una soleggiata mattinata nella capitale argentina. “All’inizio del ventesimo secolo eravamo un faro per il mondo occidentale, poi abbiamo abbracciato il collettivismo e le sue idee che ci hanno impoveriti. Per oltre un secolo abbiamo insistito nel perseguire un modello economico che ha generato povertà, stagnazione e miseria. Così come il Muro di Berlino ha segnato la fine di un’epoca nel mondo, queste elezioni segnano un punto di rottura nella storia dell’Argentina”. 

Poi, Milei ha spiegato che nessun governo ha ereditato una situazione così disastrosa, con la povertà al 40%, l’inflazione stimata a novembre oltre il 160% su base annua, le casse dello Stato praticamente vuote e il cambio col dollaro sempre più inaccessibile. Nonostante questo, il presidente ha di nuovo promesso di lanciarsi all’attacco: “Non c’è alternativa allo choque, alla terapia d’urto, perché non ci sono soldi e le politiche gradualiste non hanno funzionato. Prenderemo decisioni dure, ma lo sforzo darà i suoi frutti. Eviteremo la spirale decadente del Venezuela di Maduro: l’unico modo di uscire dalla povertà è con più libertà”, ha arringato il 53 enne economista, lasciando intendere che insisterà su politiche ultra liberiste e di taglio della spesa pubblica, attraverso privatizzazioni a raffica e soppressione di alcuni ministeri. 

Tuttavia su di lui aleggia, sempre vigile nel mantenerlo dentro i ranghi, la figura del leader della destra moderata Mauricio Macri, presidente dal 2015 al 2019. I voti dei liberali sono stati decisivi per la vittoria di Milei e non a caso Macri è stato il primo ex presidente ad essere salutato e ringraziato nel corso della cerimonia di insediamento. Non solo: sebbene Milei avesse promesso la “rottamazione” della casta, nel nuovo governo entreranno diversi membri del partito di Macri, ad incominciare dalla candidata alle ultime elezioni, Patricia Bullrich, che sarà con ogni probabilità ministro della Sicurezza. Questa situazione da “manuale Cencelli”, che includerà persino esponenti dell’opposizione (l’ambasciatore argentino in Brasile Daniel Scioli, ex vice del presidente peronista Nestor Kirchner, verrà confermato), secondo gli esperti impedirà a Milei di avere le mani troppo libere e di insistere, ad esempio, con il maldestro progetto della dollarizzazione totale dell’economia argentina. 

Intanto, la reazione di mercati alla sua elezione è stata al momento tiepida, o comunque meno traumatica di quanto ci si potesse aspettare. All’indomani del ballottaggio di fine novembre, l’indice Merval di Buenos Aires aveva subito perso un 20%, salvo però risalire nelle settimane successive e superare il massimo dell’anno proprio nell’ultima seduta prima dell’insediamento. L’inflazione, che a ottobre aveva decelerato all’8% su base mensile e al 142% su base annua, ha ripreso a correre a novembre: la previsione di Bloomberg è di un ulteriore +11% su base mensile, il che porterebbe il balzo sui dodici mesi oltre il 160%. Non si è arrestata, ma nemmeno è esplosa, la corsa del dollaro, che ormai sul mercato ufficiale si compra con oltre 360 pesos, ma che sul parallelo, il cosiddetto dollaro blue, ha riavvicinato quota 1.000, dopo aver leggermente ritracciato all’indomani dell’elezione di Milei. 

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