A quasi due secoli dalla nascita di Antonio Beato (ca. 1835–1905/1906), il Museo Fortuny di Venezia dedica una grande mostra a uno dei protagonisti più affascinanti della fotografia ottocentesca. L’esposizione, articolata in quattro sezioni, ripercorre il lungo viaggio del fotografo veneziano attraverso l’Oriente e il Mediterraneo, restituendo un ritratto inedito del suo sguardo pionieristico.
La casa-atelier di Mariano Fortuny, luogo in cui arte, viaggio e sperimentazione visiva si intrecciano, si rivela cornice ideale per questo dialogo tra due autori accomunati da curiosità intellettuale, spirito d’avventura e un comune interesse per l’Oriente e la cultura islamica. Beato e Fortuny, seppur distanti nel tempo, condividono la stessa tensione verso la scoperta e la capacità di narrare il mondo attraverso la luce e l’immagine.
Il Mediterraneo e le guerre: alle origini di uno sguardo
Il percorso espositivo si apre con la sezione “Il Mediterraneo”, dedicata agli anni di formazione. Tra il 1854 e il 1857, Antonio e il fratello Felice Beato, insieme al cognato James Robertson, viaggiano da Costantinopoli ad Atene, da Malta a Gerusalemme e al Cairo. Sono anni decisivi in cui i due fratelli affinano la tecnica fotografica e pongono le basi di un linguaggio che avrebbe fatto scuola. Segue la sezione “Le guerre”, che documenta le campagne fotografiche realizzate dai Beato e Robertson tra il 1855 e il 1859 nei teatri di guerra in Crimea e in India. Scatti potenti e talvolta disturbanti raccontano l’alba del reportage di guerra, sospeso tra l’estetica della composizione e la crudezza della realtà. Per l’Europa del XIX secolo, quelle immagini furono una finestra inedita su un Oriente sconosciuto.

Gli anni egiziani: il cuore della mostra
La parte centrale dell’esposizione, “Gli anni egiziani”, è interamente dedicata al lungo soggiorno di Antonio Beato in Egitto, dal 1860 al 1905. Le fotografie, organizzate per località, disegnano un percorso ideale dal Cairo alla Nubia, affiancate da planimetrie e disegni dei principali siti archeologici.
Beato cattura l’anima dei luoghi – Luxor, Abu Simbel, Giza, Il Cairo – non come monumenti isolati ma come parte viva del paesaggio e della cultura che li circonda. A dialogare con le sue opere, le immagini di altri autori come Pascal Sébah e Félix Bonfils, fino alla celebre fotografia della Grande Piramide di Cheope scattata da Lee Miller nel 1938. Quest’ultima crea un ponte ideale tra il documentarismo ottocentesco di Beato e le visioni del Novecento.

Dopo Beato: la fotografia contemporanea in Egitto
La sezione conclusiva, “Dopo Beato”, esplora le trasformazioni del linguaggio fotografico fino ai giorni nostri. In mostra le opere di autori contemporanei come Anthony Hamboussi, Paul Geday, Denis Dailleux e Bryony Dunne, che raccontano un Cairo in continuo mutamento, tra dinamiche sociali, culturali e politiche. Accanto a questi lavori, una sala è dedicata al viaggio in Egitto compiuto nel 1938 da Mariano Fortuny e Henriette Nigrin. Fotografie, taccuini e schizzi documentano un paese sospeso tra tradizione e modernità – dall’oasi di El-Fayyum a Wadi Halfa – e rivelano come quei motivi visivi abbiano ispirato Fortuny nella creazione dei suoi celebri velluti stampati, un dialogo senza tempo tra Oriente e Occidente. Il percorso si chiude con una video-intervista a Italo Zannier, storico della fotografia, che rievoca l’importanza dei fratelli Beato a quarant’anni dalla prima mostra veneziana dedicata loro, alla Ikona Gallery. Le stampe originali provengono da istituzioni internazionali di prestigio, tra cui Archivi Alinari, Fondazione di Venezia, Lee Miller Archives e il Museo Egizio di Torino, insieme a riproduzioni da collezioni del Getty Research Institute, della National Gallery of Art di Washington e della New York Public Library.
A cura di João Magalhães Rocha e Marco Ferrari, con Cristina Da Roit. In collaborazione con Università IUAV di Venezia e Università di Évora. Con il Patrocinio dell’ Ambasciata del Portogallo in Italia
Immagine di copertina: Mariano Fortuny: Edfu. Veduta del cortile dal primo pilone del Tempio di Horus, 1938, Negativo 35 mm. Fondazione Musei Civici di Venezia – Museo Fortuny