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Amazon e lo streaming su abbonamento: ecco il futuro del libro

Lo streaming su abbonamento, che già funziona per la musica e per i video e che sta conoscendo un vero boom, è la nuova frontiera della lettura – Amazon, che già domina il mercato degli ebook e audiobook, ha aggiunto un nuovo programma di ebook streaming, Prima Reading, gratuito per gli abbonati Prime in Italia

Amazon e lo streaming su abbonamento: ecco il futuro del libro

Arriva Prime Reading 

Lo streaming è il mezzo più popolare per consumare contenuti sui nuovi media. In alcuni comparti, quelli più maturi come la musica, si è definitivamente affermato; in altri, in fase di avanzata transizione come il video, è in crescita esponenziale; in altri ancora, quelli digitalmente più giovani come il libro, sta muovendo i primi passi, ma che passi!  

Cengage, uno dei maggiori editori scolastici negli Stati Uniti, sta rendendo disponibile in streaming, su abbonamento, tutto il suo catalogo di manuali, sussidi e software per la scuola. Pearson ci sta pensando seriamente. Il mercato digitale trade, quello degli ebook e degli audiobook, è dominato da Amazon e dalla sua controllata Audible con quote bulgare (tra il 60 e l’80 per cento).  

A Kindle unlimited adesso Amazon ha aggiunto un nuovo programma di ebook streaming, Prime Reading, gratuito per gli abbonati Prime anche in Italia. Nell’abbonamento Prime sono stati inclusi oltre cinquecento ebook e fumetti in formato digitale. Si tratta di una eccellente selezione di narrativa, gialli, thriller, fantasy, romanzi rosa, saggistica, libri per bambini, manuali e varia che viene regolarmente aggiornata con nuovi titoli. C’è molta produzione di Amazon Publishing, ci sono autopubblicati ma si sono anche lavori di scrittori maggiori come Pennac, J.K. Rowling, Saviano, Camilleri, Corona, Manzini, Banana Yoshimoto, Saramago, Doris Lessing, Agnello Hornby, Stephenie Meyer, solo per citarne alcuni. Ci sono titoli di editori come Chiarelettere, De Agostini, Giunti, Fazi, Feltrinelli, Hoepli, Lonley Planet, Newton Compton. Questi ebook si possono raggiungere dal lettore Cloud Kindle, dagli e-reader Kindle o dall’app Kindle per qualsiasi device. 

Basta cliccare e leggere. 

Prime, un abbonamento per tutto 

L’offerta di contenuti per gli abbonati Prime ha adesso raggiunto dimensioni ragguardevoli e non si può certo dire che sia un’offerta minore o un specchietto per le allodole per attrarre o trattenere clienti nel programma Prime che è la turbina del successo di Amazon nell’e-commerce. 

In realtà Amazon lavora a costruire un preciso modello che può essere la risposta vincente al rompicapo di come monetizzare i contenuti nel ciberspazio. Stiamo assistendo a un vero e proprio boom del modello abbonamento, ma questo modello, che mostra una grande vitalità, si infrange contro un soffitto di cristallo. C’è un limite oggettivo che è costituito dal numero di abbonamenti che una persona o un nucleo familiare può ragionevolmente gestire e sostenere economicamente e operativamente. L’effetto cumulo costituisce attualmente il limite di questo modello.  

Probabilmente l’idea sulla quale lavora il management di Amazon è quella di riunire in un unico pacchetto la più ampia offerta di contenuti media, dai libri alla musica, dal video ai videogiochi. Questo pacchetto può essere una risposta risolutiva al problema della polverizzazione degli abbonamenti. Ed è quello che sta facendo Amazon con Prime. Prime infatti include un programma specifico per quasi ogni comparto dell’industria culturale: video con Prime Video, musica con Prime music, lettura con Prime Reading, foto con Prime Photos, videogiochi con Prime Twitch. Il programma Prime, a 4,99 euro al mese in Italia, include ovviamente anche ciò per il quale è stato creato nel lontano febbraio 2005: le consegne gratuite a domicilio di prodotti acquistati su Amazon. In questo momento Prime ha pochi rivali e può veramente affermarsi con un abbonamento tutto incluso. 

Prime, un gioiello  

Nella annuale lettera del 2017 agli investitori Jeff Bezos ha scritto che gli abbonati ad Amazon Prime nel mondo hanno raggiunto i 100 milioni. Stime indipendenti dicono che il 60% siano negli Stati Uniti e il 40% nel resto del mondo. Il programma Prime che più di altri calamita nuovi abbonati è Prime Video. Questo servizio, grazie agli originals prodotti da Amazon Studios, è in grado di servire alla clientela dei veri e propri gioielli di buon gusto e di stile come Mozart in the JungleTransparent o La fantastica signora Maisel, commedie urbane contemporanee capaci di cogliere con estrema delicatezza e grazia lo spirito del nostro tempo. 

Amazon potrebbe diventare, se non la prima, certamente la seconda compagnia a raggiungere il trilione di dollari di capitalizzazione. Nel 2017 le sue azioni hanno marcato un incremento di valore del 300%. Per cui il gigante di Seattle ha tutte le carte, non solo finanziarie ma anche tecnologiche, per trasformare Prime in una forma di abbonamento tutto compreso con una leva che nessun altro gruppo, ad esclusione forse di Apple – che però ha una differente ratio –, può mettere in campo.  

Prime, una grande leva competitiva 

La leva è l’abbinamento di servizi legati all’e-commerce e di contenuti di qualità autoprodotti o presa in licenza da terze parti. Questa coppia d’assi può essere un mezzo fondamentale per fidelizzare e trattenere la clientela. Quest’ultimo è un problema enorme per tutti i fornitori di servizi e contenuti con un modello di business a pagamento perché la clientela somiglia molto ai vaganti dei Walking Dead e tenerli nel recinto esige uno sforzo economico e relazionale mastodontico.  

In questa ottica una cosa è certa: malgrado Amazon stia investendo qualcosa come 4/5 miliardi di dollari nella produzione di contenuti originali per video, musica e libri, ha bisogno di terze parti per completare l’offerta e tener alto l’appeal di Prime. La stessa esigenza si presenta a Netflix. Tornando all’e-commerce, per avere un metro di paragone, si stima che il valore generato dal marketplace di Amazon, quello cioè su cui operano commercialmente le terze parti, ha superato il valore prodotto dal retail dove Amazon vende direttamente. Quindi le terze parti sono strategiche per Amazon. Occupiamoci adesso di queste ultime. 

Collaborare o fare da soli? 

L’industria culturale, di fronte all’affermarsi dello streaming come modalità egemone di consumo dei media, ha di fronte un dilemma che a questo punto cessa di essere teorico per divenire drammaticamente pratico. È il dilemma del “che fare” con Amazon, Netflix & co. Per  l’industria tradizionale costruire un servizio di streaming competitivo con i gruppi nativi di Internet somiglia più a un “tranquillo weekend di paura” che a una scampagnata. È una sfida che ha il sapore dell’impossibile, anche per i grandi conglomerati media tradizionali.

Si stima che Disney, che ha staccato la spina a Netflix, per costruire una propria piattaforma di streaming, debba investire 20 miliardi di dollari per costruirla, senza stimare il valore delle mancate entrate per i diritti di ritrasmissione versati da Netflix e il costo delle acquisizioni per fare massa critica e raggiungere un’audience appena sfiorata dall’offerta esistente. E si parla di Disney, la maggiore conglomerata media del mondo… 

Un gruppo indipendente di grandi o medie dimensioni con un business importante nel comparto media, contenuti di qualità e ancora strutturato per operare nel contesto dei mass media è di fronte a un bivio: trasformarsi in qualcosa di simile a una casa di software per continuare a investire nella costruzione di una propria via al digitale dopo una sequela di frustranti fallimenti, oppure negoziare con i gruppi di Internet su un piano di sensata reciprocità e di equo scambio di contenuti contro tecnologia. Il primo paradigma è esiziale, il secondo è invece più percorribile e può essere un’exit accettabile dal dilemma attuale. 

Nel mondo dell’industria del libro, che più di altri comparti ha visto un attivismo frenetico contro l’egemonia di Amazon, si inizia a vedere un cambio dal primo al secondo paradigma operativo. Recentemente Il capo di Hachette, che ha combattuto nel 2012-2013 la quarta guerra punica con Amazon sul tema del prezzo degli ebook, ha dichiarato in una intervista molto condivisa: “Amazon ha un ruolo fantastico da giocare nell’industria editoriale. Mettendo da parte la nostra piccola disputa, è un rivenditore efficiente in grado di portare i libri velocemente in qualsiasi luogo del mondo. È una opportunità enorme per gli editori.” Opportunità appunto.  

L’opportunità Amazon per gli editori di libri e gli autori 

Come possono gli editori di libri mettere a frutto questa opportunità senza essere schiacciati dalla massa poderosa di Amazon, che oggettivamente esiste? Prima di tutto dovrebbero decidere di fare del digitale non un servizio ancillare allo stampato, ma un comprimario, e quindi organizzarsi in questa direzione, come sta facendo Hachette nell’inserire delle figure professionali nuove nel proprio staff e nell’elaborare nuovi formati narrativi. Non è impossibile, basterebbe vedere a al gradimento che gli audiobook hanno ricevuto dal pubblico. 

Ne consegue un passo ulteriore, quello di fare di Amazon la loro prima piattaforma di business nel ciberspazio, il luogo dove vivono i millennials, i consumatori del futuro. Come? Per esempio partecipando ai molteplici programmi che Amazon attua per valorizzare, raccomandare e monetizzare i contenuti.  

Il primo e più importante programma riguarda le promozioni, giornaliere, mensili, speciali – e ve ne sono in continuazione. Questo strumento contribuisce enormemente ad accrescere la posizione dei titoli nelle classifiche di Amazon. La posizione in queste classifiche accrescere il ranking del titolo e quindi le sue chance di essere raccomandato nei meccanismi automatici dell’algoritmo che motorizza la funzione “Chi ha acquistato questo articolo ha acquistato anche”. Un titolo in classifica è continuamente sotto gli occhi della clientela.  

Poi ci sono i programmi specifici sui quali occorre stare con convinzione. Primi fra tutti Kindle unlimited, il servizio di streaming, e Prime Reading. Starci vuol dire fornire i titoli caldi, le novità, magari con delle finestre ragionevoli per non cannibalizzare completamente gli altri canali di distribuzione. Oggi grande parte degli editori sono assenti da questi programmi. Pensare di tenere al palo Kindle unlimited nell’epoca dello streaming, negandogli i contenuti migliori, è come spararsi su un piede. 

Il marketing su Amazon 

C’è poi l’azione promozionale e pubblicitaria da sviluppare sulla piattaforma di Amazon. Gli editori dovrebbero concentrare su Amazon una parte importante del loro budget promozionale e pubblicitario. La televisione si sa che funziona bene per i libri, specialmente nell’ambito di certi programmi seguiti dai lettori forti e da un pubblico attento ai temi culturali. Il caso di Oprah Winfrey è paradigmatico. Ma dopo la televisione, deve esserci Amazon. Nessuno sa ancora dire l’efficacia dei social media, come Facebook, Twitter o Instagram nella promozione e nella conversione in vendite di libri. Ci sono molte perplessità su un ritorno significativo di questo investimento di tempo e di risorse.  

L’investimento negli strumenti resi disponibili da Amazon sulla propria piattaforma dà, invece, un esito immediato perché si attua nel contesto giusto. Per esempio incoraggiare i lettori a lasciare una recensione è una azione importantissima. Le recensioni pesano moltissimo nell’algoritmo di raccomandazione. In questo post sono elencati 10 programmi di Amazon che possono aiutare la promozione di un titolo e renderlo rilevante per il lettore. 

Secondo alcuni analisti Amazon è in grado, e si sta organizzando per questo, di sfidare il primato di Google e di Facebook nel campo della pubblicità digitale. L’enorme massa di clienti della piattaforma può essere quindi raggiunta non solo con le azioni promozionali naturali, cioè quelle rese possibili dai meccanismi intrinseci alla piattaforma (promozioni, classifiche, recensioni, programmi ecc) ma anche attraverso spazi ed azioni pubblicitarie dirette operabili sulla piattaforma. È questa una eventualità che gli editori dovrebbero attivare senza indugi, stabilendo nel loro marketing-mix una quota di investimento diretto a questo fine. 

Ora viene da chiedersi se gli editori siano già su questa frequenza. No, ma qualcosa di nuovo si vede. Se, per esempio, esaminiamo gli editori italiani che hanno aderito al programma Prime Reading, notiamo che mancano alcuni gruppi importanti, ma notiamo anche delle presenze massicce come quelle di Newton Compton e di Giunti. Vuol dire che questi due editori indipendenti hanno già preso la decisione di fare di Amazon la loro piattaforma operativa primaria nel mercato del ciberspazio. E hanno fatto bene. 

Unirsi per accrescere il peso negoziale 

Una volta deciso di fare del digitale un’attività primaria e di operare su Amazon, c’è un’altra e importante azione da intraprendere, forse quella decisiva. Quella, cioè, di avere una spada di Brenno da buttare sulla bialncia, cioè un contrappeso al potere negoziale di Amazon, che com’è noto, è un negoziatore brutale, un quasi epigone del brutale re gallo. Questo peso negoziale, come hanno capito i grandi conglomerati media e della comunicazione che si stanno fondendo a ritmi inusitati, si ottiene unendo le forze e avviando una relazione diretta con Amazon, su basi di forza. 

Molti editori hanno affidato ad aggregatori la loro attività commerciale nel campo del digitale. È arrivato il momento di riprendersela, poiché non si affida un’attività strategica a una terza parte. Riprendersela però non deve significare andare alla spicciolata a trattare con Amazon. Non ci sarebbe il potere contrattuale necessario. Editori con attività complementari devono unire le loro forze e andare a trattare con Amazon come un cartello, imprese distinte ma con un obiettivo comune: ottenere delle condizioni sostenibili per operare sulla piattaforma. Solo così si potrà avere una relazione win-win. 

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