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Addio ad Amos Oz, scrittore israeliano impegnato per la pace

L’intellettuale ebreo aveva 79 anni: è morto dopo una lunga malattia – A darne notizia la figlia maggiore – Era a sua volta figlio di due intellettuali: il padre conosceva 16 lingue, la madre 7.

Addio ad Amos Oz, scrittore israeliano impegnato per la pace

Si è spento all’età di 79 anni, dopo una lunga malattia, lo scrittore israeliano Amos Oz. A dare la notizia è stata la figlia maggiore dello scrittore, Fania Oz-Salzberger, con un messaggio su Twitter: “Il mio amato padre è morto di cancro, proprio ora, dopo un rapido declino, nel sonno e nella tranquillità, circondato dai suoi cari. Si prega di rispettare la nostra privacy. Non posso rispondere alle chiamate. Grazie a chi lo ha amato”. Le opere di Oz (cognome d’arte, il vero era Klausner, una famiglia di intellettuali di destra originaria dell’Europa dell’Est) sono state tradotte in 45 lingue e pubblicate in 47 Paesi. La più famosa, considerata un capolavoro, è Una storia di amore e di tenebra, pubblicata nel 2002 e dedicata alla madre Fania, che morì suicida nel 1952, quando Amos aveva 13 anni, lasciandolo ferito per sempre. La madre dello scrittore nativo di Gerusalemme era a sua volta un’intellettuale: conosceva 7 lingue, ma ancora meglio fece il padre, bibliotecario, che di idiomi ne conosceva ben 16.

Oz era nato a Gerusalemme nel 1939 ed era cresciuto nel kibbutz Hulda; aveva studiato filosofia e letteratura all’Università ebraica di Gerusalemme. Nel 1960 aveva sposato Nili (dalla quale ha avuto tre figli) e l’anno successivo, a soli 22 anni, aveva pubblicato i suoi primi lavori. In oltre 50 anni di attività, ha scritto oltre 18 opere in ebraico, tra romanzi, racconti e saggi, insieme a 500 articoli ed editoriali per riviste israeliane e internazionali. Tra i suoi libri più famosi, “La scatola nera”, “Una storia di amore e di tenebra” e “In terra di Israele”.

Oltre a essere un influente intellettuale, era una delle voci critiche più ascoltate in patria e all’estero. L’esperienza sotto le armi – prima con la leva obbligatoria, poi durante la Guerra dei Sei Giorni nel 1967 e quella dello Yom Kippur nel 1973 – l’aveva portato ad essere un attivo fautore del dialogo tra israeliani e palestinesi. Dei conflitti tra lo Stato ebraico e i suoi vicini arabi ne aveva anche scritto a lungo. La sua voce si era levata anche negli anni più recenti, in occasione delle guerre in Libano e nella Striscia di Gaza, esortando a intraprendere la strada del dialogo e della moderazione.

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