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ABiCinema: vademecum del grande schermo

ABiCinema: vademecum del grande schermo

Tra gli appassionati del grande schermo non manca di certo un piccolo libro di grande utilità: Le mille parole del cinema, di Giovanni Grazzini (Laterza, 1980) già storico presidente del Sindacato Nazionale Critici Cinematografici, in grado di fornire una sorta di “cassetta degli attrezzi” necessaria a comprendere meglio lo spettacolo  e tutto il mondo che gli gira intorno. Difficile, infatti, comprendere compiutamente un film se non si conoscono bene i meccanismi sofisticati delle tecniche di ripresa, delle difficoltà di recitazione, del posizionamento delle luci, delle inquadrature, del montaggio, della colonna sonora e di quant’altro compone un’opera cinematografica.

Questo spazio di Arte.firstonline.info/Cinema vuole proporre ai lettori un piccolo supporto “tecnico” in grado di facilitare la visione, la lettura critica, di un film. Al termine di una proiezione viene spontaneo esprimere un giudizio in termini di bello/brutto oppure mi piace/non mi piace, argomentazione elementare che si esaurisce in poche battute una volta assegnata la casella di competenza. Si tratta, invece, di essere in grado di percepire le innumerevoli sfaccettature che compongono il lavoro cinematografico e di poter formulare una valutazione rotonda, completa, utile a soddisfare in maniera piena il proprio desiderio di conoscenza e competenza. Non a caso, il primo termine che proponiamo è “autore” che spesso, in alcuni contesti, è assimilato a “regista” che poi, in alcune circostanze, diviene anche “artista”. Perché, semplicemente, il cinema è arte sia essa espressa sul grande schermo, come pure nello streaming televisivo, come pure ancora nei piccoli filmati realizzati con il proprio telefono cellulare e riproposto nel circuito dei social network.

A come Autore

L’alfabeto ci aiuta a iniziare questo lavoro nel migliore dei modi e ci pone proprio all’inizio il concetto, il tema, fondamentale dal quale parte ogni lavoro sul cinema: come nasce, quale l’idea primigenia, a chi si attribuisce la paternità e chi ne ha i diritti di proprietà intellettuale. Chi è, infatti, il vero Autore di un film? È colui che ha scritto, immaginato, la storia o la vicenda o la situazione che poi si vedrà sul grande schermo? Oppure colui che ha raccolto lo spunto e, successivamente lo ha trascritto in una sceneggiatura? Oppure ancora, colui che ha letto la sceneggiatura ed ha immaginato la trasposizione in immagini? Oppure, ancora, la persona che una volta girate le immagini grezze le ha montate conferendogli una visione sequenziale? Oppure, e qui ci fermiamo anche se sarebbe stato possibile elencare molte altre figure che concorrono direttamente o indirettamente alla produzione di un film, chi ha composto la colonna sonora che, insieme alle immagini, rende il prodotto più o meno gradevole? Si racconta di Sergio Leone che durante le riprese metteva in sottofondo la musica di Ennio Morricone per consentire agli attori di essere in sintonia con la sua idea di film che stava girando. E infatti, cosa ne sarebbe dei sui grandi capolavori senza la colonna sonora del più noto compositore per il grande schermo.

Treccani definisce l’autore “Chi è causa o origine di una cosa”. Il cinema è una macchina molto complessa e non consente facili scorciatoie. Non è sufficiente, infatti, essere il titolare di un’idea, di un testo, per essere alla fonte della realizzazione cinematografica. È evidente come la stessa scelta del soggetto, può essere esso stesso un atto autorale. Essere in grado di individuare in un’astrazione letteraria la possibilità di trasformarsi in immagini è il passaggio essenziale che consente la realizzazione di un film. Può darsi il caso che anche un’opera pittorica possa considerarsi lo spunto per una creazione filmica e, in questo caso, l’autore potrebbe essere chi individua questo tipo di soggetto come l’intuizione fondamentale per la successiva sceneggiatura. Su questa traccia, chi scrive materialmente questa componente essenziale del film diviene, a sua volta, autore e così via lungo tutti i passaggi che compongono il prodotto finale.

In questo processo la figura che, comunemente, viene definita autore del film è il regista, del quale scriveremo più a lungo quando verrà il suo turno alfabetico. In questa parte, ci limitiamo a porre l’accento il suo ruolo di autore come soggetto in grado di riassumere, di comprendere, in se stesso buona parte di tutti gli altri ruoli o competenze necessarie alla realizzazione della pellicola. Anche questa definizione necessita di un affinamento: il regista, come ogni essere umano, possiede sue proprie caratteristiche, natura, cultura, capacità di direzione ed è evidente come si possono trovare infinite modalità di “essere” o “fare” regia. Si può trovare un regista che subisce la sceneggiatura, i voleri del produttore, i caratteri degli attori, oppure invece il regista che impone la sua visione, il suo modo di vedere le riprese attraverso quello che solo lui ritiene essere l’inquadratura, le luci, i testi e l posizionamento dei personaggi.

Per certi aspetti, nelle dimensioni attuali del cinema contemporaneo, il regista potrebbe somigliare più ad un figura manageriale che non artistica in senso stretto. A lui, infatti, possono essere demandate funzioni e ruoli di raccordo, coordinamento e gestione dell’intera macchina che il solo “artista” potrebbe avere difficoltà a gestire. Dunque, variabili infinite che non consentono la scorciatoia, appunto, di rinchiudere il termine “autore” sotto un solo angolo di lettura e, nella storia della letteratura cinematografica, i pareri sono spesso discordi. Citiamo un pensiero di François Truffaut (da Il piacere degli occhi, 1988) che scrive: “In assoluto, possiamo affermare che l’autore di un film è il regista, e lui solo, anche se non ha scritto una sola riga del soggetto, non ha diretto gli attori e non ha scelto le angolazioni delle riprese; bello o brutto, un film assomiglia sempre a colui che ne firma la realizzazione e, nel peggiore dei casi – quello che ho appena citato – ci troveremo di fronte ad un signore che non ha diretto gli attori, non ha collaborato alla sceneggiatura e non ha deciso le angolazioni. Anche se la sceneggiatura fosse buona, gli attori abbastanza dotati da recitare senza indicazioni, e l’operatore bravo, questo film sarebbe un brutto film, e più esattamente il brutto film di un cattivo regista”.

Giorgio De Vincenti, Ordinario di Storia e Critica del Cinema presso l’Università Roma Tre, ha scritto un saggio di notevole interesse sull’argomento (Enciclopedia del Cinema, 2003) dove  traccia le linee di questo “concetto” nella storia del cinema, a partire da quando nel 1895 i fratelli Lumière  si cimentarono non tanto sull’idea, sulla proposta di un soggetto, quanto più sulla rivoluzionaria tecnica che consentiva il passaggio dalla fotografia statica a quelle dinamica. Gli “autori” delle prime pellicole comparse agli inizi del ‘900 si dovevano porre più problemi dal punto di vista tecnico, meccanico, che non da quello formale, estetico. Oltre cento anni dopo, si pone un problema analogo: l’autore è anche un “tecnologo” cioè una figura in grado di padroneggiare nuove tecniche di ripresa, nuove strumentazioni, in grado di fornire possibilità adeguate a produrre un film che potrebbe non andare mai sul grande schermo pur potendo sempre dire di essere “Cinema”.

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