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Emergenza idrogeologica: a rischio 600 milioni di euro

L’allarme lanciato dall’Associazione dei Consorzi di bonifica per la burocrazia che blocca le gare. Il premier Conte in Parlamento si è impegnato a far rispettare i tempi per le opere pubbliche. Necessario un Piano per gli invasi idrici e una legge sul consumo del suolo.

Emergenza idrogeologica: a rischio 600 milioni di euro

“Rispetto rigoroso dei tempi di consegna delle opere ma anche qualità dei lavori, delle forniture e l’efficienza dei servizi”. Lo ha detto Giuseppe Conte presentando il suo governo alle Camere. Un impegno forte, assunto davanti al Paese che ieri ha ricevuto unenergica sollecitazione ad agire da parte dei Consorzi per la tutela del territorio e delle acque irrigue. Strutture regionali riunite nell’ ANBI che temono di perdere 600 milioni di euro di Fondi europei per colpa della burocrazia di casa nostra. I consorzi sono organi polifunzionali per la sicurezza territoriale, ambientale e la sostenibilità. Hanno avviato una collaborazione con le Regioni e il governo centrale presentando progetti e piani di intervento. Purtroppo sono fermi. Eppure – responsabilità condivisa con il governo – dovranno rendicontare la spesa dei soldi assegnati entro il 2023.  

C’è un fiume di denari stanziati dall’Unione Europea che rischiamo di dover restituire perchè
l’apertura dei cantieri per la realizzazione di opere, i cui progetti sono esecutivi e definitivi, è bloccata dalle pastoie burocratiche. Così si è espresso Francesco Vincenzi, Presidente dell’ANBI. I tempi tecnici necessari per realizzare i lavori sono stabiliti dall’Ue e sarà difficile spiegare perché 300 milioni di euro destinati ad interventi per l’irrigazione e la sistemazione del territorio ed altri 300 sempre  per gli stessi obiettivi non si spendono. Mancano i bandi di gara, con decine di pratiche da completare. A farla breve, affermazioni che fanno il verso all’impegno del premier (è lecito non dubitare pregiudizialmente) sul rispetto rigoroso dei tempi dei tempi per le opere pubbliche.  

Lo scenario per la sollecitazione al premier Conte è stato un convegno a Torino nell’ambito dell’ ”Acqua Tour 2018″ organizzato dai Consorzi insieme a CGIL, CISL, UIL. Per ora c’entra ancora poco il Ministero delle Infrastrutture, ma gli interventi progettati si collegano a due elementi strutturali del nostro Paese: la cronica emergenza idrogeologia italiana e la qualità dei prodotti alimentari. L’ANBI si occupa di entrambi questi settori. I bacini regionali sono colmi d’acqua ma trattengono solo l’11% delle piogge cadute. Perché non si parte con un Piano Nazionale Invasi? Dalla disponibilità di acqua  dipende l’84% del made in Italy agroalimentareche in cifre macroeconomiche vuol dire 40 miliardi di export e oltre 3 milioni di occupati. Una necessità avvertita in ogni Regione, che certamente arriverà sul tavolo del Ministero delle Infrastrutture. Per la salvaguardia idrogeologica – spiega Massimo Gargano, Direttore generale di ANBI – è invece urgente approvare una legge nazionale contro l’eccessivo consumo di suolo. Anche questa, un’antica piaga che secondo l’Istat ruba alla collettività 35 ettari al giorno per coperture artificiali. Nella precedente legislatura un provvedimento era stato approvato alla Camera, ma poi non è andato a buon fine. Nella nuova legislatura 5 deputati del M5S hanno depositato una propria proposta di legge destinata ad attestare la reale volontà del governo di passare all’azione. Molto meglio senza ricevere sollecitazioni.

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