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Gli attentati in Norvegia aprono scenari terrificanti e rimettono paura. L’ombra del fondamentalismo

Il ritorno del terrorismo in Norvegia spaventa il mondo intero e apre scenari inquietanti: sia che si tratti di un attentatore isolato o di un killer collegato all’estremismo fondamentalista e neo-nazista della estrema destra norvegese – I precedenti di Oklahoma, di Virginia Tech, di Erfurt, del Colorado e della Tasmania

Attentatore isolato o strategia della tensione? Ambedue gli scenari che si delineano dalle prime notizie provenienti da Oslo sono terrificanti. Il bilancio delle vittime è impressionante: ci si sta rapidamente avvicinando ai cento morti cui bisogna aggiungere numerosi feriti (almeno una ventina di essi in gravi condizioni). Una gigantesca esplosione al centro di Oslo e poi il massacro dei giovani laburisti nel campo estivo di Utoya. Un solo arresto: Anders Behring Breivik, il killer di Utoya, mascherato da poliziotto e ritenuto un estremista di destra, probabilmente anche un fondamentalista cristiano, sospettato anche per la bomba di Oslo.

Non sarebbe la prima volta che fondamentalisti isolati compiono grandi massacri, anche se questo caso sembra aver superato ogni limite. Più impressionate fu forse solo l’attacco terroristico condotto nell’aprile del 1995 ad Oklahoma, negli Stati Uniti, che fece 168 morti e 680 feriti, oltre a danneggiare 324 edifici, condotto anche in quel caso da pochissimi fondamentalisti di destra, Timothy McVeigh, con l’aiuto di Terry Nichols e la complicità più indiretta di altre due persone. Sempre nel mese di aprile del 2007, Seung Hu Cho uccise 32 persone, prima di suicidarsi, al campus universitario della Virginia Tech. Lo stesso mese, nel 2002, Robert Steinhaeuser, prima di suicidarsi, uccise 16 persone ad Erfurt, in Germania. Eric Homs, di 18 anni, e Dylan Kleibold, di 17, nell’aprile 1999, uccisero 13 persone e poi si uccisero esi stessi, alla Columbine High School in Colorado. In Tasmania, nell’aprile del 1996, Martin Bryant, prima di suicidarsi uccise 35 persone nella stazione balneare di Port Arthur. E così via. Ognuno di questi terribili episodi ha una sua storia e sue motivazioni. Nel caso norvegese tuttavia, come in quello di Omaha, non è possibile ignorare il possibile collegamento con l’estremismo di estrema destra.

Da tempo si parla di una riorganizzazione di un rafforzamento dei movimenti fondamentalisti e neo-nazisti in Norvegia, dopo che analoghi e apparentemente più forti e organizzati gruppi svedesi sembrano invece essere entrati in crisi, anche grazie all’opera della polizia e dei servizi. Sottovalutare l’estremismo di destra e concentrarsi essenzialmente sui rischi del terrorismo di matrice islamica si è spesso rivelato un grave errore di sottovalutazione della minaccia reale. Ambedue queste realtà puntano ormai sui cosiddetti terroristi “fai da te”, che agiscono in isolamento o in piccolissimi gruppi del tutto indipendenti ed autonomi dalle centrali politiche e ideologiche cui fanno riferimento. Sono quindi difficili da individuare e prevenire, ma una maggiore attenzione alle notizie che circolano nel web, nonché un’opera più capillare di sorveglianza dei materiali e dei mezzi tecnici (nonché delle competenze dei singoli) necessari per la costruzione degli ordigni esplosivi, nonché della disponibilità di armi da guerra, è certamente la strada da percorrere con priorità.

Pubblicato in: News

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