Nuovo affondo di Donald Trump contro l’Unione Europea, questa volta muovendo contro i servizi digitali: E come spesso ha fatto, il presidente Usa adotta una strategia di accerchiaggio: da una parte minacciando sanzioni, dall’altra insinuando il tema della censura. L’obiettivo centrale di Trump è quello di scardinare il Digital Services Act europeo che invece la Ue vuole difendere a spada tratta.
La minaccia di Trump contro le tasse sui servizi digitali
Trump ieri ha scritto sui social media che intende ritorcersi contro le tasse sui servizi digitali di nazioni che colpiscono le aziende tecnologiche americane e che potrebbe farlo imponendo nuovi dazi e restrizioni all’esportazione di tecnologie avanzate e semiconduttori come ritorsione. “Sono tutte concepite per danneggiare o discriminare la tecnologia americana” ha scritto Trump, e “concedono scandalosamente il via libera alle più grandi aziende tecnologiche cinesi”. “Questo deve finire, e finire ORA!” ha scritto Trump, senza nominare alcun Paese. “A meno che queste azioni discriminatorie non vengano rimosse, io, come Presidente degli Stati Uniti, imporrò dazi aggiuntivi sostanziali sulle esportazioni di quel Paese verso gli Stati Uniti e istituirò restrizioni all’esportazione sulla nostra tecnologia e sui nostri chip altamente protetti”.
Trump sostiene da tempo che le tasse sui servizi digitali discriminano i giganti tecnologici statunitensi come Amazon.com Inc., Alphabet Inc., proprietaria di Google, e Meta Platforms Inc., la società madre di Facebook. Gli Stati Uniti hanno sempre più spesso applicato restrizioni all’esportazione di tecnologie, tra cui chip avanzati di aziende come Nvidia Corp. per l’intelligenza artificiale, che ritengono fondamentali per la sicurezza nazionale o economica.
L’avvertimento del presidente arriva una settimana dopo che Stati Uniti e Unione Europea hanno concordato in una dichiarazione congiunta che avrebbero “affrontato insieme le barriere commerciali ingiustificate” e “non avrebbero imposto dazi doganali sulle trasmissioni elettroniche”. Il blocco dei 27 membri ha anche confermato che non avrebbe adottato tariffe per l’utilizzo della rete. Tuttavia, la Ue ha anche ribadito in altri momenti di non essersi impegnata a modificare le normative digitali dell’UE, lasciando potenzialmente intatta la questione come leva per futuri negoziati commerciali ancora aperti. “Abbiamo chiarito agli Stati Uniti che le modifiche alle nostre normative digitali, il Digital Markets Act e il Digital Services Act, non erano sul tavolo”, ha affermato l’UE in una nota informativa.
All’inizio dell’estate, il Canada ha rinunciato a imporre una tassa digitale poche ore prima della sua entrata in vigore, dopo che Trump ha sospeso i colloqui commerciali con il Paese per quella che ha definito una tassa “eccessiva”. Altri paesi, tra cui il Regno Unito, non hanno ancora revocato l’imposta del 2% sui ricavi derivanti dai motori di ricerca, dai servizi di social media e dai marketplace online.
Intanto l’Ocse (l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico che raccoglie 38 paesi nel mondo) sta lavorando a un accordo che abolirebbe le tasse digitali a favore di un patto internazionale su come allocare i profitti delle multinazionali a fini fiscali. Ma questo sforzo potrebbe anche suscitare l’opposizione degli Stati Uniti, che potrebbero perdere i diritti di tassazione.
Il doppio attacco di Trump al Digital Services Act: “Sta censurando gli Usa”
Ma Trump, come spesso ha fatto in altri settori, attacca su più fronti il tema della normativa Ue sui servizi digitali insinuando anche il tema della censura. L’amministrazione Trump ha incaricato alcuni diplomatici statunitensi di lanciare una campagna di lobbying in Europa per creare opposizione al Digital Services Act, nel tentativo di farlo modificare o abrogare, riferisce Reuters, citando un documento interno del Dipartimento di Stato. Il DSA della Ue ha l’obiettivo rendere l’ambiente online più sicuro, in parte obbligando i giganti della tecnologia a fare di più per contrastare i contenuti illegali, tra cui incitamento all’odio e materiale pedopornografico. Secondo Washington queste azioni dell’UE rappresenterebbero restrizioni “indebite” alla libertà di espressione. Il documento è stato depositato ieri presso un tribunale del Texas.
Già a maggio scorso, il Segretario di Stato Marco Rubio aveva minacciato di vietare il visto a coloro che “censurano” i discorsi degli americani, anche sui social media, e aveva suggerito che la politica avrebbe potuto colpire i funzionari stranieri che regolamentano le aziende tecnologiche statunitensi. “Stiamo monitorando con grande preoccupazione la crescente censura in Europa, ma al momento non abbiamo ulteriori informazioni da fornire”, ha affermato il portavoce in una e-mail.
Un portavoce della Commissione europea ha rifiutato di commentare le possibili sanzioni, ma in precedenza aveva definito le accuse di censura da parte degli Stati Uniti “completamente infondate“. “La libertà di espressione è un diritto fondamentale nella Ue. È al centro del DSA”, ha affermato il portavoce. “Definisce le regole che gli intermediari online devono rispettare per contrastare i contenuti illegali, salvaguardando al contempo la libertà di espressione e di informazione online”.
I funzionari di Trump hanno denunciato quella che definiscono una repressione dei leader di destra, tra cui quelli di Romania, Germania e Francia, e hanno accusato le autorità europee di censurare opinioni come le critiche all’immigrazione. A marzo, i responsabili antitrust e tecnologici dell’UE hanno dichiarato ai legislatori statunitensi che la nuova norma sulla tecnologia mira a mantenere aperti i mercati digitali e non è rivolta alle aziende statunitensi.