Da quarant’anni sono un accanito cultore dei Rapporti annuali dell’Inps. Ho iniziato per motivi professionali, ma ben presto si è sviluppato un interesse per la materia che non è venuto meno neppure in tarda età e che mi porterò nella tomba. Strada facendo ho assistito a una rilevante trasformazione dei Rapporti. Ai tempi dei grandi presidenti (Giacinto Militello, Gianni Billia e pochi altri) il documento era dedicato soprattutto agli aspetti finanziari e agli andamenti dell’esercizio; per questi motivi era un insieme di tabelle collegate tra loro con il testo occorrente, consistente in due parti separate: un bilancio di sintesi e una raccolta dei rendiconti di tutte le gestioni. Da alcuni anni, il rapporto affronta orizzonti più vasti, dagli andamenti dell’economia e dell’occupazione, fino a un dettagliato monitoraggio di tutte le prestazioni erogate nell’anno di riferimento. Si tratta indubbiamente di un contributo più ricco e più utile per chi deve operare o anche soltanto informarsi, anche se questa dovizia di notizie finisce per rendere più difficile la consultazione degli aspetti finanziari del bilancio, tanto che Itinerari Previdenziali ha trovato un suo spazio di analisi e di intervento proprio sul dato dei “conti”.
Tutto ciò premesso, grazie a questa impostazione, chi si occupa della materia ha la possibilità di affrontare situazioni specifiche poco conosciute e che vengono rappresentate – anche pubblicamente – secondo una logica approssimativa, corrispondente più a esigenze di lotta politica che all’effettiva realtà. In particolare, sono le dinamiche del mercato del lavoro a segnare con visioni diverse, spesso alternative, la narrazione sindacale e politica.
Il referendum sui licenziamenti e la mancanza di confronto con i dati reali
Sono passate solo alcune settimane, ad esempio, da quando il Paese è stato chiamato, in un referendum, a esprimersi sulla disciplina del licenziamento individuale. Il confronto tra le differenti posizioni non ha ritenuto necessario confrontarsi con i processi effettivi, preferendo ciascuno rifugiarsi nell’analisi che serviva maggiormente, a suo parere, alla parte politica di appartenenza. Cerchiamo allora di fare un po’ di chiarezza, commentando il paragrafo del XXIV Rapporto dedicato all’analisi delle cessazioni dei rapporti di lavoro.
La dinamica dei flussi del lavoro dipendente privato da gennaio a dicembre 2024, così come registrata dall’Osservatorio sul Mercato del Lavoro dell’Inps, riporta complessivamente 8.086.000 assunzioni, in leggera flessione rispetto all’anno precedente (-1,8%). La flessione delle assunzioni c’è stata sia nelle imprese più grandi (classe 100 dipendenti e oltre: -3,2%), sia nelle imprese più piccole (classe fino a 15 dipendenti: -1,9%), mentre vi è stata una modestissima crescita per le imprese di dimensione intermedia (classe da 16 a 99 dipendenti: +0,2%). Le trasformazioni da tempo determinato nel 2024 sono risultate 761 mila, in diminuzione rispetto all’anno precedente (-4%). Infine, le cessazioni nel corso del 2024 sono state 7.711.000, sostanzialmente stabili rispetto all’anno precedente (-0,1%).
Saldo positivo e dinamiche occupazionali nel 2024
Costruendo i saldi tra tali grandezze, emerge che alla fine del 2024 il saldo su base annua, vale a dire la differenza tra i flussi di assunzioni e cessazioni negli ultimi dodici mesi, che identifica la variazione tendenziale sulla stessa base annua delle posizioni di lavoro (in questo caso, differenza tra le posizioni di lavoro in essere alla fine del mese di dicembre rispetto al valore analogo alla medesima data dell’anno precedente), registra un saldo positivo pari a 375 mila posizioni di lavoro. Il dato del saldo annualizzato conferma quindi una dinamica positiva e consistente, anche se in rallentamento (infatti, ancora a marzo 2024 il tendenziale era maggiore e superava le 500 mila unità).
Per il tempo indeterminato la variazione del saldo suddetto è pari a +315 mila unità, mentre per l’insieme delle altre tipologie contrattuali la variazione è pari a +60 mila unità (dettagliatamente: +34 mila per gli intermittenti, +20 mila per i rapporti a tempo determinato, +5 mila per gli stagionali, +2 mila per i somministrati e -1.000 per gli apprendisti).

Nel 2024 il numero di dimissioni volontarie (1,15 milioni) è in flessione per il secondo anno consecutivo. I licenziamenti economici sono stati pari a 361 mila, in leggero aumento rispetto all’anno precedente, in un contesto occupazionale in continua crescita. Si tratta in ogni caso di valori nettamente distanti da quelli del periodo pre-pandemico (498 mila nel 2019, valore analogo nel 2018), sia a livello annuale che a livello mensile.
Tassi di ricollocazione: una stima prudente e qualche differenza tra licenziati e dimessi
Il rapporto esamina anche i tassi di ricollocazione secondo i seguenti criteri: per ciascun contingente mensile di dipendenti a tempo indeterminato che hanno presentato dimissioni volontarie ovvero che sono stati oggetto di licenziamenti economici, è stato ricostruito il tasso di ricollocazione, identificando la quota di coloro che, nell’arco dei tre mesi successivi all’evento di dimissione o licenziamento, sono risultati impiegati in nuovi rapporti di lavoro. Nei primi nove mesi del 2024 appaiono inferiori (anche se di poco) a quelli dello stesso periodo dell’anno precedente.

L’analisi è stata condotta sui soggetti di età inferiore a 60 anni. Si tratta – sottolinea l’Inps – in realtà di una stima per difetto del tasso di ricollocazione, non essendo considerate né le ricollocazioni nel lavoro autonomo né quelle dal quarto mese in poi. Il tasso di ricollocazione dei licenziati, che accedono alla Naspi, è inferiore a quello dei dimessi; tale differenziale è stato minimo (tra 15 e 20 punti) in alcuni mesi del 2020 e massimo (36-37 punti) tra la fine del 2021 e l’inizio del 2022. Nel corso del 2024 è stato mediamente di circa il 28%.
Beneficiari Naspi nel 2024: crescita moderata e differenze settoriali
Risultano quindi importanti e complementari, a questo punto, le informazioni riguardanti la principale prestazione di disoccupazione: i beneficiari di almeno una giornata di Naspi nel 2024 sono risultati pari a 2,832 milioni, in crescita del 3,6% rispetto al valore dell’anno precedente, mentre nel 2023, dove si registravano 2,733 milioni di lavoratori con il sussidio, tale crescita era stata leggermente più sostenuta (4,4%) rispetto al 2022. A fronte dell’incremento dei trattamenti erogati alla conclusione sia dei contratti a termine (+4,1%) sia di quelli a tempo indeterminato (+4,5%), continua la contrazione per i rapporti conclusi di lavoro domestico (-5,8%), seppure di entità inferiore rispetto a quella del 2023 (-11,2%), coerentemente con il trend in diminuzione rilevato sui lavoratori del settore.
Giornate indennizzate Naspi: stabilità dopo la crescita del 2023
Le giornate indennizzate, che nel 2023 erano aumentate del 6,3% rispetto al 2022 attestandosi su 354 milioni, nel 2024 evidenziano una crescita molto lieve (+0,8%) e si stabilizzano su un valore di 357 milioni. Con riferimento al tipo di lavoratore, il maggior numero di giornate indennizzate afferisce ai lavoratori a termine e per essi tale grandezza aumenta del 3,3%, passando da 209 milioni del 2023 a 216 milioni nel 2024, mentre si registra una sostanziale stabilità per i lavoratori a tempo indeterminato (-0,9%), per i quali la somma delle giornate nel 2024 risulta pari a 105 milioni, contro i 106 milioni dell’anno precedente. Per i lavoratori domestici continua la contrazione delle giornate indennizzate, che passano da 36 milioni del 2022, a 33 milioni del 2023 e a 30 milioni nel 2024. In termini medi complessivi, il numero di giornate indennizzate per beneficiario diminuisce leggermente nel 2024, passando dalle 130 giornate del 2023 a 126 giornate nel 2024.
Spesa Naspi in crescita e impatto sul bilancio Inps
Continua a crescere nel 2024 la spesa relativa alla Naspi (inclusi gli oneri per contributi figurativi), passando da 15,705 a 16,983 miliardi di euro (+8,1%); tale aumento, oltre che legato all’aumento del numero di beneficiari e delle giornate complessivamente indennizzate, è dovuto anche all’incremento degli importi liquidati: infatti, la spesa media per giornata indennizzata, che risultava pari a 44 euro nel 2023, ha avuto un aumento consistente (+7,2%) e arriva a 48 euro nel 2024. Conseguentemente l’onere medio annuo per lavoratore, pari a 5.746 euro del 2023, nel 2024 si attesta sui 5.997 euro, con un incremento del 4,4%.
Nel 2024 crescono, seppure in misura inferiore rispetto alla spesa, anche le entrate contributive che passano da 6,520 miliardi di euro del 2023 a 6,878 miliardi di euro del 2024, registrando un aumento del 5,5%. Conseguentemente il saldo tra entrate e uscite, che era negativo e pari a -9,185 miliardi di euro nel 2023, segnala nel 2024 un disavanzo ancora più consistente (-10,105 miliardi di euro).
Disoccupazione agricola e Dis-Coll: i due volti del sostegno al reddito
Accanto alla Naspi, le altre due principali forme di sostegno al reddito dei disoccupati riguardano gli operai agricoli e i collaboratori coordinati a progetto, assegnisti e dottorandi: si tratta della disoccupazione agricola e della Dis-Coll.
Nel 2024 gli operai agricoli che hanno beneficiato del sussidio di disoccupazione sono risultati 519 mila, in flessione rispetto al dato del 2023 del 3,4% e del 6,7% rispetto al 2022: la spesa, comprensiva delle contribuzioni figurative, nel 2024 cresce leggermente (+0,9%) ma rimane nel triennio abbastanza stabile intorno ai 2,3 miliardi di euro. Quindi, per effetto della diminuzione progressiva dei beneficiari, di fatto aumenta la spesa media per beneficiario, e passa da 4.109 euro del 2022 a 4.208 euro del 2023, a 4.397 euro nel 2024. Le entrate contributive nel 2024 hanno una variazione positiva del 3%, passando da 159 a 164 milioni di euro, recuperando (e superando) il valore di bilancio del 2022, pari a 162 milioni di euro. Il saldo economico tra entrate e uscite rimane nel triennio abbastanza costante: esso si attesta su -2.120 milioni di euro del 2024, in peggioramento rispetto a quello del 2023 (-2.104 milioni di euro) e migliore di quello del 2022 (-2.125 milioni di euro).
Dis-Coll nel 2024: boom di beneficiari e spese in chiaroscuro
Per quanto riguarda invece i beneficiari di Dis-Coll, nel 2024 risultano pari a circa 29 mila, in aumento del 3,9% rispetto al 2023 e del 24,6% rispetto al 2022, anno di prima applicazione della legge di bilancio 2022 che, si ricorda, ha introdotto importanti modifiche per gli eventi di licenziamento avvenuti a partire dal 1° gennaio 2022 sia nella durata che nella misura della prestazione, oltre ad aver introdotto la copertura figurativa dei periodi indennizzati dal sussidio, copertura non presente fino al 2021. Per effetto di tale disposizione, la spesa che si attestava nel 2022 su 80 milioni di euro, nel 2023 e nel 2024 quasi raddoppia, arrivando a 134 milioni di euro nel 2023 e a 124 milioni di euro nel 2024. La spesa media per beneficiario nel 2024 diminuisce del 10,5%, passando da 4.771 euro nel 2023 a 4.268 euro nel 2024. Le entrate complessive nel 2024 rimangono stabili intorno al valore del 2023 (186 milioni di euro) ed il saldo tra entrate e uscite risulta positivo e pari a 62 milioni di euro, quindi in miglioramento rispetto al valore di 52 milioni di euro registrati nel 2023.