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La Cina corre ai ripari: costruisce una riserva di petrolio greggio per difendersi dalle tensioni in Medio Oriente

Da marzo la Cina ha importato greggio a un ritmo molto più elevato di quello necessario a soddisfare il proprio fabbisogno interno di carburante

La Cina corre ai ripari: costruisce una riserva di petrolio greggio per difendersi dalle tensioni in Medio Oriente

Nell’attuale escalation delle tensioni in Medio Oriente con l’attacco di Israele venerdì scorso sugli impianti nucleari dell’Iran, le maggiori preoccupazioni per le economie mondiali sono relative a un’eventuale interruzione della fornitura di petrolio da parte di Teheran. Osservato speciale è lo stretto di Hormuz, da cui transita un quinto del petrolio mondiale.

Persino la Cina è preoccupata e corre ai ripari continuando ad accumulare scorte di petrolio greggio: Pechino, che è il più grande importatore di petrolio al mondo, raffina infatti una quantità notevolmente inferiore a quella disponibile dalle importazioni e dalla produzione interna, secondo un rapporto di Reuters. Mettendo fieno in cascina, la Cina dovrebbe così poter acquistare volumi inferiori nei prossimi mesi, mettendosi al riparo da ulteriori apprezzamenti del greggio a causa delle tensioni in Medio Oriente.

Secondo calcoli basati su dati ufficiali, a maggio il surplus di greggio della Cina ha raggiunto 1,4 milioni di barili al giorno (bpd), il terzo mese consecutivo in cui ha superato il livello di 1 milione di bpd.

Il prezzo del petrolio greggio è salito alle stelle dal 13 giugno, quando Israele ha lanciato una serie di attacchi aerei contro l’Iran, provocando una risposta di Teheran con droni e missili. Sebbene il conflitto non abbia ancora colpito la produzione di petrolio greggio e le strutture di esportazione dell’Iran, i rischi hanno visto i future sul Brent aumentare di quasi il 6% dalla chiusura del 12 giugno, attestandosi oggi oltre i 74 dollari al barile in Europa.

In passato, quando i prezzi del greggio aumentavano rapidamente, le raffinerie cinesi hanno reagito riducendo le importazioni e utilizzando il petrolio in loro possesso. Considerando che tra la preparazione dei carichi e la loro consegna intercorrono fino a due mesi, un eventuale calo delle importazioni cinesi diventerà evidente solo a partire da agosto.

Pechino si è mossa in anticipo sfruttando le oscillazioni del greggio

Anche se molto dipenderà dall’andamento dei prezzi del petrolio greggio nelle prossime settimane, è certo che la Cina ha ampi margini di manovra per ridurre le importazioni e esercitare una pressione al ribasso sui prezzi. Pechino non divulga i volumi di greggio che entrano o escono dalle riserve strategiche e commerciali, ma è possibile effettuare una stima sottraendo la quantità di petrolio lavorato dal totale del greggio disponibile derivante dalle importazioni e dalla produzione interna, secondo il rapporto Reuters.

Secondo i dati ufficiali pubblicati ieri, a maggio le raffinerie hanno lavorato 13,92 milioni di barili al giorno, in calo rispetto ai 14,12 milioni di barili al giorno di aprile e anche dell’1,8% in meno rispetto all’anno precedente. Le importazioni di greggio sono state pari a 10,97 milioni di barili al giorno a maggio, in calo rispetto agli 11,69 milioni di barili al giorno di aprile, mentre la produzione interna è stata di 4,35 milioni di barili al giorno, in leggero aumento rispetto ai 4,31 milioni di barili al giorno di aprile.
Sommando le importazioni di maggio e la produzione nazionale si ottiene un totale di 15,32 milioni di barili al giorno di greggio a disposizione delle raffinerie, con un surplus di 1,4 milioni di barili al giorno una volta sottratta la capacità di raffinazione di 13,92 milioni di barili al giorno.

Nei primi cinque mesi dell’anno, il surplus di greggio disponibile è salito a 990.000 barili al giorno, dagli 880.000 barili al giorno dei primi quattro mesi.

Nei primi due mesi del 2025, le raffinerie cinesi hanno effettivamente lavorato circa 30.000 barili al giorno in più rispetto a quanto disponibile dalle importazioni di greggio e dalla produzione interna: è stata la prima volta in 18 mesi che hanno attinto alle scorte. Ma gli ingenti surplus di marzo, aprile e maggio hanno invertito la tendenza precedente. Può essere che non tutto questo greggio in eccesso sia stato aggiunto allo stoccaggio, poiché non rilevati dai dati ufficiali. Ma anche tenendo conto delle lacune di questi ultimi, è chiaro che da marzo in poi la Cina ha importato greggio a un ritmo molto più elevato di quello necessario a soddisfare il proprio fabbisogno interno di carburante.

Un’indicazione di quanto le raffinerie cinesi siano sensibili ai prezzi è data dalle forti importazioni di greggio previste per giugno: LSEG Oil Research prevede arriveranno 11,72 milioni di barili al giorno. Si tratterebbe di un aumento di 750.000 barili al giorno rispetto ai dati ufficiali di aprile, sfruttando le oscillazioni del prezzo del petrolio: i future sul Brent sono scesi da un massimo di sei settimane di 75,47 dollari al barile del 2 aprile a un minimo di quattro anni di 58,50 dollari il 5 maggio.

La maggior parte di queste spedizioni arriverà tra giugno e luglio e probabilmente darà l’illusione di una domanda di greggio delle Cina in ripresa. Tuttavia i deboli dati relativi alla lavorazione del greggio indicano che è probabile che invece la Cina stia immagazzinando greggio. Successivamente, con l’aumento dei prezzi in un contesto di tensioni in Medio Oriente, è probabile che le raffinerie ridurranno gli acquisti e cercheranno petrolio scontato da esportatori sanzionati come Russia e Iran.

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