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Vino: Monferace, il Grignolino della riscossa da invecchiamento

Un gruppo di dodici produttori lancia sul mercato un Grignolino in purezza, affinato 40 mesi, di cui 24 in botte di legno, riscattando limmagine di un vino leggero per proporlo come vino da grande invecchiamento. Si recupera così un importante capitolo della storia enologica piemontese.

Vino: Monferace, il Grignolino della riscossa da invecchiamento

È partita la riscossa del Grignolino, ecco a voi Monferace, vino dallo spirito nobile, ribelle e irriverente. Il Grignolino, con una storia secolare alle spalle, conosciuto in Piemonte fin dal medioevo con il nome di Barbesino, condannato a finire all’ombra del più redditizio Barbera, si scrolla di dosso anni di oblio intenzionato ad assumere una posizione di tutto rispetto all’interno della produzione enologica nazionale e riscatta la sua immagine di vino leggero, sottovalutato dal mercato, per attestarsi come vino da grande invecchiamento.

Vino amato da grandi personaggi, a partire da re Umberto I che ne celebrò le qualità di eccellenza alla fiera di Asti, a Giovanni Lanza presidente del consiglio ai tempi della breccia di Porta Pia per arrivare a Giovanni Agnelli che lo proponeva con raffinato orgoglio ai suoi ospiti, a Nils Liedholm che ne fu produttore, per non parlare – e scusate se è poco – di Papa Francesco il cui nonno produceva Grignolino a Portacomaro, in provincia di Asti, il Grignolino punta oggi a prendersi la sua rivincita grazie a un gruppo di dodici produttori che hanno riacceso i riflettori dei consumatori su questo vitigno che rappresenta un pezzo di storia dell’enologia piemontese.

Vino dalle grandi qualità e dalle grandi potenzialità ma anche vino difficile. E’ una delle uve che richiede maggiori cure nel vigneto. “Anarchico e individualista“, lo definì Veronelli che pure lo apprezzava molto, riferendosi alla problematica di coltivare le viti che chiedono terreni e climi particolari, che si adattano con difficoltà ai portainnesti diversi, che non garantiscono una produzione di uva costante. E per questo lo chiamò anche “Testabalorda”.  D’altronde la stessa etimologia del nome lo fa derivare da “grignole “ che in dialetto locale significa vinaccioli di cui la pianta abbonda.

Si aggiunga a ciò che il vitigno è particolarmente sensibile alle malattie, in particolare alla muffa grigia, favorita dalla compattezza del grappolo, e ciò fa capire bene perché la coltivazione del Grignolino che pure ha conosciuto larga diffusione fra il ‘500 e il ‘600 quando era alla base dei famosi “chiaretti” apprezzati in tutto il Piemonte, sia andata nel tempo rarefacendosi per la sua scarsa produttività, anche in virtù del fatto che molti produttori interpretandolo come un vino leggero da bere giovane, puntavano a ottenere dalle vigne rese di uva alte, a tutto danno della qualità.

Meritoria dunque per il suo valore di salvaguardia e di promozione di un patrimonio storico e culturale l’azione intrapresa dal gruppo di produttori di Grignolino che hanno ora deciso di unire le loro forze e fare rete per lanciare sul mercato il Monferace che potrà chiamarsi così solo se prodotto da uve Grignolino al 100% dopo un periodo minimo di affinamento di 40 mesi, calcolato dal 1° novembre dell’anno di vendemmia, di cui almeno 24 mesi in botte di legno

“Monferace – dichiara Guido Carlo Alleva avvocato di successo convertitosi al vino una quindicina di anni fa e oggi titolare di una azienda modello, la Tenuta Santa Caterina a Grazzano Badoglio – è un sogno che nasce tra colline e castelli del Monferrato. È il progetto di un gruppo di vignaioli coraggiosi che, da anni, amano, credono e investono in quel saliscendi di vigneti tra Casale Monferrato, Alessandria e Asti, nel cuore del Monferrato Aleramico. Un territorio geologicamente coerente, circoscritto a 24 comuni a cavallo fra le province di Alessandria e Asti riconosciuto Patrimonio dell’Unesco”.

Il nome scelto, Monferace, ha un preciso significato e racchiude tutta la filosofia che ha mosso il gruppo di imprenditori: è l’antico nome del Monferrato aleramico, tratto dalla cinquecentesca “Descrittione di tutta Italia” di Leandro Alberti. Ma Monferace non è solo vino è qualcosa di più articolato e complesso, è un patto tra vignaioli, imprenditori, uomini e donne “che vivono, respirano e amano questa terra: il Monferrato.

Un’alleanza che unisce passioni e obiettivi comuni: far cresce la consapevolezza di essere un territorio unico capace di un importante accoglienza turistica. Per questo si parla di un «progetto di territorio» e non solo di un vino perché coinvolge una terra ricca di storia e di misteri, di vigne e di castelli, di chiesette romaniche e di percorsi di culto, di infernot e di casot, dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco”. La storia accertata del Grignolino, anticamente chiamato Barbesino, risale almeno al 1249 (con scritti acclarati), anche se ci sono tracce addirittura dell’VIII secolo d. C.

“La passione per questo vitigno, tra i viticoltori monferrini – aggiunge l’avvocato Alleva – è sempre stata assoluta così come il rispetto e la consapevolezza delle sue potenzialità.  La storia stessa del Grignolino è particolare: fu molto amato dai Savoia, alla cui tavola nel Palazzo reale di Torino era servito in quanto considerato nel secolo scorso uno dei grandi vini rossi piemontesi.

Numerosi testi ampelografici ed enologici dell’800 lo includono, infatti, fra i vini “finissimi e nobili” del Piemonte e ne descrivono le grandi qualità d’invecchiamento quando tratto dai vigneti meglio esposti. In numerosi concorsi internazionali e nazionali, a cavallo fra ‘800 e ‘900, vennero, ad esempio, premiati grignolini affinati lungamente e risalenti a vendemmie anche di più di 10 anni prima.

In un trattato sui vini italiani del 1966 (Rebaudengo) si dà ampiamente atto che i migliori vini da Grignolino, prodotti nei territori vocati quale quello del Monferace, raggiungono grandi livelli di evoluzione quando vengono “affinati due anni in botte e tre anni in bottiglia”. Per sostenere, promuovere e diffondere questo Progetto si è costituita nel febbraio 2016 l’Associazione Monferace.

Soci fondatori, ispirati dall’enologo Mario Ronco, sono dodici, fra cui dieci produttori: Tenuta Santa Caterina di Grazzano Badoglio (At), Castello d’Uviglie di Rosignano Monferrato (Al), Accornero di Vignale Monferrato (Al), Tenuta La Tenaglia di Serralunga di Crea (Al), Vicara di Treville (Al), Alemat di Ponzano Monferrato (Al), Tenuta La Fiammenga di Penango (At), Agricola Sulin di Grazzano Badoglio (At), Frat.lli Natta di Grazzano Badoglio (At), Angelini Paolo di Ozzano Monferrato (Al)

Gli obiettivi principali – spiega l’avvocato Alleva – sono la comunicazione e divulgazione del Monferace e la creazione di una rete imprenditoriale nel Monferrato, territorio di produzione, che consenta un rilancio di queste colline.

L’Associazione si occuperà anche dell’organizzazione di eventi, seminari, convegni e di partecipare a iniziative per la promozione delle attività legate al Monferace anche attraverso la partecipazione a fiere, mostre, workshop e ogni altra manifestazione a carattere scientifico, culturale, enogastronomico.

È prevista la possibilità di associarsi per imprenditori vinicoli che producono Grignolino (Doc d’Asti, del Monferrato Casalese, Piemonte) nell’area del Monferrato aleramico ed intendono dedicarsi alla produzione di Monferace, associazioni di produttori agricoli, enologi e altri soggetti individuati dall’Assemblea, che abbiano le caratteristiche consone al raggiungimento degli scopi sociali.

Inoltre è stata istituita l’associazione «Amici del Monferace», alla quale possono aderire anche aziende e/o associazioni fuori dal Monferrato aleramico che ha sede nel Castello di Ponzano Monferrato, di proprietà della famiglia Cavallero che ha messo a disposizione le cantine storiche della dimora.

Particolarmente rigoroso il disciplinare: I vigneti da cui origina Monferace debbono essere iscritti in un apposito Albo dei Vigneti di Monferace tenuto a cura del Consiglio direttivo dell’ Associazione e devono essere impiantati su terreni calcarei-limo-argillosi, nelle varie combinazioni, anche con presenza naturale di sedimenti sabbiosi. I vigneti devono essere a giacitura esclusivamente collinare, con esposizione idonea ad assicurare la migliore maturazione delle uve. Il numero di ceppi per ettaro non può essere inferiore a 4.000.

I sistemi di potatura possono essere quelli tradizionalmente utilizzati per ottenere la qualità come il guyot tradizionale e cordone speronato basso. La resa massima di uva non dovrà essere superiore alle 7 tonnellate per ettaro. Per poter essere immessi sul mercato con il nome Monferace i vini di ciascun produttore associato dovranno essere obbligatoriamente approvati, per ogni annata, da una commissione di assaggio alla cieca che dovrà riscontrarne la corrispondenza alle caratteristiche di tipicità e qualità obbiettivo del disciplinare.

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